Secondo la Fabi, i mutui in Italia restano troppo cari nonostante il calo dei tassi Bce, a causa di margini bancari protetti. Le banche, orientate più a ricavi da commissioni che all’erogazione di credito, rallentano la trasmissione della politica monetaria
Nell’Italia del risiko bancario stile “Far west” i mutui ipotecari sono più cari di quanto dovrebbero considerata la discesa dei tassi d’interesse. E’ quanto sostiene la Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, che ha evidenziato il disallineamento tra l’attuale livello medio di mercato del Taeg (il tasso finale del prestito), che è all’incirca del 3,5 per cento e il tasso ufficiale di sconto che la Bce ha portato al 2 per cento. Ci sarebbe, secondo la Fabi, un gap dell’1,5 per cento. “Le banche a un certo punto hanno smesso di trasferire alla clientela i benefici derivanti dalla riduzione del costo del denaro preferendo preservare i margini di profitto”, osserva un rapporto dell’associazione sindacale. Il report della Fabi mostra come la curva dei mutui sia tornata a crescere a partire da giugno 2024, con i primi tagli decisi dell’Eurotower, ma poi i costi degli stessi non sono scesi come ci si poteva attendere. Va detto che si tratta di un calcolo di massima. L’Abi, l’associazione delle banche, per esempio, indica nel bollettino di giugno come il tasso medio dei nuovi mutui in Italia sia sceso al 3,17 per cento. Inoltre, bisogna tenere conto del fatto che è l’Euribor (variabile) molto più dell’Irs (fisso) a essere influenzato dai tassi Bce. Di fatto, però, il sindacato guidato da Lando Maria Sileoni pone un tema di corretto funzionamento della politica monetaria in un settore, come quello bancario, che negli ultimi tre anni ha accumulato 112 miliardi di utili netti. Come si spiega?
“Non conosco in modo approfondito la questione dei mutui – dice al Foglio Stefano Gatti, professore di finanza all’Università Bocconi – Ma di sicuro i margini di interesse delle banche da un po’ sono diventati piatti, come si vede dalle ultime rilevazioni dell’Abi, e questo potrebbe averle spinte a mettere in atto strategie di compensazione che possono essere di vario tipo. Del resto, proprio il temuto impatto sulla profittabilità dovuto alla discesa dei tassi è una delle cause scatenanti della corsa ad acquisizioni e fusioni. Peccato, però, che poi di operazioni che vanno in porto se ne vedano poche”. Ha ragione, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, quando dice che le banche dovrebbero tornare a fare il proprio mestiere? “Molte banche considerano il business dell’erogazione del credito ormai maturo – prosegue Gatti – E’ vero che hanno fatto tanti utili, ma sono sostenibili nel tempo? Perciò credo che stiano guardando altrove”. Dove? “A business che consentano di aumentare i profitti da commissioni”. E anche questa tendenza trova conferma nei dati: nel 2024 i ricavi da commissioni legate alla vendita di prodotti assicurativi e di risparmio sono aumenti del 12,5 per cento rispetto al 2023, mentre i ricavi da prestiti sono cresciuti solo del 5,7 per cento. Dunque, per quanto Giorgetti inviti le banche a erogare più credito a famiglie e imprese, il loro interesse è concentrato nel mantenimento della redditività raggiunta.
Così si potrebbe spiegare quella che la Fabi definisce “asimmetria” nei meccanismi di trasmissione della politica monetaria, che sono più rapidi nella fase di rialzo che in quella della discesa. Intanto, però, l’atteso impatto della riduzione dei tassi sui conti delle banche ancora non si vede. Come mai? “Aspettiamo che arrivino le prossime semestrali – riflette Mario Comana, ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università Luiss – Il primo trimestre di quest’anno è andato bene, ma già nel secondo si sono avvertiti i primi sintomi di volatilità a causa degli annunci sui dazi. Le prospettive economiche sono in peggioramento e questo potrebbe giustificare, ad esempio, maggior cautela nei finanziamenti alle imprese. Francamente, non mi pare ci sia tutto questo disallineamento tra i tassi centrali e le condizioni praticate dalle banche ai clienti che si stanno evolvendo in base ai normali meccanismi di mercato”. Le banche, come dice Giorgetti, danno troppi dividendi ai soci ed erogano poco credito? “Ricordiamoci che gli azionisti sono gli stessi che hanno sottoscritto dolorosi aumenti di capitale nei periodi di crisi. Ci deve pur essere un’alternanza tra dare e avere”.
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