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Un piano energetico sostenibile – Il Manifesto SardoIl Manifesto Sardo


Foto Roberto Pili

[Mario Fiumene]

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Soprattutto in questa stagione estiva si parla di continuo e si scrive del cambiamento climatico.

Abbiamo più volte sentito che non si deve superare la fatidica soglia di 1.5 °C. Perché ciò non accada sono stati convocati gli Stati in molteplici incontri (Parigi 2015). Purtroppo trovare un accordo soddisfacente pare impossibile. L’avvento dell’amministrazione Trump non lascia dubbi riguardo il negazionismo per il clima che cambia.

Molti Paesi continuano a utilizzare il carbone come fonte di energia a basso costo. La Germania pur avendo una importante produzione di fotovoltaico, non ha dimesso l’uso del carbone in conseguenza della riduzione di forniture di gas da Russia e Ucraina. Ma ancora di più fa la Cina: la Nazione è responsabile di più della metà del consumo mondiale di carbone. Quello che fa specie è che si utilizza il fossile per fabbricare pannelli solari e veicoli elettrici! Questo lo dice l’Agenzia internazionale per l’energia.

Attraverso il solare e l’eolico, la Cina ottiene oltre un quarto della sua energia. Appare evidente che interrompendo l’uso del carbone si fermerebbero tante fabbriche di quell’immenso Paese. E ci sarebbero importanti ripercussioni sul mercato globale del fotovoltaico e dei veicoli elettrici. In Cina hanno un programma ben preciso: attraverso il carbone, il petrolio e il metano hanno creato industrie per produrre a basso costo pannelli solari, pale eoliche e batterie.

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Le banche cinesi continuano a finanziare progetti fossili in altri stati, reindirizzandone i profitti verso le loro imprese verdi. Dove sia la tutela del clima nessuno lo sa: è ben chiaro che viene prima il profitto. Ai dazi americani sulla produzione di fotovoltaico, la Cina ha risposto con il trasferimento della produzione in Indonesia.

Qui da noi quale è il programma nei confronti del cambiamento climatico? Crediamo di poter incidere in modo fattivo a ridurre il riscaldamento globale, a ridurre l’innalzamento del mare, impedire la tropicalizzazione del Mediterraneo? Per un momento abbiamo sperato in un programma verde europeo: ora è un verde- cachi delle tute militari e di carro armato.

Buona parte della produzione di auto elettriche in Europa ha un notevole ritardo: vogliamo parlare dell’ostracismo nostrano alla produzione di veicoli elettrici? Tutto il Sud della Penisola italiana, le due isole Sicilia e Sardegna, fino ad arrivare all’Appennino Toscano, sono stati individuati come fonte di produzione energetica da sole e vento. Purtroppo senza un piano chiaro e ben indirizzato ad una produzione mirata che possa garantire vero sviluppo di energia pulita.

La salvaguardia del clima è fonte di salute per le popolazioni: è pur vero che possiamo incidere poco sul riscaldamento globale, ma abbiamo la possibilità di migliorare la salubrità dell’aria che ci circonda, riducendo le emissioni di particolato (PM2.5) causato dai veicoli a motore a scoppio, dalle caldaie a gasolio e gas di vario tipo, senza dimenticare le polveri dei camini a legna e pellet che contribuiscono in modo importane a inquinare l’aria.

A rileggere il programma elettorale della coalizione che oggi è maggioranza in Regione Sardegna, leggiamo all’Asse programmatico 6, riferito a ambiente e paesaggio: «L’Ambiente e il Paesaggio sono i beni comuni identitari della Sardegna da tutelare, promuovere e valorizzare per l’esclusivo interesse di tutti i sardi…rappresenta “la casa” in cui viviamo. Riteniamo fondamentale e imprescindibile costruire una cornice strategica e integrata, trasversale alle politiche regionali, che

deve coinvolgere l’intera azione programmatoria regionale. Per la Sardegna, tale cornice è rappresentata da tre riferimenti principali: i 17 goal dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile in coerenza con la Strategia Nazionale e la Strategia Regionale di adattamento ai cambiamenti climatici. L’attuale stato della crisi ambientale che si registra a livello globale e gli scenari legati all’innalzamento del livello del mare correlato ai cambiamenti climatici impongono di affrontare dal punto di vista strategico pianificatorio e progettuale la salvaguardia di tutte le infrastrutture prima citate. Prevenzione ambientale:

l’ambiente, rappresentando il luogo (su logu) di tutti i cittadini della Sardegna, deve essere tutelato e curato per garantire una buona qualità della vita. È necessario risanarlo dove attività passate ne hanno compromesso l’integrità e proteggerlo dalle minacce ricorrenti di incendi e dissesto idrogeologico. L’approccio innovativo delle politiche ambientali per la prossima legislatura si manifesta nell’implementazione di interventi volti a prevenire danni all’ambiente e al paesaggio ad esso connesso. La prevenzione e la tutela hanno un costo ambientale, sociale ed economico infinitamente inferiore rispetto agli interventi di ripristino, bonifica e ristori dei danni causati da eventi calamitosi o attività umane impattanti e dissennate nella nostra sfera vitale. Prevenire e tutelare non implica bloccare le attività produttive necessarie per sostenere l’economia, ma piuttosto dotarsi di pianificazioni per individuare gli ambiti territoriali di tutela e stabilire regole chiare, condivise, comprensibili e applicabili con semplicità». Ho voluto citare questo stralcio di programma politico non tanto per criticare l’operato della maggioranza, ma per far notare che quella Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è saltata in aria come una mina antiuomo (leggasi anti salute ambientale).

