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Crolla l’export Usa, è un’opportunità per il Made in Italy


A prima vista, il nuovo record negativo registrato dagli Stati Uniti nella bilancia commerciale agricola sembrerebbe soltanto un problema interno americano. Eppure, per un Paese come l’Italia, tra i principali esportatori di prodotti agroalimentari di qualità verso gli Usa, si tratta di un segnale da osservare con estrema attenzione: potrebbe infatti essere l’anticamera di un rischio concreto – ma anche di una potenziale opportunità strategica.

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Importazioni record e crollo export, deficit agricolo senza precedenti

Secondo i più recenti dati dell’American Farm Bureau Federation (Afbf), nei primi quattro mesi del 2025 gli Stati Uniti hanno importato prodotti agricoli per un valore di 78,2 miliardi di dollari, a fronte di esportazioni pari a 58,5 miliardi.

Il risultato è un deficit di 19,7 miliardi, il più alto mai registrato in questo periodo dell’anno, con la previsione – aggiornata dal Dipartimento dell’Agricoltura (Usda) – di raggiungere 49,5 miliardi di dollari entro la fine dell’anno fiscale.

A trainare le importazioni sono stati in particolare i prodotti ad alto valore aggiunto, come frutta e verdura, segnale evidente di una domanda interna robusta che il comparto agricolo americano fatica sempre più a soddisfare.

Il protezionismo di Trump è un rischio per l’Italia?

Nel clima di incertezza economica e politica, l’aumento del deficit commerciale agricolo sta diventando un tema centrale del dibattito pubblico.

Donald Trump, che calca la scena politica con toni sempre più assertivi, ha già annunciato l’intenzione di inasprire le politiche commerciali per favorire i prodotti Made in Usa, minacciando l’introduzione di nuovi dazi tariffari su diverse categorie di importazioni.

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La prospettiva di un ritorno al protezionismo agricolo rappresenta un rischio diretto per l’Italia, che negli ultimi anni ha beneficiato di un costante incremento della domanda americana di eccellenze agroalimentari – dal vino alla pasta, dall’olio d’oliva ai formaggi Dop.

Un giro di vite sulle importazioni potrebbe colpire proprio queste categorie, danneggiando centinaia di imprese italiane orientate all’export.

Quale chance per l’Italia?

Ma dove alcuni vedono una crisi, altri intravedono un’opportunità. Proprio il crescente deficit commerciale agricolo degli Usa potrebbe rappresentare una finestra strategica per l’Italia, a patto di sapere come muoversi.

Innanzitutto, la crescente domanda americana di prodotti ad alto valore, come frutta, ortaggi, formaggi stagionati, conserve, vino o olio evo – tutti segmenti in cui l’Italia eccelle – dimostra che i consumatori statunitensi non cercano semplicemente quantità, ma qualità e identità di prodotto.

Il Brand Italia, forte della reputazione costruita attorno alla dieta mediterranea e alla tradizione culinaria, continua ad affascinare il consumatore americano.

In un contesto in cui gli Usa non riescono a soddisfare la propria domanda interna e al tempo stesso non dispongono di una rete commerciale efficace per esportare, l’Italia potrebbe emergere come un partner privilegiato per colmare questo gap.

Per trasformare questa opportunità in un vantaggio competitivo stabile, tuttavia, serve un’azione coordinata a livello di sistema Paese.

Non basta che le imprese italiane siano pronte con i propri prodotti, ma è necessario che anche che il Governo e le istituzioni promuovano accordi bilaterali, tutelino le denominazioni d’origine e difendano l’accesso al mercato americano da eventuali attacchi protezionisti.

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Allo stesso tempo, è importante che le aziende italiane siano proattive, investendo in logistica, comunicazione, marketing e digitalizzazione, per presidiare il mercato statunitense in modo più solido e duraturo.

Il rischio, altrimenti, è che altri Paesi competitor – come Spagna o Francia – occupino rapidamente lo spazio lasciato aperto dalla disorganizzazione americana.





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