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Tax credit per il cinema, stretta dopo l’omicidio di villa Panphili, quale futuro per attori e registi?


Sul tax credit per il cinema, il credito d’imposta a favore di imprese di produzione cinematografica e audiovisiva, dopo gli ultimi scandali, è caduta la mannaia del MiC. I controlli più stringenti sulle risorse pubbliche messe a disposizione dal ministero non stanno facendo dormire sonni tranquilli ad attori ma anche sceneggiatori, registi, scenografi, truccatori e costumisti, direttori della fotografia e montatori: un mondo di partite IVA e liberi professionisti che di film e documentari hanno fatto, oltre che una passione, un mestiere. E proprio attraverso voci, analisi e punti di vista degli addetti ai lavori, Partitaiva.it ha cercato di capire quale futuro attende il settore.

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L’industria del cinema vale 6,6 miliardi di euro

Secondo un’indagine della Rome Business School, datata novembre 2024, l’industria cinematografica e audiovisiva italiana conta 10.968 imprese attive e oltre 60 mila occupati (secondo Anica oggi il settore conta oltre 100 mila addetti). Nonostante le produzioni si concentrino maggiormente a Roma (23,3%), Milano (16,6%), Torino (3,4%) e Napoli (3,3%), il comparto genera un valore aggiunto pari a 6,59 miliardi di euro e dà un contributo significativo non solo all’economia del nostro Paese ma anche al turismo e alla internazionalizzazione delle sue bellezze e delle sue eccellenze.

Nel 2024 si sono registrati incassi per 493 milioni di euro per un numero di presenze pari a circa 69.7 milioni di biglietti venduti.  Anche il 2025 sembra essere iniziato sotto i migliori auspici perché ha confermato la rinnovata vitalità del mercato cinematografico italiano, capace di attrarre un pubblico sempre più giovane e diversificato.

L’Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e digitali (Anica) ha scelto di non intervenire sul tax credit, ma attraverso il suo presidente, Alessandro Usai, ribadisce con forza che quello del cinema è un comparto industriale a tutti gli effetti “che produce ricchezza e cultura e che va tutelato e valorizzato”. Televisione, piattaforme digitali, home video: perché il cinema continua ad avere una marcia in più? “Il cinema – spiega Usai – ha dimostrato la capacità di eventizzare il prodotto come nessun altro canale. Sta vivendo un momento di riscossa importante, dimostrando per l’ennesima volta una resilienza superiore alle tante sentenze di morte annunciata di cui è stato nei decenni destinatario”.

Come funziona il tax credit per il cinema

I dati del MiC (Direzione generale Cinema e audiovisivo) ci dicono che dal 2019 al 2023, su 1.354 opere (film e documentari) che hanno ottenuto il credito d’imposta, 598 non sono mai uscite in sala (44%). Negli ultimi anni il tax credit nel cinema è costato qualcosa come 600 milioni di euro l’anno.

Il credito di imposta nasce col preciso intento di aiutare registi e produttori a fare i conti con il loro peggiore incubo: il budget. Come? Dando loro la possibilità di poter compensare, con imposte fiscali e previdenziali dovute, parte delle spese sostenute per la realizzazione di un film o di un documentario. L’aliquota può variare tra il 30 ed il 40% dei costi sostenuti per lo sviluppo, la produzione, la distribuzione nazionale e internazionale di film, opere tv, opere web, videogiochi e per l’apertura o ristrutturazione di sale cinematografiche, per i costi di funzionamento delle sale cinematografiche e per le industrie tecniche.

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Attorno a questi finanziamenti è stato costruito un sistema che l’Esecutivo a trazione FdI non ha esitato a definire “scandaloso” alla luce di pesanti sospetti sulla trasparenza e correttezza delle procedure di assegnazione dei contributi, culminati nell’amara scoperta di un finanziamento pubblico da 863 mila euro concesso a Francis Kaufmann, fantomatico regista accusato della morte della compagna russa e della loro figlia, trovate senza vita a Villa Pamphili a Roma. Un episodio che ha scosso e indignato l’opinione pubblica e che ha fatto scattare un’azione ispettiva capillare svolta in collaborazione con la Guardia di finanza e finalizzata ad accertare la correttezza nell’utilizzo delle risorse pubbliche destinate ad opere audiovisive.

Cinema italiano, pesa la cultura del favore ma dal digitale nuove opportunità per i giovani

“Fin quando continuerà a rincorrere i soldi dello Stato e ad alimentare l’odiosa mentalità che punta a favorire i soliti noti, gli amici degli amici, senza premiare il merito, senza valorizzare i giovani, il cinema italiano non avrà futuro né speranza”. Una considerazione amara ma piena di consapevolezza quella di Elio Sofia, costretto a lasciare il proprio Paese e a realizzare negli Stati Uniti il sogno di lavorare in un set cinematografico.

