I potenti dimenticano sempre che la storia e i documenti che la suggellano non possono essere distrutti, anche se, per l’opportunismo di maniera, tutti fanno finta di non conoscerla e, forse, qualcuno non la conosce neppure, e perciò si sentono autorizzati ad adattare ogni successivo scenario agli Interessi dell’ultim’ora dello Stato che rappresentano.
Tutti si sono dimenticati che la riunificazione delle due Germanie seguita alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 fu resa possibile grazie a una combinazione di fattori politici, internazionali e giuridici, culminati nel Trattato cosiddetto “Due più Quattro” (Zwei-plus-Vier-Vertrag), negoziato nel 1990 fra la Repubblica Federale di Germania (RFT) e la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) da una parte e, dall’altra, le quattro potenze che occuparono la Germania alla fine della seconda guerra mondiale in Europa: la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, che venne firmato il 12 settembre 1990 e costituì l’atto fondamentale per giungere alla riunificazione tedesca.
Le clausole principali che permisero la riunificazione disponevano:
a. La Fine dei diritti delle quattro potenze vincitrici della seconda guerra mondiale occupanti (USA, URSS, Regno Unito, Francia), che rinunciarono ai loro diritti e connessi impegni e responsabilità su Berlino e sula Germania, permettendo così alla Germania unificata di ottenere piena sovranità;
b.l’accettazione da parte della Germania riunificata dei confini postbellici con la Polonia (linea Oder-Neisse), già stabilito de facto nel 1945 ma non riconosciuto fino ad allora dalla Germania Ovest, quale clausola fondamentale posta da URSS e Polonia.
c. il contenimento e la limitazione delle FFAA tedesche con l’impegno a non possedere armi nucleari, biologiche o chimiche, al fine ultimo di creare effettive e oggettive condizioni di pace.
d. che la Germania unificata sarebbe rimasta nella NATO, con l’impegno che non ci sarebbe stata un’espansione della NATO verso est e tanto meno che fossero dispiegate nella parte orientale della Germania armi nucleari delle nazioni alleate della NATO. Sul punto richiamo quanto venne stigmatizzato costantemente dall’On. Manfred Hermann Wörner, settimo Segretario Generale della NATO nell’arco del segretariato dal 1988 al 1994, secondo cui la NATO avrebbe dovuto essere sciolta e che, se non fosse stata sciolta, avrebbe dovuto garantire di rinunciare ad espandersi anche di un solo pollice (inch in inglese), oltre i paesi che già ne facevano parte;
e. che il ritiro delle truppe sovietiche sarebbe avvenuto entro il 1994, cosa che avvenne regolarmente
f. che la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) accettasse l’Unità legale e amministrativa della Repubblica Federale Tedesca (BRD), che avrebbe consentito la rapida integrazione della Germania Est nel sistema politico e giuridico dell’Ovest.
Questo primo atto di distensione tra il mondo occidentale atlantico e quello russo, ormai non più sovietico, venne formalmente calpestato il 12 marzo 1999, appena cinque anni dopo l’avvenuto ritiro delle truppe russe dal territorio della riunificata Germania, con l’ingresso nella NATO della Repubblica Ceca, insieme a Polonia e Ungheria, mentre era in carica come Ministro della Difesa italiano l’On. Carlo Scognamiglio Pasini nel Governo D’Alema I.
Chi non ha rispettato i patti per l’unificazione della Germania?
Chi ha tentato invece di far entrare la Russia nella NATO?
Sicuramente Silvio Berlusconi che era fortemente propenso acchè la Russia entrasse a far parte della NATO e fu uno dei principali pontieri, se non l’unico, per la costruzione durante i primi anni 2000 di un dialogo programmatico tra Russia e Alleanza Atlantica che, in particolare, nel corso del vertice NATO-Russia, svoltosi a Pratica di Mare (Roma) il 28 maggio 2002, voluto fortemente da lui, come Presidente del Consiglio del suo secondo governo, portò alla “Dichiarazione di Pratica di Mare”, nel corso della quale venne istituito il “Consiglio NATO-Russia” (NATO-Russia Council – NRC), il cui obiettivo era quello di “costruire una vera partnership strategica” tra Mosca e l’Alleanza Atlantica.
Chi ha voglia se lo vada a rileggere e capirà molto di più per trovare il filo conduttore di quanto è poi accaduto e sta accadendo, diversamente dalle prospettive programmatiche che ci si sarebbe aspettati di vedere realizzate.
