Il Consiglio dei Ministri ha approvato un provvedimento che non recepisce la direttiva europea EPBD, nota come “Case green”. ARSE, Coordinamento FREE, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF hanno definito la scelta “un passo indietro per ambiente e innovazione”, sottolineando che l’esclusione della direttiva dalla legge di delegazione europea mette a rischio il rispetto delle scadenze fissate da Bruxelles, con la presentazione del primo piano attuativo prevista per dicembre 2025 e la versione definitiva entro maggio 2026.
Secondo le associazioni, questa decisione potrebbe far perdere al Paese opportunità importanti legate alla riqualificazione del patrimonio edilizio e alla creazione di nuovi posti di lavoro, oltre a esporlo a una possibile procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea. Il mancato recepimento rischia anche di rallentare i progressi verso edifici più efficienti, bollette meno onerose e una reale riduzione delle emissioni.
LE RICHIESTE DELLE ORGANIZZAZIONI
Le sei organizzazioni chiedono all’Esecutivo un’assunzione di responsabilità immediata, con l’elaborazione di un piano nazionale di riqualificazione che includa interventi strutturali di ristrutturazione, efficientamento e rigenerazione urbana. L’Italia, sostengono, dovrebbe porsi come esempio positivo accelerando la decarbonizzazione del settore edilizio e garantendo strumenti economici e normativi per supportare famiglie e imprese negli interventi richiesti.
La direttiva “Case green” è stata pensata per ridurre le emissioni, migliorare le prestazioni energetiche degli edifici e diminuire i costi energetici dei cittadini, contribuendo anche a contrastare la povertà energetica. Ritardarne l’applicazione significherebbe rinunciare non solo a un miglioramento ambientale, ma anche alle opportunità economiche legate alla crescita di un settore edilizio più innovativo e sostenibile.
LE CRITICHE E I NUMERI IN GIOCO
Nella nota congiunta le associazioni hanno evidenziato come l’esclusione della direttiva “non faccia bene alla transizione energetica edilizia, alla lotta alla crisi climatica e ai cittadini che chiedono di vivere meglio e spendere meno in bolletta”. Hanno anche richiamato le dichiarazioni di vari esponenti del Governo, intenzionati a proporre modifiche alla direttiva in sede europea: una posizione che, secondo gli ambientalisti, rischia di mantenere le famiglie dipendenti dal gas fossile e quindi esposte a costi energetici più elevati.
In Italia sarà necessario intervenire su oltre 9,7 milioni di edifici attualmente in classe E, F o G, pari a circa il 75% del patrimonio residenziale. Il loro efficientamento permetterebbe di ridurre le emissioni di CO₂ di oltre 14 milioni di tonnellate. La direttiva stabilisce inoltre una riduzione dei consumi degli edifici residenziali, rispetto al 2020, di almeno il 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, con oltre la metà di questo risultato da ottenere intervenendo sul 44% degli immobili meno efficienti.
Le organizzazioni ricordano infine che gli obblighi climatici sono stati ribaditi anche dalla Corte Internazionale di Giustizia e che, dopo l’ordinanza della Cassazione sul caso Greenpeace e ReCommon, in Italia è possibile avviare azioni legali contro le aziende inquinanti.
COSA � LA DIRETTIVA CASE GREEN
La direttiva europea “Case green” fissa obiettivi vincolanti per rendere gli edifici meno energivori, ridurre le emissioni e favorire l’uso delle fonti rinnovabili. Stabilisce che tutti i nuovi immobili dovranno essere a emissioni zero e dotati di pannelli solari dal 2028, mentre quelli esistenti dovranno raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e la classe D entro il 2033, con scadenze più ravvicinate per gli edifici pubblici.
Il provvedimento prevede inoltre il divieto di installare nuovi sistemi di riscaldamento a combustibili fossili a partire dal 2035 e la fine degli incentivi per le caldaie a metano già dal 2025. Inserita tra le misure del Green Deal europeo, la direttiva rientra nel percorso che punta a ridurre del 55% le emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Ogni Stato membro dovrà predisporre un piano nazionale di ristrutturazione con regimi di sostegno economico e punti di informazione dedicati, destinando priorità agli immobili più energivori e alle famiglie vulnerabili.
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