La mancanza di case non è più un tema da convegno: è la quotidianità di famiglie, studenti, lavoratori che inseguono un tetto accessibile mentre le città si allargano e il clima cambia. Da Roma, l’Associazione nazionale costruttori presenta una strategia per invertire la rotta.
Il vuoto demografico che riscrive la mappa del Paese
Il Paese si muove su traiettorie opposte: negli ultimi anni, dalle valli alpine alle metropoli padane, il numero di residenti continua a salire, mentre nel Mezzogiorno intere aree interne perdono presidi, competenze, servizi. Uno scenario fotografato dalle proiezioni demografiche che, al 2040, stimano un aumento della popolazione nel Nord Italia e un crollo di circa due milioni di abitanti nel Sud, l’equivalente di cancellare in un colpo solo città delle dimensioni di Catania e Siracusa messe insieme, con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sulle necessità abitative.
Alla dinamica demografica si sovrappone un paradosso dirompente: dove il lavoro c’è, le case mancano; dove la casa costa poco, il lavoro non arriva. L’Associazione dei Costruttori, incrociando dati su mobilità interna e disponibilità di alloggi, rileva come i poli produttivi attirino competenze che faticano a stabilirsi per l’assenza di un’offerta abitativa accessibile. Il risultato è una pressione ulteriore sulle aree in crescita e il progressivo impoverimento sociale ed economico di quelle in contrazione, alimentando disuguaglianze territoriali destinate a dilatarsi senza un intervento strutturale.
Prezzi in fuga e famiglie schiacciate dal costo dell’abitare
Il carosello dei prezzi non conosce tregua. Nell’arco 2015-2023, secondo i dati raccolti, le quotazioni delle abitazioni nell’Unione europea hanno segnato un balzo del 48%, mentre i canoni di locazione, tra il 2010 e il 2022, hanno messo a segno un incremento medio del 18%. In Italia la curva segue lo stesso profilo: in molte grandi città, dal centro al nord, il prezzo al metro quadrato è salito oltre le soglie pre-crisi, comprimendo la possibilità per giovani coppie, lavoratori in mobilità e fasce fragili di mettere radici.
Per le dieci milioni di famiglie che dichiarano un reddito annuo non superiore a 24 mila euro, l’acquisto di un appartamento o il pagamento di un affitto in un capoluogo diventa un esercizio di equilibrismo finanziario. L’Ance calcola che, in media, la rata del mutuo assorba la metà dell’entrata mensile e, tra i nuclei meno abbienti, superi addirittura i due terzi. L’impatto è identico nel mercato della locazione: con il canone che erode risorse prima destinate a salute, istruzione e mobilità sociale, il rischio di esclusione diventa concreto.
La ricetta Ance: un cantiere da 15 miliardi per ridare fiato alle città
Di fronte a un quadro così compromesso, Federica Brancaccio, alla guida dell’Associazione nazionale dei costruttori, ha presentato una strategia che punta a mobilitare 15 miliardi di euro in più anni. L’obiettivo, ribadisce, è fare della città un luogo in cui l’ascensore sociale torni a funzionare, garantendo un’abitazione dignitosa a chi produce ricchezza, studia, invecchia. Il piano sarà al centro della conferenza “Città nel futuro” in programma dal 7 al 9 ottobre al Maxxi di Roma, diretta da Francesco Rutelli, già sindaco della capitale e oggi impegnato sui temi della rigenerazione urbana.
Nel disegno illustrato dall’associazione l’inclusione non è un corollario, ma il fulcro dell’intervento: consumo di suolo pari a zero, quartieri capaci di adattarsi agli stress climatici, spazi pensati per giovani, famiglie e anziani. L’approccio segna un cambio di passo rispetto a vecchie politiche abitative calate dall’alto; si immagina un dialogo continuo con amministrazioni, università e operatori privati. Solo così, argomenta Brancaccio, la nuova edilizia potrà diventare laboratorio di crescita economica e insieme baluardo contro l’aumento delle diseguaglianze urbane, nell’arco di un ciclo edilizio che guarda a materiali innovativi e filiere locali.
Dove trovare i fondi: una mappa delle risorse già disponibili
Il nodo non è l’assenza di denaro, ma la capacità di intercettarlo. L’Ance ha tracciato un percorso che intreccia risorse nazionali e comunitarie già sul tavolo: 1,5 miliardi potrebbero arrivare dalla riprogrammazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza; altri 2,5 miliardi dai fondi strutturali 2021-2027 che le regioni faticano a spendere. A medio termine, il nuovo bilancio europeo 2028-2034 potrebbe liberare 6 miliardi; il Fondo sociale per il clima ne vale 3; il Fondo investimenti e sviluppo infrastrutturale, 2. Un ventaglio di risorse che, se coordinate, può attivare ulteriori investimenti privati e garantire continuità ai cantieri.