È in quell’occasione che Berlusconi disse pubblicamente che «un giorno la Russia potrebbe anche diventare membro della NATO» e per la seconda volta Bush e Putin si strinsero la mano in segno di evidente reciproca considerazione e fiducia.
La prima stretta di mano tra i due Presidenti, americano e russo, era avvenuta un anno prima, il 16 giugno 2001, in Slovenia, nella città di Lubiana in occasione del loro primo incontro ufficiale che segnò l’inizio del rapporto personale tra i due leader, sfociato in una conferenza stampa congiunta, nel corso della quale Bush fece una dichiarazione che lasciò il mondo intero entusiasta:
“Ho guardato quest’uomo negli occhi. L’ho trovato molto diretto e degno di fiducia. Sono stato in grado di coglierne il senso dell’anima.”
Una affermazione certamente suggestiva, ma anche politica, che preludeva al consolidamento di una fiducia reciproca per il raggiungimento di quella prospettiva di totale distensione tra Occidente e Russia, che apparve come consolidata un anno dopo proprio a Pratica di Mare nel 2002, a distanza di poco meno di nove mesi dall’11 settembre 2001, durante il primo mandato presidenziale di Vladimir Putin, sinonimo che anche Putin condannava l’attacco terroristico alle torri Gemelle.
Una prospettiva geopolitica che avrebbe cambiato il mondo intero e che venne posta inspiegabilmente in discussione -neppure due anni più tardi dallo storico vertice NATO-Russia di Pratica di Mare del 28 maggio 2002– da un provvedimento inimmaginabile perché avveniva sempre sotto l’egida del Presidente USA George W. Bush, che verosimilmente doveva aver subito i consigli nefasti di chi odiava la Russia.
Il 29 marzo 2004, sempre nel contesto del primo mandato dei due presidenti, americano e russo, durante il quale gli USA scatenarono una vera e propria “guerra globale al terrorismo”, per la guerra preventiva in Iraq e in Afghanistan, e per le politiche di sicurezza seguite all’attacco terroristico dell’11 settembre, si verificò l’allargamento ad est della NATO che in un sol colpo andò ad inglobare ben 7 Paesi ex comunisti, ovvero Estonia, Lettonia, Lituania Slovacchia, Slovenia, Bulgaria e Romania, di cui Estonia, Lettonia e Lituania erano tre ex repubbliche sovietiche.
Credo che con questo atto, sia rimasto spiazzato persino Berlusconi, che da sempre era stato accreditato come amico di Putin.
Certo è che, con l’ingresso di queste sette repubbliche nella NATO, tra le quali, come ricordato, le tre ex repubbliche sovietiche, l’On. Manfred Hermann Wörner, segretario generale della NATO del periodo di dissoluzione dell’URSS e della unificazione tedesca, si sarà rivoltato nella tomba nel constatare che i nuovi potenti atlantici stavano calpestando uno dei solenni principi che erano stati alla base della riunificazione della Germania e che mettevano in pericolo la pace.
Il clima di distensione tra Occidente e Russia immaginato da Berlusconi se non andò in frantumi nel 2004, venne definitivamente affossato nel momento in cui nel 2008 la Russia intervenne militarmente contro la Georgia, altra repubblica sovietica.
Intervento motivato dalle ambizioni euro-atlantiche della Georgia che furono considerate da Mosca come una minaccia strategica, a seguito delle ambizioni separatiste delle popolazioni dell’Abkhazia e della Ossezia del Sud, che erano e che sono due regioni etnicamente distinte dalle popolazioni georgiane.
Cosicché, dopo l’indipendenza della Georgia avvenuta nel 1991, queste due regioni chiesero l’indipendenza, appoggiate in modo più o meno diretto dalla Russia, tanto che all’inizio del 2008 aumentarono gli scontri tra le forze georgiane e i separatisti dell’Ossezia del Sud che indussero la Russia ad intensificare il suo sostegno ai separatisti con una sempre maggiore presenza militare nella zona, pur senza dichiarare formalmente guerra alla Georgia.
Il conflitto iniziò il 7 agosto 2008, con la Georgia che lanciò un’offensiva per riprendere il controllo di Tskhinvali, capitale dell’Ossezia del Sud. La Russia rispose massicciamente l’8 agosto, invadendo la Georgia con la motivazione di proteggere i cittadini russi poiché aveva concesso passaporti russi a molti osseti del sud. In pochi giorni, le forze russe occuparono parte dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia e penetrarono in Georgia.
