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L’innovazione che le imprese non sanno di volere: alla scoperta del metodo Innesti. Con Crédit Agricole


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Molte imprese non sanno nemmeno di avere un bisogno di innovazione. Producono, vendono, resistono. Ma spesso non crescono. Rimangono intrappolate in abitudini consolidate, in processi che funzionano “abbastanza”, in equilibri che sembrano stabili ma in realtà nascondono colli di bottiglia, punti ciechi, occasioni mancate. L’innovazione non viene rifiutata: semplicemente, non viene riconosciuta come necessaria. Allo stesso tempo, in Italia non mancano né tecnologie né innovatori. Le soluzioni ci sono. Le start-up esistono. I fondi non mancano. Eppure qualcosa si inceppa.

La vera sfida non è produrre più innovazione, ma far sì che venga assorbita, adottata, integrata nei processi delle imprese. Che produca impatto. Che smetta di essere una promessa astratta e inizi a generare valore concreto. È da questa frattura – tra chi potrebbe innovare e chi non sa ancora di poterlo fare – che nasce Innesti: un progetto promosso da Crédit Agricole Italia, in collaborazione con Le Village by CA Parma e il Polo Tecnologico di Navacchio, pensato per coltivare innovazione nei territori, a partire dai bisogni reali delle imprese. D’altra parte, Crédit Agricole Italia è una banca attenta allo sviluppo sostenibile dei territori, con un forte impegno nel supporto alle imprese e all’economia reale. Le Village by CA è la rete di acceleratori del gruppo, nata per favorire l’incontro tra startup e grandi aziende, creando connessioni strategiche senza finalità speculative. Il Polo Tecnologico di Navacchio è un centro di eccellenza per la ricerca, il trasferimento tecnologico e l’open innovation, che supporta Pmi, startup e istituzioni nel rendere l’innovazione accessibile e operativa. È strettamente legato al sistema universitario toscano, ed in particolare, all’Università di Pisa, alla Scuola Superiore Sant’Anna e alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Ma come funziona Innesti? Innesti è un modello di open innovation basato su quattro fasi: si parte dall’ascolto diretto delle imprese, per far emergere bisogni spesso non ancora consapevoli; si attiva poi uno scouting mirato di soluzioni e tecnologie attraverso reti nazionali e internazionali; si procede con il matching tra aziende e innovatori e si conclude con la sperimentazione sul campo. È un percorso guidato, che accompagna le imprese in ogni passaggio. «Innesti non porta soluzioni calate dall’alto, ma costruisce valore a partire da ciò che le aziende già sono e possono diventare», afferma Massimo Cerbai, responsabile direzione Regionale Toscana – Umbria di Crédit Agricole Italia. Il metodo è flessibile, replicabile e pensato per adattarsi a territori e settori diversi.

Massimo Cerbai, responsabile direzione Regionale Toscana – Umbria di Crédit Agricole Italia. (Fonte: LinkedIn).

Questo articolo trae spunto dall’evento “Innesti: facciamo sbocciare l’innovazione”, tenutosi in occasione di Sps Parma, la fiera dell’automazione e del digitale per l’industria. All’evento hanno partecipato, oltre al citato Massimo Cerbai, anche Maria Elisabetta Bianchini, managing director di Le Village by CA Parma; Andrea Di Benedetto, presidente del Polo Tecnologico di Navacchio; Paolo Alderigi, il responsabile dello sviluppo business e dell’open innovation presso il Polo Tecnologico di Navacchio; Fabio Bonomo, amministratore delegato di qbrobotics, una startup deep tech che sviluppa soluzioni robotiche avanzate ispirate alla biomeccanica umana;  Aldo Musci, Direttore Tecnico di In4Agri, una startup specializzata in soluzioni digitali per l’agricoltura di precisione e la sostenibilità ambientale; e Giuseppe Boccoli, co-fondatore di In4Agri.

