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Pensioni, brutte notizie per chi ha iniziato a lavorare prima del ’96: sono davvero penalizzati


Con queste dinamiche, il quadro pensionistico resta complesso e altamente differenziato a seconda della data di inizio attività lavorativa.

In materia di pensioni, chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 si trova oggi a fronteggiare una realtà spesso svantaggiosa rispetto a chi ha iniziato successivamente.

La distinzione tra il sistema retributivo e quello contributivo puro, introdotto dalla riforma Dini (legge n. 335/1995), continua a influenzare in modo significativo le modalità di accesso al pensionamento e il calcolo degli assegni pensionistici.

Sistema misto e contributivo puro: differenze sostanziali

Con l’introduzione del sistema contributivo dal 1° gennaio 1996, chi ha iniziato a versare contributi prima di tale data rientra nel cosiddetto sistema misto: la pensione viene calcolata combinando il metodo retributivo e quello contributivo.

Sebbene questo sistema possa garantire assegni generalmente più elevati, presenta criticità non indifferenti, come l’obbligo di aver maturato almeno 20 anni di contribuzione per poter accedere alla pensione di vecchiaia.

Chi non raggiunge questo requisito rischia di perdere completamente i contributi versati, senza alcuna tutela. Questo significa uno spreco economico rilevante, considerando che ogni anno di lavoro ha comportato un versamento contributivo superiore al 30% della retribuzione.

Al contrario, i lavoratori con contributi puri, ossia che hanno iniziato a versare solo dal 1996 in avanti, possono contare su una maggiore flessibilità.

È previsto un “paracadute” normativo che consente, anche con pochi anni di contributi, di accedere alla pensione rimandando però il pensionamento fino a 71 anni di età, grazie all’opzione contributiva. Pur con assegni spesso più bassi, questa misura evita la totale perdita dei contributi.

Requisiti e deroghe per chi ha iniziato prima del 1996

Il requisito minimo per la pensione di vecchiaia nel sistema misto resta fermo a 20 anni di contributi. Tuttavia, esistono deroghe per specifiche categorie, come i lavoratori che al 31 dicembre 1992 avevano già almeno 15 anni di contributi o che sono stati autorizzati a versare contributi volontari, nonché chi ha almeno 25 anni di anzianità assicurativa con alcune settimane contributive mancanti.

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Questi rientrano nelle cosiddette deroghe Amato, che permettono di andare in pensione con 15 anni di contributi.

È importante sottolineare che, però, il mancato raggiungimento anche di una sola settimana oltre i 20 anni fa perdere il diritto alla pensione, con conseguente perdita dei contributi versati.

Le possibilità di pensionamento anticipato e le opzioni per non perdere i contributi

I lavoratori con sistema contributivo puro possono andare in pensione anche a 64 anni, se raggiungono almeno 20 anni di contributi e un assegno pensionistico pari a 3 volte l’assegno sociale (minori soglie previste per donne con figli).

Al contrario, chi si trova nel sistema misto non può usufruire di questa flessibilità e può anticipare il pensionamento solo con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) secondo le regole della pensione anticipata.

Per evitare la perdita dei contributi, esiste una soluzione che prevede il computo della Gestione Separata: i contributi maturati in diverse gestioni possono essere aggregati e calcolati interamente con il metodo contributivo, a patto di soddisfare determinati requisiti anagrafici e contributivi.

Questa opzione, pur comportando un assegno potenzialmente più basso, consente di accedere alle modalità di pensionamento previste per i contributivi puri.



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