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La sanità discrimina le donne? Il Femtech ribalta il tavolo


Le donne rappresentano il 50% della popolazione mondiale, tuttavia la parità di genere in sanità rimane ancora un traguardo lontano. Le donne continuano a essere svantaggiate sia in termini di accesso ai servizi, che di qualità delle cure ricevute, con conseguenze sia in termini di salute, che socioeconomiche.

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Femtech per colmare le disuguaglianze nella salute femminile

La tecnologia – e in particolare il settore emergente del FemTech – può contribuire a colmare questo gap.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le donne europee vivono in media 5,4 anni più degli uomini, ma trascorrono una quota maggiore della loro vita in cattive condizioni di salute.

Disturbi d’ansia, dolori muscoloscheletrici, malattie cardiovascolari e demenze colpiscono in modo sproporzionato il genere femminile. A ciò si aggiungono patologie specifiche come l’endometriosi, i fibromi uterini o le complicanze della gravidanza, spesso sottovalutate o mal diagnosticate.

Barriere strutturali e cliniche nella medicina di genere

Le donne accedono ai servizi sanitari più frequentemente degli uomini, ma troppo spesso hanno accesso a cure meno adeguate o tardive: studi recenti indicano che, a parità di diagnosi, le donne più spesso ricevono trattamenti non appropriati. Gli studi clinici di molti farmaci non sono rappresentativi della popolazione generale, in quanto spesso non includono un numero sufficiente di donne o non tengono conto delle differenze di genere nella risposta ai farmaci.

A ciò si aggiungono barriere economiche, come costi sanitari e assicurativi più elevati, e spese non coperte per servizi essenziali legati al ciclo riproduttivo – dalle mestruazioni fino alla menopausa. Queste disuguaglianze non solo compromettono la salute femminile, ma generano anche costi evitabili per i sistemi sanitari e sociali.

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Femtech come leva socioeconomica e di empowerment

Il gender gap nella salute richiede, inoltre, una comprensione approfondita dei fattori strutturali e sistemici — quali i ruoli di genere e le barriere educative — che possono compromettere l’autonomia economica femminile e, di conseguenza, anche influenzare negativamente le loro condizioni di salute, nonché dei loro familiari.

Migliorare la salute delle donne e garantire un accesso equo a cure adeguate non rappresenta solo una questione di sanità pubblica ed equità sociale – con una stima di riduzione del gap pari a quasi 25 milioni di DALY (anni di vita persi per disabilità o morte prematura) ogni anno, equivalenti a circa 2,5 giorni di salute in più all’anno per ogni donna nel mondo – ma costituisce anche un investimento sul piano socioeconomico. Un maggiore benessere femminile si traduce infatti in scelte sanitarie più consapevoli all’interno delle famiglie e in una più ampia partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con un impatto economico potenziale stimato in oltre 1.000 miliardi di dollari annui entro il 2040.

Potenzialità e limiti attuali del femtech

Comprendere e affrontare tali determinanti è dunque cruciale per promuovere un sistema sanitario più equo, sostenibile ed efficace.

In questo scenario, il FemTech – ovvero l’insieme di tecnologie digitali dedicate alla salute femminile – rappresenta un’opportunità strategica. App per il monitoraggio del ciclo mestruale, piattaforme di telemedicina ginecologica, dispositivi per la fertilità e la menopausa: il mercato è in rapida espansione e potrebbe superare i 97 miliardi di dollari entro il 2030. Inoltre, il digitale abilita la raccolta di dati più rappresentativi, lo sviluppo di studi e innovazioni in grado di sostenere l’evoluzione e accelerazione di una medicina di genere.

Tuttavia, il settore rimane ampiamente sottovalutato: nel 2022, appena lo 0,02% degli investimenti destinati alle startup sanitarie è stato indirizzato alla salute femminile. La carenza di investimenti nello sviluppo di tecnologie dedicate, unita alla limitata disponibilità di fondi per la ricerca e l’innovazione, alla mancanza di standard condivisi per l’interoperabilità dei sistemi e alla scarsità di dati rappresentativi, costituisce un insieme di ostacoli strutturali che rallentano significativamente l’evoluzione del settore FemTech e ne limitano il potenziale innovativo.

Verso un ecosistema digitale inclusivo e sensibile al genere

Serve un cambio di passo, sostenuto da politiche pubbliche e incentivi mirati che promuovano la ricerca, la raccolta di dati disaggregati per genere e rappresentativi, nonché l’adozione di tecnologie digitali inclusive e sensibili alle differenze di genere.

Per colmare il digital gender gap in ambito sanitario richiede ben più dell’innovazione tecnologica: è indispensabile un approccio sistemico e multisettoriale che coinvolga istituzioni, imprese, università e professionisti della salute. Dalla formazione del personale medico alla presenza femminile nei ruoli decisionali, fino all’implementazione di politiche aziendali orientate al benessere delle lavoratrici, ogni leva può contribuire alla costruzione di un ecosistema sanitario più equo e resiliente.

Investire nella salute delle donne non rappresenta soltanto un imperativo di giustizia sociale, ma una scelta strategica per il benessere collettivo e lo sviluppo economico sostenibile. Il digitale, se orientato all’inclusione, può e deve essere il motore di questo cambiamento.

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Per un approfondimento sugli aspetti trattati sopra, ti invitiamo a consultare il nostro capitolo “Patologie ad alto burden e disparità di genere: il ruolo, le sfide e le potenzialità del FemTech”, nel libro “Il Digital Gender Gap – nella cultura del digitale in sanità” a cura della Commissione Donne ASSD, disponibile a questo link: IL DIGITAL GENDER GAP nella cultura del digitale in sanità



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