La sentenza CEDU del 6 febbraio 2025 ha sancito l’illegittimità delle ispezioni nei locali di imprese e professionisti in assenza di autorizzazione giudiziaria. A seguito di tale decisione, nel corso di conversione in legge del DL fiscale (DL 84/2025) è stato approvato un emendamento che riguarda l’obbligo di motivare in modo dettagliato ogni accesso da parte delle autorità tributarie.
Sentenza CEDU 6 febbraio 2025: nuovo standard per gli accessi fiscali
La sentenza CEDU del 6 febbraio 2025 rappresenta una pietra miliare nell’evoluzione dei diritti dei contribuenti europei e, in particolare, italiani. La Corte di Strasburgo ha stabilito come le norme italiane sugli accessi nei locali di imprese e professionisti, in assenza di preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria, violino l’art. 8 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale sancisce il diritto al rispetto della vita privata, familiare e della corrispondenza.
Vedi anche: Accessi nei locali di imprese e professionisti: la CEDU boccia la Legge italiana del 7 febbraio 2025.
La CEDU ha chiarito come il concetto di domicilio non sia limitato all’abitazione privata, includendo anche gli spazi destinati ad attività economiche; di conseguenza, ogni accesso fiscale nei locali aziendali o professionali deve essere ritenuto come una interferenza rispetto ai diritti fondamentali del contribuente. La disciplina italiana prevedeva che gli accessi fossero autorizzati internamente dall’Amministrazione finanziaria, senza alcun filtro o controllo da parte di un giudice. Questo meccanismo è stato ritenuto inadeguato a prevenire abusi o arbitrarietà da parte delle autorità.
Pur riconoscendo la lotta all’evasione come obiettivo legittimo, la Corte ha sottolineato come l’interferenza con i diritti del contribuente debba essere proporzionata e supportata da garanzie effettive. L’assenza di limiti chiari e di un controllo giurisdizionale, pertanto, rendeva le attività istruttorie previste dalla normativa italiana eccessive rispetto allo scopo dalle stesse perseguito.
La Corte, inoltre, ha osservato come esistano strumenti meno invasivi, come la richiesta documentale, i quali sono idonei a soddisfare le esigenze di controllo fiscale senza violare la sfera privata ed economica del contribuente.
Le raccomandazioni della CEDU all’Italia
La CEDU ha chiesto al legislatore italiano di:
- modificare la normativa per introdurre garanzie reali contro l’arbitrarietà;
- introdurre un controllo giurisdizionale effettivo e tempestivo sulle misure invasive;
- sensibilizzare le autorità sull’importanza del bilanciamento tra interesse pubblico e diritti fondamentali.
La sentenza impone una profonda revisione del sistema degli accertamenti fiscali italiani.
Dopo la sentenza CEDU: la risposta dell’Italia
A seguito della pronuncia CEDU in materia di accessi fiscali, è arrivata la risposta dell’Italia. Tra gli emendamenti approvati nel corso della conversione in legge del DL fiscale (DL 84/2025), vi è quello relativo all’obbligo di motivare in modo dettagliato ogni accesso presso aziende o studi professionali da parte delle autorità tributarie.
Vedi anche: Accessi, ravvedimento, rottamazione, IMU e stock option: come cambia il DL fiscale del 18 luglio 2025.
L’emendamento, il quale interviene sull’art. 12 c. 1 L. 212/2000 (Statuto del Contribuente), introduce una riforma volta a garantire maggiore trasparenza e una tutela più efficacie nei confronti di imprese e professionisti.
Nel dettaglio, l’emendamento introduce un’importante novità nello Statuto del contribuente: da ora in poi, le autorità e i verificatori fiscali dovranno indicare “espressamente e adeguatamente”, negli atti di autorizzazione e nei verbali redatti durante gli accertamenti, le motivazioni, le circostanze e le condizioni che giustificano l’accesso nelle sedi dell’impresa o negli studi professionali. Questa novità si inserisce nel solco tracciato dalla sentenza CEDU sul caso Italgomme, nell’ambito del quale la Corte di Strasburgo aveva mosso pesanti critiche nei confronti del sistema italiano delle verifiche tributarie, ritenendolo inadeguato alla salvaguardia dei diritti fondamentali dei contribuenti.
Osservazioni
Nonostante l’importanza simbolica e giuridica dell’emendamento, la modifica introdotta rappresenta solo un primo passo verso il pieno rispetto degli standard europei. Sebbene il percorso di adeguamento non sia ancora concluso, la direzione è ormai tracciata: gli accessi fiscali dovranno rispettare principi di necessità, proporzionalità e controllo giurisdizionale, garantendo un equilibrio effettivo tra l’interesse pubblico alla lotta all’evasione e i diritti fondamentali dei cittadini e delle imprese.
L’obbligo di motivazione degli accessi costituisce una conquista in termini di trasparenza e responsabilità delle autorità, ma ancora carente di una parte fondamentale: la legge, infatti, non individua parametri oggettivi riguardo alle condizioni che giustificano l’accesso e non delinea in modo preciso l’estensione dei poteri esercitabili dai verificatori durante le ispezioni.
La carenza di questi elementi rischia di lasciare ampi margini di discrezionalità alle autorità, non risolvendo del tutto le criticità evidenziate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Inoltre, considerato che l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di motivare gli accessi nei locali commerciali, previsto dall’emendamento, vale solo per il futuro, tale limitazione temporale solleva dubbi di legittimità, rischiando di eludere garanzie già previste dallo Statuto dei diritti del contribuente e dalla CEDU.
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