La vita è fatta di confronti, tanto quanto si tratta di decidere che scarpe indossare o cosa mangiare a pranzo, quanto in tema di investimenti. Prendiamo il caso di due strumenti finanziari con tratti in comune ed altri divergenti.
Ad esempio, investire a 10 anni sul BTP cedola 3,65% o sul buono fruttifero postale a tassi crescenti? Come districarsi al meglio? Non esiste risposta certa e univoca quanto invece la soluzione più adatta alle specifiche esigenze del singolo risparmiatore.
Il titolo di Stato con interessi annui lordi fissi e costanti
Immaginiamo un timeframe decennale e il desiderio di investire in strumenti appartenenti al perimetro del reddito fisso a garanzia sovrana. Fissata una scadenza a 10 anni, facciamo un raffronto tra il classico BTP emesso dal Dipartimento del Tesoro MEF e il buono sottoscritto alle Poste ma emesso da CDP.
Il BTP con matricola ISIN IT0005631590 è un decennale giovanissimo considerato che è nato il 15 gennaio di quest’anno mentre ha data scadenza 01/08/’35. Al collocamento sindacato dell’8 gennaio il MEF piazzò i primi 13 mld di € di debito contro una richiesta monstre di quasi 144,6 mld di €. La cedola è del 3,65% (1,825% ogni 6 mesi), il 3,19375% netto, con date stacco al 1° agosto e 1° febbraio. A gennaio il rendimento esitato fu maggiore al nominale e pari al 3,733% a fronte di un prezzo di aggiudicazione a 99,577.
Rendimento del BTP Fx3,65% Aug35
Mercoledì l’obbligazione ha chiuso le contrattazioni a 101,64 per un rendimento effettivo a scadenza del 3,42% (dati: Borsa Italiana), inferiore al nominale. Nei suoi primi 7 mesi di vita il minimo segnato sul MOT è stato a 96,96 (marzo) e il massimo a 102,37 (giugno). Ora, scenderanno di nuovo i corsi a beneficio dello yield effettivo a scadenza o il mercato li comprimerà ancora?
Difficile rispondere. Da un lato c’è che lo spread si è già contratto tanto e che il grosso dei tagli la BCE l’ha già operato, ma ne sarebbero attesi degli altri. Dall’altro c’è che il BTP ha ancora tutta la vita davanti mentre aspettative future sull’inflazione non sono proprio così rosee, anzi. Infine il bond ha una duration modificata dell’8,09, per cui tra 2-3 anni potrebbe prezzare 107 come pure 97, per esempio.
Di sicuro più si ottimizza il prezzo di carico e maggiori saranno le probabilità di portare a casa, a scadenza, un rendimento effettivo reale positivo.
Investire per proteggere il capitale dall’inflazione
Il concetto di ritorno reale chiama in causa l’inflazione del periodo in cui si tiene in vita un dato investimento. In pratica dal lordo si tolgono le tasse (ritenuta e imposta di bollo), le spese di gestione bancarie del prodotto e la perdita di potere d’acquisto di periodo.
Se lo strumento è del tipo a tassi fissi e costanti, i calcoli andranno fatti a scadenza o al tempo del disinvestimento, a inflazione già acquisita. Riprendiamo il BTP Fx3,65% Aug35 e facciamo alcune simulazioni. Da un lato immaginiamo 3 rendimenti effettivi annui lordi a scadenza, tipo 3,00%, 3,45% e 3,90%, e 3 inflazioni medie a 10 anni tipo 1,3%, 2,3% e 3,3%. Siamo stati troppo larghi o troppo stretti con le stime del rialzo dei prezzi futuri?
La risposta l’avremo anche noi ad agosto 2035, ma è evidente che maggiore sarà lo yield in acquisto e più alta la probabilità di conseguire un effettivo reale positivo. Il resto lo farà l’inflazione prossima a venire: più bassa sarà, più ricco risulterà l’effettivo reale a scadenza e viceversa, e negativo nei casi peggiori.
Investire a 10 anni sul BTP cedola 3,65% o sul buono fruttifero postale a tassi crescenti?
Per essere già sicuri a priori di un ritorno effettivo reale, sul mercato ci sono prodotti il cui rendimento è direttamente agganciato al costo della vita. Si tratta di strumenti sui quali l’emittente riconosce un certo tasso noto a priori e in più rivaluta il capitale al costo della vita intervenuta nel frangente.
Tra questi consideriamo il buono indicizzato all’inflazione italiana, diverso nella struttura dal BTP Italia o BTP€i ma simile nelle finalità. Il titolo ha una durata di 10 anni ed è pensato per proteggere il capitale investito con un rendimento legato all’andamento dell’inflazione nazionale. Nello specifico, riconosce un rendimento annuo a scadenza dello 0,60% lordo, più un extra rendimento variabile in base alle dinamiche del carovita nel Belpaese.
L’emittente apre al rimborso anticipato totale o parziale del buono in qualsiasi momento e, dopo 18 mesi dall’acquisto, riconosce anche gli interessi maturati. I tassi annui lordi della serie numero “IL110A240307” sono fissi e crescenti (step-up) e pari allo 0,25% il 1° e 2° anno, allo 0,35% il 3° e 4° e allo 0,45% il 5°. Ancora, allo 0,50% il 6° anno, allo 0,70% il 7°, e infine allo 0,90%, l’1,00% e l’1,25% nel, rispettivamente, l’8°, il 9° e il 10°.
Al riguardo la Tabella B di cui ai Fogli Informativi illustra i coefficienti fissi (lordo e netto) per il calcolo dell’importo minimo dovuto alla scadenza di ogni bimestre a partire dal giorno dell’acquisto.
La successiva Tabella C, infine, mostra 5 esempi di ipotetici tassi annui di rendimento effettivo a scadenza in base a diversi scenari di inflazione. Consideriamone uno per tutti, quello intermedio tra i 5 proposti dall’emittente il cui tasso di inflazione annuo medio implicito è del 2,00%.
Stante questa ipotesi, il coefficiente di indicizzazione a scadenza sarebbe dell’1,21899442, mentre i coefficienti complessivi finali pari all’1,29407152 lordo e all’1,25731258 netto. Infine ecco il tasso annuo di rendimento effettivo a scadenza, pari, sempre nell’ipotesi del 2% di inflazione annua media implicita, al 2,61% lordo e al 2,32% netto.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link