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Maserot, il cuore green del Bellunese: dai rifiuti all’energia per le comunità


Ripensare strutture e beni pubblici come risorse energetiche. È l’obiettivo al centro del convegno tecnico ospitato a Santa Giustina, promosso dal Centro Studi Bellunese e organizzato dalla Provincia di Belluno su mandato della Regione Veneto, Dolomiti Ambiente, CER Dolomiti e Consiglio di Bacino Dolomiti.

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Fiore all’occhiello dell’incontro, il progetto di valorizzazione dell’impianto di Maserot per la produzione di energia rinnovabile. Francesco De Bettin, presidente di DBA Group, ha illustrato un sistema capace di intercettare le sovrapproduzioni elettriche delle comunità energetiche locali e trasformarle in biometano e biometanolo da utilizzare nei trasporti pubblici e nella raccolta rifiuti: «Il Maserot può essere il soggetto integratore di produzioni da parte di tutte le comunità energetiche rinnovabili ed in particolare della comunità energetica rinnovabile Dolomiti andando a catturare le sovrapproduzioni elettriche che durante la giornata si realizzano rispetto all’autoconsumo».

Quelli che oggi sono considerati scarti di energia da fonti rinnovabili, «e sono molti secondo i nostri calcoli», afferma De Bettin, saranno sfruttati al Maserot per purificare il biogas che già viene prodotto ottenendo biometano puro e biometanolo. Quest’ultimo può essere utilizzato come combustibile per alimentare per esempio i mezzi del trasporto pubblico locale o i mezzi per la raccolta dei rifiuti. «Quindi è un progetto circolare, completo, di ingegneria circolare, di economia sostenibile», sottolinea De Bettin, secondo cui «ci sarebbero tutte le condizioni per mettere a reddito attività oggi separate, ma che se incatenate tra loro renderebbero questa provincia quasi autonoma dal punto di vista energetico, abbattendo i costi molto elevati che oggi deve affrontare».

Un progetto su cui punta molto anche la Provincia di Belluno, convinta, ha detto il consigliere Simone Deola delle opportunità offerte dalla possibilità di produrre energia rinnovabile e biocombustibili in una struttura pronta per farlo e nella piena disponibilità pubblica, come il Maserot. Un modo, sottolinea Deola, anche per rafforzare il ruolo degli enti pubblici e la possibilità di garantire servizi più efficienti a cittadini e imprese.

Inoltre, l’energia rinnovabile prodotta potrà essere messa a disposizione della CER perché, come ha spiegato Matteo Zulianello di RSE spa, le novità del recente decreto bollette consentono anche alle società partecipate dal pubblico di fare parte delle Comunità energetiche, purché rispettino i criteri delle piccole e medie imprese.

Proprio le Comunità energetiche sono l’innovazione normativa che consente di ottenere l’autonomia energetica, utilizzando una varietà di fonti, come rimarcato da Maria Vittoria Benzon che ha incentrato su questo tema la sua tesi di laurea. Dagli acquedotti alle discariche dismesse, oltre ovviamente alle coperture degli edifici, agli impianti a biomasse e alle possibilità offerte dal mini-idroelettrico ad acqua fluente, sono numerose le opportunità per alimentare le Comunità energetiche rinnovabili con piccole produzioni.

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«Provincia e Comuni devono dotarsi di una strategia di medio lungo periodo», ha affermato il presidente del Centro Studi Bellunese, Giovanni Piccoli, «perché questa è una partita che ha le potenzialità di garantire lo sviluppo in particolare delle terre alte».

L’acqua rimane in molti casi, specie in zone montane, la fonte privilegiata per la produzione di energia elettrica rinnovabile. Lo ha ricordato Paolo Taglioli direttore generale di Assoidroelettrica evidenziando che vi sono valli del territorio bellunese ove, se non esclusa, è molto ridotta la possibilità di produzione con altre fonti rinnovabili. Il territorio evidenzia possibilità di produzione da micro e mini-impianti idroelettrici con applicazioni particolari quali, ad esempio, scarichi di impianti esistenti, soglie trasversali presenti lungo i corsi d’acqua con finalità di stabilizzazione del fondo, concrete possibilità di potenziamento di impianti esistenti. Si tratta di applicazioni a impatto minimo o nullo, che restituiscono ai corsi d’acqua tutta l’acqua utilizzata e da perseguire in condivisione pubblico – privata nella logica di fornire alla Comunità Energetica l’energia prodotta dagli impianti.

In definitiva, ha affermato Piccoli, «si tratta di predisporre piani operativi che permettano di attuare la realizzazione di micro-impianti ed è necessario che gli enti di governo d’Ambito Idrico definiscano i propri programmi tenendo conto delle possibilità di produzione elettrica con riguardo a benefici territoriali di insieme».​



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