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chiarimenti inediti del Consiglio di Stato


Respingendo il ricorso di un operatore e riformando la sentenza del Tar Milano, la sez. IV del Consiglio di Stato con pronuncia 6466/2025 esclude che l’adeguamento prezzi sia un diritto dell’operatore ancorato al sistema tariffario MTR. Ovvero un gestore che ha vinto una gara non può chiedere la applicazione dell’aggiornamento prezzi previsto dal Metodo Tariffario, ma solo quello previsto eventualmente nella gara o nel codice degli appalti.

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Il Consiglio di Stato chiarisce infatti che il sistema di calcolo ARERA (MTR) è funzionale solo a fissare il price cap della TARI e non il corrispettivo contrattuale del servizio e che le delibera ARERA non eterointegra il contratto. Un chiarimento “esplosivo” e devastante rispetto alla complessiva architettura della regolazione ARERA del settore.

Da un lato infatti è vero che la gestione dei rifiuti urbani è caratterizzata da un disegno “triangolare”, per cui il Comune decide e riscuote la TARI (laddove non c’è la tariffa puntuale), e eroga separatamente il corrispettivo al proprio gestore, ovvero il gestore non riscuote direttamente la tariffa come nel caso dell’acqua e dell’energia.

Ma è anche vero che nel rispetto del principio chi inquina paga e del full cost recovery la tassa rifiuti deve essere considerata tassa di scopo, finalizzata alla copertura del costo della gestione e non altro. Non a caso il Metodo tariffario si basa sui costi dei gestori come criterio di calcolo. Separare le due cose non ha alcun senso anche perché si generebbe una situazione assurda: un comune aggiudica una gara a valori più bassi del metodo tariffario, ma applica la TARI secondo il metodo riscuotendo una somma superiore a quella che versa al gestore, quindi finisce per guadagnarci… una cosa incredibile.

Il Consiglio di Stato infatti precisa: il rischio di impresa anche in termini di remunerazione del capitale è dell’aggiudicatario e che ben può la PA riservare a sé (e alla collettività) i maggiori incassi del sistema tariffario. Un ragionamento che non coglie la sostanza del meccanismo di regolazione del settore rifiuti, del resto esattamente analogo nei principi generali a quello adottato nel servizio idrico o di distribuzione dell’energia.

Certo una soluzione al problema è passare rapidamente al regime di tariffazione puntuale corrispettiva, riscossa direttamente dal gestore del servizio. Ma si tratta di una transizione che necessita di molti anni e probabilmente non sarà seguita da tutti.

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Necessario quindi che ARERA chiarisca che il Metodo tariffario che approva (in fase di pubblicazione MTR3 in vigore dal 2026) seve a regolare i corrispettivi dei gestori e non la TARI, da considerare tassa di scopo indiretta.

Nel frattempo la sentenza è destinata a generare molti problemi nei molti casi di operatori che hanno vinto una gara, hanno subito gli effetti inflattivi degli ultimi 2/3 anni, e non trovano copertura nei corrispettivi fissati al momento della aggiudicazione. Un problema che potrebbe essere esplosivo nel settore.





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