Regista di documentari cinematografici, Sofia dieci anni fa ha vinto il Taormina Film Festival con “L’ultimo metro di pellicola” e quest’anno è stato premiato al Festival della Fiction di Matera per una docu-serie intitolata Italian Cinematographer che in sei episodi racconta il rapporto che i direttori della fotografia italiana, uno per episodio, hanno con i registi con cui hanno lavorato, tra cui Argento e Ozpetek.

Elio Sofia descrive il suo lavoro come “capacità di dare visione alla scrittura”. Ma quale potenziale arriva al settore dalla digitalizzazione che ha modificato il processo di trasformazione delle parole in immagini? “Rispetto a dieci anni fa – spiega – oggi ci sono più possibilità per i giovani che vogliono intraprendere una carriera nel cinema e restare nel nostro Paese grazie ad una maggiore accessibilità ai mezzi per girare ad una qualità decisamente elevata. I content creator e la comunicazione social hanno raggiunto livelli tali che si possono intraprendere percorsi di comunicazione di alto profilo ed economicamente appaganti. Il cinema e la tv sono un’altra cosa ma i giovani di oggi possono sperimentare altre forme di narrazione”.

Tax credit nel cinema, Italia e USA a confronto

“Mi sono trasferito nel 2018 in America, per me una seconda casa – racconta Sofia al nostro giornale -. Avevo provato a coltivare la mia passione in Italia, ma mi sono scontrato con l’impossibilità di fare squadra e di lavorare per un fine più grande e più importante”.  Il regista si riferisce alla capacità di credere e di partecipare in modo collettivo a un progetto culturale, ma anche di business.

Una differenza di visione, un vero e proprio gap culturale rispetto agli USA: “Qui – spiega – il talento di qualcuno può diventare il successo di molti. Il merito e il lavoro duro vengono premiati, o quanto meno considerati. E questa è stata la leva che mi ha portato a lasciare la mia comfort zone. Mentre in Italia, guardando al mio primo documentario tutti mi dicevano “Bravo”, in America mi dicevano: “Bravo, come posso aiutarti?”.

Un sistema, quello italiano, che spesso lo ha penalizzato: “In Italia ho lavorato come assistente di regia, senza contratto e con pseudo produttori che non avevano accesso a fondi pubblici. Mi devono ancora pagare”, racconta. “In America, invece, c’è un sistema di finanziamento pubblico molto più limitato per cui lì il fallimento tiene in panchina per molto tempo il regista che di quel fallimento si è macchiato. In Italia il fallimento si premia o sul fallimento, peggio ancora, si tace”, conclude Sofia.

Abusi e utilizzi impropri, arriva la stretta sul tax credit: quali rischi per il settore

Abusi e utilizzi impropri del tax credit nel cinema rischiano adesso di penalizzare un settore che dopo aver patito la batosta del lockdown, sembrava fosse in procinto di riprendersi dal drammatico calo di presenze registrato nelle sale cinematografiche. Una crisi che il tax credit aveva certamente contribuito a contenere.

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Adesso le cose potrebbero cambiare radicalmente: i rubinetti del tax credit nel cinema si stanno chiudendo e a rischio è tutta la filiera produttiva che ruota attorno alle produzioni cinematografiche. I controlli serrati hanno già prodotto la revoca di 66 milioni di euro di credito d’imposta precedentemente concessi a produzioni cinematografiche. Ma non finisce qui, parola del MiC che ha già annunciato di non aver approvato richieste di credito d’imposta per ulteriori 22 milioni di euro.

Un futuro senza tax credit nel cinema è possibile? Serve un cambio di mentalità

La docu-serie intitolata Italian Cinematographer, premiata quest’anno al Festival della fiction di Matera, è l’ultima fatica del regista Elio Sofia. Un progetto ha avuto il sostegno del MiC atttraverso un finanziamento alla produzione “perché è stato riconosciuto l’alto valore culturale del progetto”, ci racconta. Girato a Cinecittà, la casa del cinema italiano. Una piccola parte, invece, è stata girata a Parigi.

“Ho provato a tornare in Italia, a Roma – spiega il regista – era il 2023,il periodo in cui sono iniziati i problemi con i contributi pubblici legati al cosiddetto tax credit nel cinema. Il settore si era praticamente bloccato tra forti proteste degli addetti ai lavori”. E qui sta la differenza col sistema americano: “In Italia il settore è sovvenzionato, tenuto in vita dallo Stato. Non esistono più produttori che rischiano, che mettono mano al proprio portafoglio per produrre cinema in Italia perché sanno di poter contare sul sostegno pubblico. La scommessa del privato non esiste più nel nostro Paese. Non esistono più figure come Carlo Ponti, Dino de Laurentis, come i Rizzoli. C’è una corsa a spremere lo Stato”.

La contestazione tout court della scelta operata dal MiC? Sofia non la condivide. Secondo lui una siamo di fronte ad un problema molto serio: “Una riorganizzazione del sistema è necessaria per tagliare tutti quelli che non sono progetti di qualità”, conclude.



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