L’intervento durò 5 giorni di guerra e venne firmato il cessate il fuoco a mezzo della mediazione dall’Unione Europea (presidenza francese di Nicolas Sarkozy).
La Russia riconobbe l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud, mantenendo le basi militari in entrambe le regioni.
Dunque una guerra interna simile a quella della guerra di secessione americana del 1861 denominata Guerra civile americana, che seguì alla avvenuta separazione dall’Unione di 11 Stati del Sud che formarono gli Stati Confederati d’America, che non durò 5 giorni, ma ben 4 anni, dal 12 aprile 1861 al 9 aprile 1865 e con oltre 600.000 morti. E che, se non fosse avvenuta, chissà come sarebbero oggi gli USA.
Una guerra lampo che -a mio sommesso giudizio- avrebbe dovuto indurre tutti gli Stati europei a non guardare la Russia come uno Stato ostile della NATO, ma lo Stato leader dell’Est Europa che dopo la dissoluzione dell’URSS veniva in soccorso di quelle popolazioni degli altri stati ex sovietici aventi valori diversi e dí prossimità anche per la lingua russa parlata dalle minoranze, rispetto alle diverse lingue ibride di ciascuno di essi, e che, per tali motivi, nutrivano ambizioni separatiste russofone rispetto a quelle euroatlantiche Georgiane
Popolazioni che andavano difese e salvaguardate in un contesto sociale e geopolitico in assestamento.
Una guerra che porterà alla rottura delle relazioni diplomatiche della Georgia con Mosca e che favorirà l’ulteriore raffreddamento dei rapporti con la NATO vista la linea fortemente filo-occidentale della Georgia che mirava sia ad essere ammessa nella NATO, come avvenuto nel 2004 per i tre stati ex repubbliche sovietiche, sia nell’UE.
La guerra georgiana, che io chiamerei “dei 5 giorni”, era diventato il cerino per dare nuovo corso al preteso pericolo Russo, con buona pace del plusvalore che invece ne sarebbe derivato se anche la Russia fosse stata invitata formalmente ad entrare nella NATO al fine di creare le condizioni geopolitiche di Stato Euroasiatico di cerniera con gli USA.
Una fascia ininterrotta di controllo militare e di energie primarie che avrebbero consentito di pacificare tutte le altre aree instabili del pianeta terra.
Nulla fu fatto, per tentare di dare attuazione alla visione certamente futuristica del Presidente Berlusconi, che il Presidente americano George W. Bush sembrava propenso a sostenere viste le due strette di mano del 2001 e del 2002 avute con Putin e della dichiarazione entusiastica profferita all’indirizzo del Presidente Russo.
A questo innovato scenario geopolitico, si aggiunse l’annessione nel 2014 della Crimea che era stata da sempre territorio Russo fino al 1954, quando fu “donata” all’Ucraina da Nikita Kruscev, durante l’epoca sovietica.
Anche per la Crimea, Mosca ne motivò l’annessione a seguito del cambio di regime avvenuto a Kiev nel febbraio 2014, durante le proteste del movimento filo-europeo Euromaidan, da cui era scaturita la deposizione del presidente ucraino Viktor Yanukovych, filo-russo.
Infatti, Mosca considerò la nuova leadership ucraina come influenzata dall’Occidente, tanto da interpretare il cambio di governo come un colpo di stato sostenuto e manovrato dagli USA e dall’UE.
Così che il 16 marzo 2014 venne svolto un referendum, non riconosciuto da Kiev e dalla comunità internazionale, in cui oltre il 90% dei votanti -secondo dati russi- si espresse per l’annessione alla Russia, a seguito del quale il 18 marzo successivo la Russia formalizzò l’annessione della Crimea, suscitando proteste internazionali e sanzioni da parte dell’Occidente.
E a questo punto non posso che ripercorrere ancora la storia giungendo all’anno in cui la Crimea divenne territorio dell’Impero Russo per sottolineare che, anche in questo caso, il famoso detto 2 più 2, non può fare che 4 e non il numero di piacere dei potenti di turno.
Infatti, nel 1783 l’Impero Russo di Caterina II annetté ufficialmente il Khanato di Crimea che era un vassallo dell’Impero Ottomano e che nel passato era stato uno Stato turco-musulmano esistito dal 1441, ricomprendente oltre alla Crimea anche le aree limitrofe dell’attuale Ucraina meridionale e della Russia sud occidentale, ponendo fine alla sua esistenza come Stato indipendente.