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Innesti: il progetto che semina innovazione nei territori attraverso imprese, startup e reti di fiducia

Si diceva che Innesti non è un’iniziativa occasionale, ma un modello strutturato e replicabile per generare innovazione concreta nel tessuto produttivo italiano, a partire dai settori chiave come agrifood e moda.

Per la precisione, il progetto ha preso forma nel 2023 a partire dal lavoro del Comitato Territoriale Toscana-Umbria di Crédit Agricole Italia, un organismo composto da imprenditori e partner della banca. «Tutto è partito da una domanda molto semplice, ma fondamentale: come possiamo generare vero valore per le imprese dei nostri territori, per i nostri clienti, al di là del tradizionale supporto bancario?», racconta Massimo Cerbai. «La risposta è arrivata guardando da vicino le aziende, parlando con loro, osservando che spesso avevano delle esigenze – anche urgenti – ma non riuscivano a riconoscerle come bisogni di innovazione. È da lì che abbiamo deciso di iniziare: non con una proposta predefinita, ma con un ascolto autentico».

INNESTI vuole esplorare nuovi orizzonti e creare sinergie tra le eccellenze della filiera agroalimentare e le più brillanti delle startup innovative e i centri di ricerca di punta per rispondere alle sfide di domani.

«Abbiamo scelto di non portare soluzioni preconfezionate, ma di cercare, in modo mirato, chi potesse davvero rispondere alle esigenze emerse dalle aziende stesse», prosegue Cerbai. «E lo abbiamo fatto attivando un ecosistema ampio, che coinvolge non solo le grandi imprese, ma anche startup, Pmi innovative, centri di ricerca. Perché l’innovazione – se deve funzionare – non può essere elitaria: deve essere accessibile, concreta, condivisa».

Come si diceva, il progetto Innesti non è nato per rimanere un’esperienza isolata o circoscritta al contesto toscano. Fin dalla fase iniziale, è stato pensato per essere un modello scalabile e modulabile, in grado di adattarsi a territori diversi e a settori differenti. La sua forza risiede proprio nella replicabilità del metodo.

«Il vero problema dell’innovazione in Italia non è la sua mancanza, ma il fatto che rimane spesso appannaggio di una piccola parte di imprese, le più strutturate, quelle che hanno già team interni, risorse, competenze tecnologiche», spiega Andrea Di Benedetto. «Noi vogliamo portare l’innovazione anche a quel 96% di aziende italiane che fanno meno di 5 milioni di euro di fatturato. Sono loro la spina dorsale del sistema produttivo nazionale, ma spesso restano escluse dai circuiti dell’innovazione perché non sanno da dove cominciare o non trovano interlocutori in grado di ascoltarle».

Il “salto di qualità” a cui fa riferimento Di Benedetto non è solo tecnologico, ma culturale e sistemico: significa abbandonare il modello dell’innovazione per pochi, per costruire un’infrastruttura inclusiva, accessibile, distribuita, che sappia parlare il linguaggio delle imprese tradizionali e accompagnarle verso soluzioni reali. «Se non riusciamo a innovare insieme a quelle imprese, non sarà mai un’innovazione diffusa né efficace. Democratizzare l’accesso all’innovazione non è uno slogan: è la condizione necessaria per costruire sviluppo vero, sostenibile, condiviso», conclude Di Benedetto.

Le Village by CA, attraverso la sua rete nazionale e internazionale, ha avuto un ruolo chiave nel costruire ponti tra startup e aziende. Quale?

Focus su Le Village by CA: un ecosistema senza equity che connette start-up, imprese e territori per promuovere innovazione concreta, sostenibile e condivisa

Il citato Le Village by CA è un progetto del gruppo Crédit Agricole pensato per supportare startup e Pmi innovative nel loro percorso di crescita, facilitando l’incontro con grandi imprese, corporate partner e attori territoriali. A differenza dei modelli tradizionali, Le Village non punta su ritorni finanziari diretti: il valore che crea sta nelle connessioni strategiche, nei legami costruiti, nel fare da ponte tra domanda e offerta di innovazione.

