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Banche europee resilienti. Italiane più forti dopo il consolidamento


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S&P: capitalizzazione, liquidità e redditività permetteranno agli istituti UE di affrontare turbolenze e nuovi rischi. Nel nostro Paese il settore verrà ridefinito, la redditività rimarrà solida

Nonostante l’attuale contesto di crescente incertezza, le banche europee continuano a mostrarsi resilienti grazie a una solida capitalizzazione, a un’ampia liquidità e a una redditività sostenuta. Tutto questo compensa infatti di gran lunga una certa moderazione del margine di interesse netto, dovuta ai tagli dei tassi da parte della BCE, e un leggero aumento dei costi del credito. La promozione arriva da S&P Global Ratings, che nell’outlook di metà anno sul settore ha analizzato punti di forza e rischi per i singoli sistemi bancari della regione, evidenziando in particolare per gli istituti italiani gli effetti positivi che dovrebbero derivare dal risiko in corso.

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Capitalizzazione, liquidità e redditività i punti di forza

Nella sua analisi, l’agenzia di rating si basa su uno scenario di base con dazi universali al 10% sulle esportazioni di beni UE verso gli Stati Uniti, del 25% sulle automobili, del 25% sui prodotti farmaceutici e del 50% su acciaio e alluminio. Inoltre, ipotizza che non si verifichino escalation significative nei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente, mentre fra i principali rischi per la regione vengono considerati gli sviluppi geopolitici negativi, turbolenze di mercato, deboli dinamiche fiscali e rischi informatici. 

Secondo gli analisti, per gli istituti del Vecchio Continente la crescita dei prestiti al settore privato continua, ma le prospettive potrebbero attenuarsi a causa dell’elevata incertezza e dell’inasprimento dei criteri di concessione del credito per le imprese, mentre la domanda di mutui immobiliari rimane robusta. Anche la qualità degli attivi è solida, viene specificato, ma la combinazione data da una crescita economica più debole e dalle incertezze sui dazi commerciali aggiunge sacche di rischio in settori come l’immobiliare commerciale, l’automotive, i macchinari, i metalli e i prodotti chimici. Nonostante questo, secondo S&P, la salda capitalizzazione, l’ampia liquidità e la solida redditività forniscono alle banche europee margini per affrontare uno scenario più difficile di quanto fosse stato previsto a inizio anno.

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Italiane più forti dopo il consolidamento

Gli istituti italiani non fanno eccezione, con la peculiarità che il risiko in atto è destinato a ridefinire il settore, migliorandolo. “Fusioni e acquisizioni continueranno ad attirare la massima attenzione” e “l’esito dell’offerta di Unicredit su Banco BPM, di Bper su Bp Sondrio, di Mediobanca su Banca Generali e di Monte dei Paschi su Mediobanca potrebbe rimodellare il settore”, viene sottolineato nell’outlook. Tutto questo infatti, per S&P, “probabilmente aprirà la strada a banche più forti, sebbene i risultati delle fusioni e acquisizioni in Italia siano stati contrastanti”. Inoltre, secondo gli analisti, “il profilo di finanziamento delle banche rimarrà stabile dopo l’uscita graduale dalle Operazioni Mirate di Rifinanziamento a Lungo Termine (Target) III”. Solo che le differenze tra gli istituti, e di conseguenza le vulnerabilità, potrebbero diventare “più evidenti”. 

Gli analisti prevedono che l’economia italiana crescerà dello 0,8% nel 2026 e dello 0,9% nel 2027, che la maggiore resilienza del merito creditizio del settore privato sarà messa alla prova e che vi sarà un moderato deterioramento della qualità degli attivi. In un contesto di incertezza, la stima è di un incremento gestibile dei crediti problematici nei prossimi due anni, dopo i minimi storici del 2022-2024. Le perdite su crediti sono infatti viste salire a 55-60 punti base dai 40 del 2023 e del 2024, rimanendo comunque al di sotto della media di lungo termine.

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Nonostante questa fase complessa, S&P evidenzia come le banche italiane partano comunque da una posizione di forza: la loro capacità di generare profitti dovrebbe infatti “rimanere solida”. In particolare, sebbene abbia raggiunto il picco nel 2024, la redditività è vista strutturalmente robusta, al di sopra del costo del capitale proprio. E la riduzione della frammentazione, il predominio di istituti più grandi e modelli di business più agili contribuiranno a questo risultato. “La diversificazione dei ricavi e l’efficienza dei costi aiuteranno le banche a compensare l’effetto del calo del margine di interesse netto nel 2025 e nel 2026”, concludono dall’agenzia.

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