L’associazione sollecita il Governo a creare una cabina di regia che eviti la dispersione dei fondi tra ministeri, enti locali e programmi paralleli. Il grosso rischio, sottolineano i costruttori, è di vedere i capitoli di spesa transitare nei bilanci senza tradursi in cantieri avviati e alloggi consegnati. Da qui la proposta di un’intesa vincolante tra pubblico e privato, con cronoprogrammi chiari, monitoraggio indipendente e premialità per le amministrazioni che rispettano tempi e obiettivi. L’efficienza, in questo caso, diventa valore sociale oltre che contabile.
Case, clima, opportunità: l’urgenza di ripensare la città
Francesco Rutelli, che dirigerà la conferenza autunnale, lega la questione abitativa al clima che cambia. Siccità prolungate, bombe d’acqua, isole di calore: gli eventi estremi obbligano a ripensare materiali, infrastrutture idriche, coperture verdi. Secondo Rutelli, la transizione non è un onere ma l’occasione per aprire nuovi mercati e ridurre costi sociali di emergenze sempre più frequenti. Dall’orientamento degli edifici alla gestione dell’acqua piovana, ogni scelta urbanistica dovrà rispondere a parametri di resilienza ambientale oltre che economica, scongiurando gli effetti a catena che i disastri climatici scaricano sui bilanci familiari e pubblici.
La linea è condivisa dall’Ance: efficienza energetica e rigenerazione urbana diventano così parti di un unico cantiere nazionale. Gli edifici di nuova costruzione dovranno garantire consumi quasi nulli, quelli esistenti essere rifunzionalizzati con tecniche di retrofit che includano coibentazione, impianti rinnovabili, sistemi di raccolta delle acque, senza contribuire a ulteriore consumo di suolo. L’obiettivo, oltre a tagliare le bollette, è mantenere freschi quartieri e generare lavoro qualificato in filiere che spaziano dalla chimica green al design, mettendo a sistema università e imprese.
Studenti e alloggi pubblici, l’altra faccia della carenza
Mentre i riflettori sono puntati sui prezzi di mercato, il patrimonio pubblico mostra falle preoccupanti. Soltanto il 3,8% delle famiglie italiane vive in abitazioni di edilizia sociale, un dato che impallidisce di fronte ad altri paesi europei. Quasi il 9% degli alloggi destinati al welfare abitativo risulta comunque vuoto, per mancanza di manutenzione o per iter amministrativi che si perdono nei meandri della burocrazia. Una doppia penalizzazione che priva i cittadini di case già finanziate e fa lievitare le spese di gestione.
L’emergenza tocca in modo particolare gli universitari fuori sede: su oltre ottocentomila iscritti in mobilità, i posti letto disponibili non superano le 62 mila unità, di cui circa 40 mila in strutture pubbliche o convenzionate. Significa coprire meno dell’8% della domanda, lontanissimo dalla soglia del 23% francese, del 14% tedesco e dell’11% spagnolo. La carenza impone a migliaia di giovani di dirottare una quota eccessiva dei risparmi familiari sugli affitti, frenando la mobilità sociale e la competitività stessa degli atenei.
Una alleanza pubblico-privato per l’ascensore sociale
«Serve uno sforzo corale», ripete Brancaccio, richiamando amministrazioni, operatori finanziari, terzo settore e comunità locali. L’idea è mettere a fattor comune competenze e risorse per trasformare la politica della casa in motore di sviluppo: procedure urbanistiche più snelle, incentivazione di contratti a canone sostenibile, partenariati per riconvertire immobili dismessi a uso residenziale. In questa cornice il settore privato non interpreta un ruolo marginale, ma diventa partner responsabile, accettando target di qualità, vincoli ambientali e impegni sui tempi di consegna, a beneficio dell’interesse collettivo.
Il tavolo di lavoro prenderà forma durante la tre giorni di ottobre al Maxxi, ma la presidentessa dell’Ance chiarisce che il confronto dovrà proseguire ben oltre i riflettori della conferenza. Entro la fine dell’anno, annuncia, verrà consegnata al Governo una lista di proposte operative, dal monitoraggio digitale dei fabbisogni abitativi alla semplificazione dei bandi per gli investitori istituzionali. L’obiettivo è tradurre la strategia in atti normativi e cantieri entro la prossima legge di bilancio, affinché la città del futuro non resti un’affascinante teoria ma diventi cronaca quotidiana.
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