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Il rischio delle stablecoin nell’UE. Dalla crescita esponenziale alla necessità di una cornice normativa « LMF Lamiafinanza


Stablecoin e rischio sistemico: l’UE di fronte alla sfida della regolamentazione delle criptovalute ancorate

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Nate come risposta alla volatilità estrema delle criptovalute tradizionali, le stablecoin si sono rapidamente imposte come uno dei segmenti più dinamici del mercato digitale. La loro caratteristica distintiva – l’ancoraggio a un asset “stabile” come una valuta fiat (euro, dollaro), materie prime o altri strumenti finanziari – ne ha fatto una soluzione attraente per utenti e investitori, offrendo velocità, costi contenuti e affidabilità apparente nelle transazioni. Ma dietro questa promessa di stabilità si nasconde un potenziale rischio sistemico per i mercati finanziari, soprattutto in un contesto come quello europeo, dove la regolamentazione resta in gran parte frammentaria e incompleta.

Crescita senza rete: il nodo regolamentare delle stablecoin

Negli ultimi anni, le stablecoin hanno visto una diffusione crescente anche nell’Unione Europea. Il loro utilizzo va dall’uso quotidiano per pagamenti e trasferimenti internazionali fino a impieghi più speculativi nei mercati decentralizzati. Secondo uno studio della Bank for International Settlements, il volume di transazioni in stablecoin nel mondo ha superato i 7.000 miliardi di dollari nel 2023, con una crescita annua del 44%. In Europa, l’interesse è trainato anche dalle sfide dell’inclusione finanziaria, della digitalizzazione monetaria e dall’attenzione sempre maggiore verso le valute digitali delle banche centrali.

Tuttavia, questa corsa all’adozione avviene in assenza di una cornice regolatoria armonizzata. Le stablecoin sfuggono spesso al controllo delle banche centrali e operano al di fuori dei circuiti finanziari tradizionali, rendendo difficile monitorare riserve, flussi di capitale e rischi legati alla solvibilità degli emittenti. Alcune emittenti, ad esempio, non garantiscono trasparenza sulla composizione delle riserve, alimentando dubbi sulla reale capacità di onorare la parità con l’asset di riferimento. Un buco normativo che lascia l’Europa esposta a crisi di fiducia potenzialmente sistemiche.

MiCA: una risposta in costruzione

La Commissione Europea ha mosso i primi passi per colmare il gap normativo con il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets), approvato formalmente nel 2023 e in fase di implementazione entro il 2025. Il MiCA rappresenta il primo tentativo organico di disciplinare l’intero ecosistema cripto a livello comunitario, con l’obiettivo di creare un mercato unico dei criptoasset e rafforzare la protezione degli investitori. Al suo interno, dedica una parte rilevante proprio alle stablecoin (classificate come asset-referenced tokens e e-money tokens), imponendo obblighi di licenza, requisiti patrimoniali e trasparenza sulle riserve.

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Tuttavia, diversi esperti segnalano come l’applicazione effettiva del MiCA richiederà tempo e coordinamento tra Stati membri. Alcuni Paesi, come la Germania e la Francia, hanno già attivato autorità di vigilanza dedicate, mentre altri sono in ritardo. Questo crea pericolose asimmetrie normative e zone d’ombra in cui le stablecoin possono proliferare senza controlli. Inoltre, il MiCA, pur ponendo solide basi, dovrà evolversi rapidamente per tenere il passo con un settore in perenne trasformazione.

Il pericolo di una destabilizzazione monetaria

Oltre ai rischi legati alla trasparenza, le stablecoin pongono una sfida diretta alle politiche monetarie europee. Se il loro utilizzo si estendesse ai pagamenti quotidiani o all’intermediazione del risparmio, le banche centrali potrebbero perdere parte del controllo sulla massa monetaria in circolazione. Questo indebolirebbe l’efficacia delle politiche su inflazione e tassi d’interesse, compromettendo la stabilità finanziaria. Anche il settore bancario potrebbe subire contraccolpi: il trasferimento massivo di fondi verso stablecoin gestite da operatori privati potrebbe drenare depositi dagli istituti tradizionali, riducendo la capacità di erogare credito all’economia reale.

Un report della Banca Centrale Europea (BCE) pubblicato a gennaio 2025 avverte che “un’adozione disordinata delle stablecoin su larga scala può minare l’autonomia monetaria degli Stati membri e aumentare la vulnerabilità a crisi di liquidità nei mercati finanziari”.

Trasparenza, educazione e supervisione: le leve per un mercato sano

Quali soluzioni, dunque? Secondo gli analisti, è necessario adottare una strategia multilivello. In primis, occorre rafforzare i requisiti patrimoniali per gli emittenti, imponendo l’obbligo di detenere riserve liquide e facilmente accessibili. Altrettanto importante è l’introduzione di obblighi di trasparenza: i progetti di stablecoin dovrebbero pubblicare audit indipendenti, bilanci regolari e la composizione dettagliata delle riserve. In secondo luogo, serve una supervisione centralizzata, magari affidata all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), per evitare disparità tra giurisdizioni e monitorare comportamenti illeciti.

Ma un tassello spesso sottovalutato è la formazione dei consumatori: in assenza di una reale consapevolezza dei rischi, gli utenti possono cadere nella falsa percezione che una stablecoin sia priva di rischi, proprio perché “stabile”. Programmi educativi e campagne di informazione potrebbero ridurre l’esposizione inconsapevole a strumenti non regolamentati.

Infine, come sottolineato da un recente rapporto del Parlamento Europeo, è fondamentale costruire un meccanismo di aggiornamento normativo flessibile, capace di adattarsi alla velocità con cui il settore cripto evolve.

Perché l’Europa non può più rimandare

Le stablecoin rappresentano una delle frontiere più promettenti (e insidiose) dell’innovazione finanziaria. Il loro potenziale va gestito con intelligenza, senza cedere né a derive proibizioniste né a eccessi di liberalismo. Per l’Unione Europea, la sfida è ora costruire una regolamentazione che non soffochi lo sviluppo del settore ma che garantisca ordine, trasparenza e sicurezza.

Solo così l’Europa potrà presidiare un segmento strategico della finanza digitale globale, offrendo un modello di equilibrio tra libertà d’innovazione e responsabilità pubblica. E trasformando una minaccia in opportunità.

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