Siamo a bocce ferme, impantanati tra legge su zone idonee e non, comprese le altre proposte che animano il dibattito, cavi sottomarini e cavilli di ogni natura, il tutto senza una chiara e opportuna proposta di un piano energetico regionale, adeguato a un piano di sviluppo sostenibile dell’intera Regione Sardegna. Si parla ancora di rigasificatori a Sud, Nord e di gas metano da Oristano al Sulcis. Non per propaganda ma per corretta considerazione, cito un stralcio del programma elettorale, proposto alle ultime elezioni regionali della Sardegna dalla Coalizione Sarda: «Oggi la Sardegna è accreditata di un patrimonio tra bosco, boscaglia e macchia che supera i 12.200 km quadrati (oltre la metà dell’intera superficie, che la colloca al primo posto in Italia) e che rappresenta un “polmone” verde di grandissimo valore in mezzo al Mediterraneo.

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E rappresenta, anche, un enorme “sistema” in grado di catturare la CO2 presente nell’atmosfera ed evitare che contribuisca ad aumentare l’effetto serra, causa prima dei cambiamenti climatici.

Questo, oggi, rappresenta un valore economico di grandissima importanza che deve essere adeguatamente valorizzato e tutelato per diventare parte del patrimonio complessivo dei sardi.

Oltre 2.200 km quadrati sono di proprietà regionale (FORESTAS) e moltissimi altri sono di proprietà pubblica (terre ad uso civico e proprietà comunali), ma la maggior parte sono di proprietà di allevatori e agricoltori che vi esercitano le loro attività, spesso considerate marginali: la nostra proposta è che si costruisca una libera” alleanza” tra pubblico e privato per trasformare, questo enorme patrimonio di CO2 “sequestrata”, in moneta reale, attraverso i, cosiddetti, “certificati bianchi”. Regione, comuni e privati, insieme, possono costituire un soggetto forte, in grado di ottenere il giusto valore per i nostri boschi, boscaglie, macchia e pascoli permanenti che sono, sì un dono della natura, ma anche il frutto del lavoro di chi lo lavora e lo abita. La redistribuzione di questi introiti aiuteranno la Regione e i Comuni ad investire per tutelare ed arricchire il proprio patrimonio boschivo e rappresenterà un aiuto importante per coloro che, allevando e coltivando, presidiano i territori marginali secondo gli fida globale dalla quale non si può rimanere esclusi o, peggio, chiamarsene fuori fidando sulla nostra insularità. E’ certo che anche la Sardegna deve contribuire a diminuire l’impatto complessivo, attraverso l’implementazione e lo sviluppo di politiche rispettose dell’ambiente e dell’ecosfera in cui, tutti, viviamo».

Questo patrimonio rappresenta una risorsa molto importante, di questa ricchezza bisogna avere massimo riguardo e massima tutela: purtroppo i continui incendi e i parassiti sempre più diffusi (è lecito pensare che il cambio del clima sia una delle cause delle zoonosi), stanno mettendo a rischio i nostri boschi. Questa considerazione permette di ricollegarsi ad uno stralcio del programma elettorale di Sardegna Resiste: «Noi crediamo in una scuola che valorizzi la pace, rifiuti le armi e la militarizzazione del territorio e, ancor prima della formazione delle competenze specifiche per l’inserimento nel mondo del lavoro, educhi alla conoscenza del valore della propria terra e delle sue risorse, affinché le stesse non vengano usurpate, depredate, svendute in cambio di un momentaneo benessere che, invece, è solo un preludio di un impoverimento generalizzato».

Appare superfluo commentare questa considerazione, oggi che le varie guerre ci lasciano ammutoliti, impauriti e più poveri di serenità: il nostro mare, la nostra aria e il territorio sono attraversati da esercitazioni di guerra altamente inquinanti.

A proposito di carbone come fonte di energia utilizzato dalla Cina: anche la Sardegna in questo momento utilizza come fonte primaria il carbone e, visto il rinvio della data di fine impiego, continua ad immettere nell’ambiente una quantità di CO2 che ci pone al vertice (nonostante il patrimonio boschivo). Questa grave situazione merita delle risposte adeguate: è forse da considerare una risposta a tutela ambientale, l’impianto che pare sorgerà a Sestu, il Comune dell’immediata cintura di Cagliari?

Si apprende che con un investimento di 15 milioni di euro da parte di una Società della Penisola, con la partecipazione del Politecnico di Torino e il Centro Ricerche CRS4 della Regione Sardegna « sarà avviato un impianto di produzione dell’idrogeno verde primo in Italia e consentirà di testare gli utilizzi di gas rinnovabili e di miscele di questi nell’ambito dei contesti urbani: fornitura a industrie del territorio, agli autobus per il trasporto pubblico locale, ai clienti allacciati alla rete. Si realizzerà, così, la prima comunità energetica residenziale dell’Unione europea alimentata con miscela di idrogeno e gas naturale».

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Si continua a progettare senza un chiaro piano energetico regionale.



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