Il Khanato di Crimea fu fondato nel 1441 da Hacı I Giray, un discendente di Gengis Khan e fu uno degli ultimi khanati mongoli superstiti, nati dalla disgregazione dell’Impero dell’Orda d’Oro, governato dalla dinastia dei Giray, che si proclamava legittima erede di Gengis Khan.
Dal 1475 il Khanato di Crimea divenne vassallo dell’Impero Ottomano, pur mantenendo una relativa autonomia interna e, ad avvenuta annessione, la penisola fu gradualmente russificata, anche se la popolazione includeva Tatari di Crimea, ucraini, russi e altri gruppi etnici.
La Crimea rappresenta di fatto un pezzo fondamentale della storia eurasiatica quale crocevia tra mondo islamico, steppe eurasiatiche e cristianesimo ortodosso/slavo, nonché simbolo identitario per i Tatari di Crimea, che ancora oggi rappresentano una minoranza storica nella regione.
Quando nel 1853, scoppiò la Guerra di Crimea (1853–1856), la Russia affrontò una coalizione formata da Impero Ottomano, Francia, Regno Unito e dal 1855 anche dal Regno di Sardegna.
Tra le Condizioni di pace imposte alla Russia con il Trattato di Parigi del 30 marzo 1856, quella più rilevante fu l’imposizione della Smilitarizzazione del Mar Nero e la sua neutralizzazione , consistente nel totale impedimento della presenza di qualsiasi nave da guerra russa o ottomana nonché della realizzazione sulle sue coste di qualsivoglia fortezza russa o ottomana, anche se la Crimea rimase sotto la giurisdizione dell’Impero Russo, mentre l’altra condizione consistente nella riduzione dell’influenza Russa nei Balcani le sottraeva il controllo della navigazione sul Danubio per gli effetti dell’istituzione di una Commissione europea, a cui veniva però fatta partecipare anche la Russia, per assicurare e garantire la libera ed effettiva navigabilità sul Danubio, senza dazi e restrizioni arbitrarie, imposte precedentemente dall’impero Russo.
Fatto anche questo doveroso excursus sulla Crimea, che i potenti di turno avrebbero dovuto conoscere, se non personalmente, quantomeno per le analisi geopolitiche dei rispettivi Ambasciatori dislocati nelle capitali di Russia, Ucraina, Turchia, Moldavia e Serbia, credo che emerga in modo evidente che la Crimea non potesse che essere considerata territorio Russo e non Ucraino.
E sono convinto che se nel 2014 il Presidente Berlusconi fosse stato in Parlamento a causa della decadenza da senatore nel 2013, avrebbe fatto valere non solo i capisaldi della storia della Crimea per affermare che, ipotizzare un futuro ingresso dell’Ucraina nella NATO, non avrebbe fatto altro che far sentire inutilmente il fiato sul collo della Russia se la stessa non fosse stata formalmente invitata a farne ugualmente parte.
Solo nel caso in cui la Russia avesse declinato tale invito, e solo in questo specifico momento, la NATO avrebbe avuto la prova provata che la seconda potenza nucleare del mondo avrebbe potuto costituire un potenziale pericolo, ma mai prima.
E dunque, quello che è avvenuto in Ucraina, sempre dal 2014 in avanti con il nuovo governo ucraino filo americano per le conseguenze subite dalle popolazioni russofone delle repubbliche del DonBass, se non costituisce un motivo per giustificare l’intervento militare russo nel 2022, consente di sottolineare che se in questo contesto la NATO avesse chiesto alla Russia di entrare a farne parte unitamente all’Ucraina ed entrambe avessero accettato, non sarebbe mai avvenuto quello a cui abbiamo assistito essere stato portato a compimento nel Donbass da parte Ucraina e non avremmo assistito neppure all’intervento speciale della Russia del febbraio 2022, con tutte le distruzioni e le centinaia di migliaia di morti inutilmente immolatisi sia da una parte che dall’altra, per le elucubrazioni di chi al fronte non ci andrà mai.
Due più due fa quattro e non il numero di convenienza che, diversamente, porterà ancora e solo ad altri innumerevoli morti se non subentrerà nei potenti il buon senso per far terminare una guerra inutile per tutti.
di Gianfranco Petricca, generale dei Carabinieri in congedo e Senatore della Repubblica della XII Legislatura
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