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Dalla parte del mare. Il grido del Lametino che la Regione non vuole ascoltare


1. Il mare chiama, le istituzioni tacciono

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Sabato 26 luglio, ore 9.00. Alla spiaggia del pontile dismesso dell’ex SIR, zona industriale di Lamezia Terme, centinaia di cittadini hanno risposto all’appello lanciato da Uniti per il Golfo, la federazione di associazioni e comitati che da mesi denuncia il degrado del mare lungo la costa tirrenica calabrese. Accanto a loro, decine di realtà ambientaliste, operatori turistici, professionisti, volontari.

Non era una passerella. Era una chiamata civile. Una presa di parola collettiva, disperata ma lucida, contro un sistema che ha fallito. E contro una Regione che – come hanno detto in molti – li ha ricevuti, ma ignorati. “Promesse tante, soluzioni nessuna”.

Mentre Roberto Occhiuto twitta e l’assessore all’Ambiente contesta i dati di Legambiente, sulla spiaggia scorrono liquami. E i cittadini lo hanno mostrato, lo hanno denunciato, lo hanno annusato. Nessuna ricostruzione giornalistica potrà mai restituire l’odore acre di un canale di scarico che arriva direttamente al mare.

2. La verità è sotto gli occhi di tutti

Il sit-in non è rimasto fermo. A un certo punto i manifestanti hanno chiesto a tutti di seguirli. “Venite, vi facciamo vedere con i vostri occhi dove muore il mare”. E così il corteo si è spostato verso un canale regionale che attraversa l’area. Un flusso marrone, torbido, con un odore nauseabondo. Secondo i cittadini e i tecnici presenti, una parte proviene dal depuratore, ma un’altra, ben più sospetta, aggira l’impianto e finisce direttamente in mare.

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È lo stesso mare che la Regione racconta come “balneabile”. È lo stesso mare che – da Pizzo a Falerna – vede operatori turistici disperati, ospiti sconcertati, famiglie costrette ad abbandonare le spiagge.

3. “Ci negano i dati. Basta bugie, vogliamo verità”

“Vogliamo sapere qual è il contributo reale dei vari fattori all’inquinamento marino – ha detto Anna Rosa, attivista e voce storica della costa – ma non abbiamo i dati. I dati ci vengono negati. Nessuno ci dice cosa esce dai depuratori. Ma i numeri ufficiali parlano: nella provincia di Catanzaro, su 7 impianti controllati, 5 risultano irregolari. Nella provincia di Vibo, 8 su 13. È un disastro sistemico”.

E ancora: “Non è colpa del cielo. Il mare si ammala per colpa nostra. Per il riscaldamento climatico, per le discariche abbandonate, per le fogne che sversano. Non abbiamo bisogno di promesse, ma di programmazione, di piani seri. Non vogliamo più essere presi in giro”.

4. Calabria maglia nera per i pesticidi. Ma nessuno dice niente

Annarosa ha poi mostrato una tabella dell’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sui livelli di pesticidi nelle acque. “Mi sono vergognata di essere calabrese – ha detto – quando ho letto questi dati. In tutta Italia, in Sardegna, in Puglia, in Basilicata: quasi zero. Qui? Record. Eppure nessun politico, nessuna autorità ha detto una parola”.

Il problema non è solo il mare. È tutto il sistema idrico, agricolo, ambientale. “Abbiamo abbandonato i campi, i controlli, la prevenzione. E oggi ne paghiamo il prezzo. Ma a pagarlo sono anche i lavoratori, i turisti, le imprese”.

5. Le leggi ci sarebbero. Ma sono state sabotate

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Giuseppe Grande, del comitato tecnico, è stato ancora più duro: “Le leggi per tutelare l’ambiente esistono, o meglio, esistevano. Nel 1975 una norma imponeva oltre 40 analisi obbligatorie sulle acque. C’erano controlli su nitrati, fosfati, metalli pesanti. Ma è stata sabotata. Il decreto 152 del 2006 ha svuotato tutto. Oggi si fa finta di analizzare, ma nessuno guarda davvero cosa finisce in mare”.

Grande ha anche denunciato: “Abbiamo fatto tre esposti in procura: Lamezia, Vibo, Paola. Sono passati otto mesi. Nessuna risposta. Siamo già dentro un disastro ambientale. E io non ho paura di dirlo: questa è una strage di Stato”.

6. Il grido del turismo: “Così affonda tutto”

Poi ha preso la parola un operatore balneare del comitato Difendiamo il mare: “Non siamo ambientalisti per caso. Siamo disperati. Questa battaglia è anche per i lavoratori. Se il turismo affonda, non ci saranno piani di rilancio possibili. Gli alberghi chiuderanno, i lidi falliranno, le famiglie rimarranno senza reddito”.

E ancora: “In Regione ci hanno ricevuti, ma non ci hanno ascoltati. Solo promesse. Nessuna azione concreta. Per noi, oggi, la Regione non è più un interlocutore. Non abbiamo più fiducia. L’appello lo facciamo al governo nazionale: se qualcuno ha davvero a cuore lo sviluppo di questa terra, venga a vedere cosa accade qui”.

7. “No agli scarichi illegali, sì ai controlli veri”

L’avvocato Fabio Spinelli, da vent’anni a fianco delle associazioni ambientaliste, ha chiuso la mattinata con parole dure: “Quello che abbiamo davanti è uno scempio. Uno stabilimento dismesso, un mare ferito, e nessun controllo reale. Gli impianti sono vecchi, obsoleti, sversano. E noi ci prendiamo le porcherie”.

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Ha aggiunto: “Non è solo un problema di plastica o schiuma. È un problema di dignità. Di diritto. Le procure devono agire. E se non lo fanno, continueremo a presentarci davanti ai tribunali, ai comuni, alle prefetture. Non ci fermeremo”.

8. Un programma di lotta civile

Il movimento non si ferma. Uniti per il Golfo ha annunciato una raccolta firme popolare, un secondo sit-in davanti all’Istituto Nautico, e nuove mobilitazioni davanti ai Comuni e alle Procure.

“I cittadini devono prendere la parola. Devono contarsi. Devono ribellarsi a uno Stato che li abbandona. Noi difendiamo il mare, ma anche i posti di lavoro, il turismo, la salute. Questa è la battaglia più importante della nostra generazione. O la combattiamo insieme, o la perdiamo tutti”.



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