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Mudra: il valore degli asset intangibili per le imprese


Mudra è un’advisory company italiana che mira a ridefinire la consulenza strategica mettendo al centro gli asset intangibili come leva fondamentale per la crescita aziendale. Aiuta le imprese a riconoscere e valorizzare elementi immateriali come la reputazione, l’identità del brand, l’ottimizzazione dei processi, il capitale umano, la gestione proficua del dato e la capacità di innovare.

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A fondarla, nel 2021, è stata Carlotta Silvestrini (Co-Ceo) insieme a Diego Barbisan (Presidente e Co-Ceo) e l’imprenditore Nicola Mosca (Senior advisor).

Dottoressa Silvestrini, in un contesto economico sempre più complesso e competitivo, quale ruolo giocano oggi gli asset intangibili – come reputazione, capitale umano e cultura aziendale – nella crescita e nel valore dell’impresa?

Gli asset intangibili hanno da sempre un ruolo cruciale nell’economia. Lo sapevano bene gli antichi veneziani, inconsapevoli esperti di economia comportamentale che creavano percorsi d’acquisto esperienziali per impressionare i visitatori e instradarne le scelte d’acquisto, massimizzando i profitti e fidelizzando la clientela.

A metà del XX secolo, però, abbiamo deciso che i mercati erano popolati da persone che sceglievano utilizzando la razionalità assoluta (Homo Oeconomicus) e che tutto doveva essere interpretato solo sulla base di assunti numerici.

Oggi che le barriere geografiche sono scomparse, i settori si sono saturati, la concorrenza è cresciuta esponenzialmente, i consumatori sono più informati, i modelli standard non sanno spiegare perché, a parità di condizioni strutturali, aziende identiche ottengono risultati opposti.

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La risposta è negli asset intangibili. Posso raddoppiare le vendite senza raddoppiare la capacità produttiva, ma ottimizzandola.

Posso abbassare il turnover del personale senza dare aumenti di stipendio decontestualizzati, ma creando un ambiente di lavoro sereno. Posso aumentare la marginalità senza far perdere qualità al prodotto, ma lavorando sul percepito e sull’esperienza e così via.

Questo approccio crea un valore reale e duraturo che rimane strutturale e di proprietà dell’azienda: in altre parole un asset, ma intangibile.

Mudra nasce proprio per aiutare le aziende a valorizzare questi asset: in che modo è possibile trasformare elementi immateriali in risultati economici concreti e misurabili?

Iniziamo analizzando gli asset (tangibili e intangibili) esistenti in azienda, rapportandoli al mercato di riferimento e allo scenario competitivo.

L’esperienza sul campo delle nostre persone consente di intercettare subito le aree critiche nascoste, alle quali corrisponde sempre un asset intangibile di riferimento a cui assegnare uno o più KPI in grado di misurarne il valore e l’impatto all’interno dell’organizzazione. La misurazione viene ripetuta nel tempo per mantenere monitorato l’andamento.

Un caso frequente è legato al calo delle vendite, al quale il management vorrebbe rispondere con nuove assunzioni in area sales.

Noi analizziamo tutto il flusso e individuiamo carenze nella gestione del dato, nel posizionamento, nei rapporti interpersonali e suggeriamo azioni correttive che portano nuova linfa, senza caricare la struttura di costi aggiuntivi e lasciando un risultato stabile e durevole.

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Oppure, esaminiamo piani industriali redatti “alla vecchia maniera”, dove vengono suggeriti investimenti Capex finalizzati all’aumento dei ricavi: nove volte su dieci, rileviamo che basterebbe ottimizzare la produzione per raggiungere i medesimi risultati.

In ambito mercato, alle classiche analisi di dimensionamento numerico associamo analisi comportamentali e di contesto in grado di descrivere il comportamento d’acquisto atteso, riducendo i costi e massimizzando ricavi e marginalità.

Sempre più aziende si trovano ad affrontare fallimenti nei progetti di cambiamento, soprattutto nei percorsi di trasformazione digitale o riorganizzazione interna. Quali sono, secondo voi, le variabili intangibili che determinano il successo o l’insuccesso di questi processi?

Circa il 70% dei percorsi di trasformazione digitale fallisce e uno dei motivi principali è la mancata adozione da parte degli utenti. Inoltre, quasi tutti i progetti sono guidati dall’IT e non dal business.

Per questo motivo, stiamo proponendo con successo una metodologia innovativa che consente alle aziende e ai system integrator nostri partner di implementare quella che abbiamo definito “business oriented digital transformation”.

La differenza con gli altri approcci sta soprattutto nelle fasi iniziali del progetto, dove affianchiamo le prime linee nell’identificazione degli obiettivi aziendali che devono essere agevolati dalla digitalizzazione, togliendo il superfluo e comunicando il progetto a tutta l’organizzazione.

In seguito, ripensiamo i processi strategici, partendo da quelli che impattano maggiormente sulle persone, analizzandole anche sul piano psicoattitudinale per capire quanto sono pronte a recepire il cambiamento e farsene promotrici.

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Facciamo investire budget più ridotti per digitalizzare processi ben ottimizzati, allineati con gli obiettivi di crescita e che portano reale beneficio al gruppo di lavoro, anziché implementare opere titaniche che digitalizzano disfunzionalità cronicizzate.

Lo stesso vale per la riorganizzazione aziendale: ci basiamo su decenni di studi in ambito psicologico e neurobiologico per suggerire azioni compatibili con la natura dell’azienda e del suo organico.

In che modo le imprese possono costruire ecosistemi relazionali solidi e generativi, capaci di creare valore non solo all’interno, ma anche nei rapporti con clienti, partner e comunità esterne?

Noi partiamo da un principio cardine: tutto va ricondotto all’unità minima del sistema che è la persona. Capo, dipendente, partner strategico, fornitore, cliente… sono tutti esseri umani e, in quanto tali, hanno una matrice comportamentale scritta nel Dna, quindi non modificabile.

Abbiamo dedicato anni di studi e sperimentazioni sul campo su base scientifica che ci permettono di agire conoscendo bene la materia e adattando a essa gli strumenti standard del mondo Hr.

Faccio un esempio a me caro. Ci sono operazioni M&A perfette sulla carta che falliscono nel momento in cui due team di lavoro si fondono insieme.

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Se, in fase di due diligence, si adottassero anche le semplici analisi che svolgiamo in Mudra per identificare il contesto delle aziende coinvolte nell’operazione e i relativi team di lavoro, questo non solo sarebbe prevedibile, ma si potrebbero mettere in campo azioni correttive volte a lenire (se possibile addirittura eliminare) il problema e mantenere i risultati nel tempo.

Anche perché, se la metà dell’organico scappa post-fusione, si disattendono tutti i numeri paventati nei piani industriali. Dinamiche che vediamo ogni giorno, soprattutto quando le operazioni sono internazionali ed entra in gioco anche il fattore culturale.

La scienza comportamentale ha già dato tutte le risposte, perché allora ci ostiniamo a usare solo strumenti economico-finanziari?



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