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Teatro. Il “Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo” tra sostegno all’eccellenza e freno alla sperimentazione « LMF Lamiafinanza


La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli lancia un messaggio

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Il paradosso del FNSV – Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo – tra sostegno all’eccellenza e freno alla sperimentazione

Il nuovo triennio 2025-2027 accende il dibattito su criteri, equità e futuro della scena teatrale italiana. E il caso Pergola riapre la questione della centralità culturale dei territori.

Il Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo (FNSV) rappresenta la linfa vitale per moltissime realtà teatrali, musicali, coreutiche e multidisciplinari italiane. Istituito con la legge n. 175/2017 (cosiddetto Codice dello Spettacolo), è lo strumento principale attraverso cui il Ministero della Cultura (MiC) sostiene la produzione e la circuitazione delle arti performative. Ma se da un lato la stabilità di un finanziamento triennale dovrebbe garantire continuità progettuale e sostenibilità, dall’altro i criteri adottati per il nuovo bando 2025-2027 sollevano interrogativi profondi sul senso stesso della missione pubblica della cultura.

Il bando, pubblicato a giugno 2024, introduce una griglia di valutazione che privilegia fortemente parametri organizzativi e quantitativi: volumi di attività, numero di giornate lavorative e professionisti coinvolti, sostenibilità economica e livello di strutturazione amministrativa. In apparenza criteri neutri, ma che nella pratica favoriscono enti di grandi dimensioni, con staff amministrativi consolidati e progettualità già rodate. Le realtà emergenti, sperimentali o periferiche, quelle che spesso innovano linguaggi e forme di relazione con il pubblico, rischiano così di restare escluse o marginalizzate dal sistema.

Non a caso, nei giorni successivi alla pubblicazione del decreto, decine di operatori hanno firmato appelli e lettere aperte denunciando la mancanza di attenzione per l’innovazione artistica. Tra le voci più critiche, quella dell’Associazione C.Re.S.Co. (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea), che ha parlato di “criteri di merito che premiano l’efficienza più dell’idea”. Secondo molti osservatori, il rischio è che il FNSV si trasformi in uno strumento di cristallizzazione dell’esistente, invece che in un volano per la crescita e la diversificazione dell’offerta culturale.

Il declassamento del Teatro della Toscana

Un caso emblematico dell’impatto di queste logiche è rappresentato dal declassamento del Teatro della Toscana (con sede alla Pergola di Firenze), passato da Teatro Nazionale a Teatro di Rilevante Interesse Cittadino. Una decisione comunicata a metà luglio 2024 dal Ministero, che ha motivato la scelta con tre principali criticità: incongruenze nei documenti di bilancio, riduzione delle collaborazioni internazionali e un progetto triennale giudicato “troppo generico e privo di visione”.

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La perdita dello status di Teatro Nazionale comporta una riduzione significativa del finanziamento pubblico: si parla di oltre 2 milioni di euro in meno, con effetti immediati sulla programmazione, sulla possibilità di coproduzioni e sull’occupazione artistica e tecnica. Ma la questione non si esaurisce con le cifre: il ridimensionamento della Pergola segna anche un colpo all’immagine culturale della città di Firenze, che da secoli si propone come uno dei cuori pulsanti della scena teatrale italiana.

In una nota ufficiale, la Fondazione Teatro della Toscana ha annunciato il ricorso al TAR, definendo la decisione “lesiva della missione pubblica del teatro, costruita in decenni di lavoro” e contestando la valutazione del progetto triennale, che secondo la direzione avrebbe invece puntato sulla creazione di un hub europeo di formazione e innovazione artistica.

Il caso Pergola è solo la punta dell’iceberg. Dietro questa scelta si intravede una tensione più ampia, quella tra modelli culturali diversi: da un lato la valorizzazione della progettualità, dell’audience development e della sperimentazione; dall’altro l’efficientismo numerico, che spinge verso la standardizzazione e premia la tenuta strutturale più della spinta creativa.

Non solo la Toscana

La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli segnala anche altri casi: tra i festival esclusi dai finanziamenti figurano Conformazioni (Palermo), Tendance (Latina) e Spazio Danza (Cagliari). Anche il dimezzamento opaco del punteggio del Festival di Santarcangelo nel bando FNSV 2025-2027 è stato visto come un segnale politico contro il pluralismo culturale.

Al Ministero della Cultura mancano 175 nomine dirigenziali, molti uffici sono senza guida e i fondi, soprattutto quelli destinati al Sud, restano bloccati, denuncia Valeria Giunta, coordinatrice nazionale della Fp Cgil Mic. Secondo questa fonte, la gestione è affidata a dirigenti senza competenze specifiche, mentre professionisti dei beni culturali restano precari o sottoutilizzati.

Un’inchiesta del 2023 di Internazionale sui lavoratori del settore culturale in Italia rivelava una realtà di salari bassi, contratti precari e frammentati, nonostante l’elevata specializzazione e responsabilità del personale.

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Il valore trasformativo dell’arte

In molti si interrogano oggi su quale idea di cultura stia alla base dei criteri del FNSV. È legittimo che il denaro pubblico venga assegnato con trasparenza e secondo principi di efficienza. Ma è altrettanto fondamentale che lo Stato riconosca il valore trasformativo dell’arte, anche (e soprattutto) quando questa esce dai binari più prevedibili. In un momento storico in cui la partecipazione culturale vive una fase di crisi – secondo il report ISTAT 2024 solo il 26% degli italiani ha frequentato spettacoli teatrali negli ultimi 12 mesi – sostenere la ricerca artistica e le esperienze territoriali non convenzionali non è un vezzo, ma un’urgenza.

Occorre allora ripensare il FNSV non solo come meccanismo di distribuzione delle risorse, ma come leva per una politica culturale lungimirante e inclusiva. Aprire spazi di sperimentazione, prevedere quote dedicate a progetti under 35, riconoscere il valore delle buone pratiche educative e sociali, favorire la mobilità internazionale e il radicamento nei territori: sono queste le sfide che attendono il prossimo triennio.

Perché la cultura non può essere solo valutata in numeri. Deve anche saper sorprendere, disturbare, inventare. E per farlo, ha bisogno di fiducia.



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