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Composizione negoziata della crisi: oltre 2.000 aziende italiane tentano la via del risanamento

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Negli ultimi anni la composizione negoziata della crisi è diventata uno strumento sempre più utilizzato dalle imprese italiane per affrontare difficoltà finanziarie prima che si trasformino in un dissesto conclamato. Introdotta nel 2021, questa procedura è stata oggetto perfino di una campagna pubblicitaria promossa dal governo. Secondo i dati di Unioncamere, aggiornati a novembre 2024, sono state quasi 2.000 le aziende ad avervi fatto ricorso, numero che nel frattempo ha superato le 2.000 unità, con una crescita del 60% nell’ultimo anno.

La composizione negoziata si propone come un percorso alternativo al fallimento, pensato per intervenire tempestivamente in presenza di segnali di crisi. L’obiettivo è evitare la paralisi aziendale, favorendo un confronto guidato tra debitore e creditori per individuare una soluzione condivisa. Il vantaggio principale risiede nella rapidità: la procedura, che dura al massimo un anno, non richiede il passaggio formale in tribunale, salvo casi specifici. Inoltre, protegge l’azienda da eventuali aggressioni patrimoniali da parte dei creditori durante il periodo di negoziazione.

Numerose imprese hanno scelto questa strada. Dopo i casi noti di Conbipel e Trussardi, tra i nomi recenti spiccano Kasanova, Coin, Cln e Panariagroup. Settori diversi, ma tutti accomunati da difficoltà finanziarie che vanno dalle tensioni di cassa alla necessità di ristrutturare il debito. Per Coin, ad esempio, si parla di chiusura di otto punti vendita e di una situazione debitoria complessa, nonostante ricavi superiori ai 280 milioni. Kasanova soffre l’aumento dei costi di importazione, mentre Cln, gruppo industriale dell’automotive, è appesantita da debiti per 380 milioni.

Tra i casi più significativi vi è anche quello della cartiera veneta Pro-Gest, entrata in composizione negoziata lo scorso gennaio, dopo essere stata duramente colpita dal rincaro delle materie prime. Il piano industriale è ora in fase di revisione fino al 2027. Nell’industria pesante si registra anche la presenza della padovana Bedeschi, attiva nel settore portuale e della logistica, e della bresciana Neoesperience, operante nel digitale, entrambe in fase di ristrutturazione del debito attraverso lo stesso strumento.

Flessibilità nella gestione e ampia platea di accesso

La composizione negoziata si distingue per la sua flessibilità. Non esistono limiti di fatturato o di dimensione aziendale per accedervi. Possono utilizzarla microimprese, realtà quotate, grandi gruppi industriali o aziende familiari. A vigilare sul processo è un esperto nominato dalla Camera di Commercio, che assume il ruolo di facilitatore. L’accordo finale può includere una moratoria, un nuovo assetto societario, oppure la cessione dell’azienda senza trasferimento dei debiti, come avvenuto per Trussardi con l’ingresso del gruppo Miroglio.

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Chi finanzia un’azienda in composizione negoziata gode della cosiddetta prededuzione: in caso di fallimento successivo, i suoi crediti saranno rimborsati prima degli altri, anche prima di fisco e dipendenti. Questo ha reso il meccanismo appetibile non solo per i soci e i clienti dell’azienda, ma anche per fondi d’investimento che vedono un’opportunità di rendimento. Alcuni fondi propongono tassi superiori al 12%, attratti dalla protezione giuridica del credito, ma a rischio di trasformare l’operazione in una manovra speculativa.

Kasanova – fonte social – palermolive.it

Rischi di speculazione nel moltiplicarsi delle procedure

L’intervento di fondi italiani ed esteri in queste procedure è diventato sempre più frequente. Tuttavia, l’offerta di credito a tassi elevati, giustificati dal rischio, può sfociare in dinamiche speculative che aggravano il quadro. Se da un lato questi capitali permettono di evitare il collasso aziendale, dall’altro introducono elementi di pressione finanziaria che possono compromettere il futuro dell’impresa se non accompagnati da un reale piano industriale di rilancio.

La diffusione della composizione negoziata rappresenta un cambiamento culturale importante nel panorama economico italiano. Sempre più aziende scelgono di affrontare la crisi con trasparenza e responsabilità, evitando il fallimento attraverso percorsi strutturati di risanamento. Se ben regolata e sostenuta da investimenti responsabili, questa procedura può diventare un efficace strumento di salvataggio e rilancio per il tessuto imprenditoriale del Paese.



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