La Cassazione considera assoggettabili ad IVA gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, che le imprese fornitrici dell’energia addebitano agli utenti, maggiorando in pari misura il prezzo delle loro forniture e riversandone per conto di questi ultimi l’esatto ammontare alla Cassa per i servizi energetici e ambientali. Il caso tocca, oltre ai privati consumatori, anche le imprese che, esercitando attività esenti da IVA, non hanno diritto o hanno diritto limitato alla detrazione dell’imposta, nonché le amministrazioni locali che erogano servizi indivisibili alla generalità dei cittadini. La Cassazione pare voler chiudere in modo fin troppo repentino un vasto contenzioso che è durato diversi anni ed ha avuto vicende alterne nei gradi di merito, sostenendo una linea che pare rispondere alla “ragion di Stato” e che legittima l’applicazione di una “imposta sull’imposta”, in violazione del principio costituzionale della capacità contributiva e dei princìpi europei in materia di IVA. Ma la questione è tutt’altro che risolta…
Il caso esaminato dalla sentenza tocca, oltre ai privati consumatori, anche le imprese (banche, assicurazioni, case di cura) che, esercitando attività esenti dall’imposta, non hanno diritto o hanno diritto limitato alla detrazione dell’IVA, nonché le amministrazioni locali che erogano servizi indivisibili alla generalità dei cittadini (che, come i consumatori finali, subiscono l’onere dell’IVA).
Non è dato sapere se i Giudici di Piazza Cavour, nel decidere la controversia, abbiano considerato l’impatto sul gettito IVA che avrebbe avuto una pronuncia in senso favorevole ai contribuenti. Sta di fatto che la sentenza pare voler chiudere in modo fin troppo repentino un vasto contenzioso che è durato diversi anni ed ha avuto vicende alterne nei gradi di merito, sostenendo una linea che pare rispondere alla “ragion di Stato” e che legittima l’applicazione di una “imposta sull’imposta” in violazione del principio costituzionale della capacità contributiva e dei princìpi europei in materia di IVA.
Tutti i punti sopra evidenziati meritano una ferma smentita.
In primo luogo, la stessa Corte di Cassazione riconosce che la “maggiorazione” costituita dagli OGSE, pur non confluendo nella “fiscalità generale”, rimane comunque volta “a soddisfare gli specifici e diversificati interessi dei soli soggetti che a quel ristretto sistema di erogazione energetica senz’altro partecipano” ed è strumentale “a consentire la salvaguardia della regolarità, economicità e funzionalità del servizio richiesto dai consumatori”. Ma già parlare di “fiscalità generale” costituisce implicito riconoscimento di una fiscalità di natura diversa (“particolare”, “locale”?) e, di conseguenza, aver escluso gli OGSE dall’area della “fiscalità generale” non può comportare la loro completa esclusione dal più ampio sistema dei prelievi coattivi di ricchezza destinati a finalità di interesse generale.
Ai fini del corretto inquadramento dei prelievi in esame va posta attenzione più alla concreta disciplina del rapporto giuridico sottostante che alla loro formale denominazione, spesso influenzata dall’intento di evitare l’impatto politico-sociale di termini come “imposta” o “tassa”, sostituendolo con terminologie più concilianti. Ad esempio, i contributi dovuti alle Regioni per l’iscrizione ai corsi universitari rientrano senz’altro nello schema della “tassa” e, pur rendendosi dovuti solo a seguito dell’iscrizione, configurano comunque il concorso solidaristico degli studenti. Lo stesso ragionamento può essere fatto per le tasse portuali in cui, probabilmente, l’esistenza di una controprestazione è altrettanto più evidente.
L’aspetto che, nella ricostruzione della Corte di cassazione, pare assumere centralità (e che va parimenti criticato) è però costituito dal fatto che, secondo la Corte, “gli OGdS si configurano, in nuce, alla stregua di componenti tariffarie, atte ad integrare i corrispettivi del servizio di distribuzione”. L’ambigua osservazione viene utilizzata per sostenere la conclusione (ancora più ambigua) per cui “il loro flusso permane nello spettro limitato delle esigenze di tenuta e di implementazione del sistema di rete elettrica” e per questa ragione gli oneri in questione resterebbero (ulteriore ambiguità) “variamente indirizzati alla copertura di costi relativi ad attività che espongono un nesso intimo con la gestione del sistema energetico nazionale”.
A ben vedere, la Cassazione tralascia del tutto di considerare l’unico aspetto veramente rilevante, costituito dalla assenza della natura di corrispettivo contrattuale della “maggiorazione” in parola. Evidentemente, anche gli introiti degli OGSE sono destinati alla copertura degli oneri del sistema energetico nazionale ma, proprio per questo, essi non possono essere riferiti alla singola fornitura di energia né, tantomeno, se ne può attribuire il beneficio al fornitore del servizio.
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