Palermo è tra i Comuni che ricevono i contributi più bassi dallo Stato per l’attività di contrasto all’evasione fiscale che in Italia ammonta a circa 90 miliardi di euro l’anno. E’ quanto emerge dal servizio Stato Sociale, Politiche Fiscali e Previdenziali, Immigrazione della Uil, diretto dal segretario confederale Santo Biondo, nell’indagine conoscitiva basata sui dati del ministero dell’Interno relativi ai ristorni effettuati dallo Stato nel 2024 per le riscossioni del 2023.
Bilanci in rosso e servizi a rischio, la mappa dei Comuni palermitani in dissesto: “Solo una riforma può salvarci”
Male la Sicilia
Con 1.373 euro il capoluogo siciliano è lontanissimo da Milano, che con 397.991 euro è la città dove la riscossione funziona meglio, seguita da Genova (381.871 euro), Prato (184.579) e Torino (126.060). In generale è in tutto il Sud e dunque anche in Sicilia che la ricerca degli evasori non decolla. Così se la Lombardia riesce a ottenere oltre un milione e 200 mila euro, l’Isola si ferma a poco più di 8 mila euro con soltanto 14 amministrazioni locali che figurano nell’elenco di quelle che nonostante l’esiguità degli importi hanno comunque condotto un’attività di accertamento. La migliore è Messina con 2.085 euro, mentre Catania è a zero, così come Caltanissetta e Trapani ed Enna. Irrisorie le quote spettanti ad Agrigento, Siracusa e Ragusa.
A Palermo, le cose dovrebbero essere andate meglio successivamente. L’anno scorso, nel 2024, il Comune guidato dal sindaco Roberto Lagalla ha migliorato le performance rispetto al passato, sia per quanto riguarda l’Imu che per i tributi non pagati dalle imprese.
La Uil: “Comuni senza risorse né personale contro l’evasione fiscale”
“Le somme redistribuite ai Comuni – secondo la Uil – sono ancora marginali e disomogenee e, in molti casi, in calo rispetto al passato. Una dinamica che può riflettere sia un ridimensionamento delle attività d’accertamento sia l’effetto del taglio della compartecipazione statale, passata dal 100 al 50 per cento, che rende meno conveniente l’impegno. Allo stato attuale, molti municipi, specie medio‑piccoli, non dispongono di personale formato in materia tributaria o di fondi sufficienti. Inoltre, la cooperazione con l’Agenzia delle Entrate resta farraginosa e mancano uffici in grado di utilizzare banche dati complesse. Soprattutto non esiste un piano nazionale che definisca standard, incentivi, criteri di trasparenza e, magari, premi per le amministrazioni virtuose”.
Secondo il segretario confederale della Uil, Santo Biondo “affinché il presidio fiscale locale diventi davvero efficace bisogna riportare in modo stabile la compartecipazione al 100 per cento, con erogazioni automatiche e certe. Occorre poi rafforzare gli uffici tributi, assumendo personale dedicato e investendo in formazione continua”. Biondo aggiunge: “Dove i singoli municipi non ce la fanno, vanno creati uffici intercomunali, le ‘unità locali antievasione’, che sommino competenze e massa critica. È indispensabile anche un’integrazione digitale piena con l’Agenzia delle Entrate, per accedere in tempo reale alle informazioni catastali e reddituali e produrre segnalazioni qualificate”.
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