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Da sinistra: Massimo Cerbai, Maria Elisabetta Bianchini, Andrea Di Benedetto.

«Il nostro modo di fare accelerazione è davvero diverso – spiega Maria Elisabetta Bianchini – perché non entriamo nel capitale delle startup, e non chiediamo commissioni nemmeno se un progetto ha successo. La nostra priorità è creare opportunità concrete, leggere con attenzione i bisogni reali delle aziende, anche quando non sono espressi chiaramente, e trovare nel nostro ecosistema la soluzione giusta. Questo significa essere non solo un acceleratore, ma un alleato nel tempo».

La struttura di Le Village by CA si basa su una rete fisica e digitale di hub territoriali: in Italia è presente a Parma, Milano, Padova, Sondrio e Catania, con l’apertura imminente di una nuova sede a Napoli. Ma il progetto si inserisce in una rete internazionale ancora più ampia: «Le Village è nato nel 2014 a Parigi, e oggi conta 45 sedi nel mondo, di cui 39 in Francia. È un ecosistema globale che lavora a livello locale, capace di mettere in contatto mondi diversi: startup, Pmi, grandi imprese, università, enti pubblici, incubatori e centri di ricerca. Ogni Village costruisce percorsi personalizzati, pensati per rispondere a sfide specifiche», precisa Bianchini.

Il valore aggiunto di Le Village non è solo logistico o relazionale, ma anche culturale e strategico. «Non siamo solo uno spazio fisico. Le Village è un luogo di contaminazione, dove diverse culture imprenditoriali si incontrano, si ascoltano, si mettono in discussione. È uno spazio in cui si può sperimentare, fallire, riprovare. Un posto in cui si costruisce fiducia operativa, condizione essenziale per ogni processo di innovazione che voglia durare».

In definitiva, Le Village by CA rappresenta un’infrastruttura di innovazione distribuita, radicata nei territori ma con una visione internazionale, capace di portare l’innovazione lì dove serve, quando serve, a chi serve. «È questo – conclude Bianchini – che ci permette di contribuire alla crescita sana e sostenibile del Paese, senza forzature, ma attraverso relazioni vere, fondate sulla prossimità, la trasparenza e la concretezza».

Le quattro fasi del metodo Innesti: un modello replicabile per portare innovazione concreta, sostenibile e territoriale dentro le imprese

La roadmap del progetto Innesti prevede di raccogliere idee sino al 31 luglio. A partire dal 1° settembre sarà avviato il bootcamp.
  • L’ascolto per la definizione dei bisogni delle imprese

Tutto comincia da qui: dal confronto diretto con le imprese. Come si accennava, Nessuna soluzione preconfezionata, nessun “pacchetto tecnologico”, ma un lavoro di ascolto profondo, che aiuta le aziende a scoprire e formulare esigenze spesso latenti o non esplicitate.

  • Scouting di soluzioni e tecnologie

Una volta definiti i bisogni, si attiva lo scouting tecnologico, attingendo a una rete di relazioni locali, nazionali ed europee. Vengono coinvolti start-up, centri di ricerca, Pmi innovative e grandi imprese, in base alla natura della sfida. «Abbiamo attivato uno scouting approfondito, su più livelli», spiega Paolo Alderigi. «Siamo partiti dai nostri network regionali, abbiamo coinvolto i cinque Village italiani, fino ad arrivare a startup e realtà presenti nel network europeo. La forza del metodo sta anche qui: nella capacità di chiamare a raccolta un ecosistema intero per rispondere a problemi concreti».

  • Matching e selezione dei progetti

Le soluzioni emerse vengono poi messe in dialogo con le aziende, che possono confrontarsi direttamente con i team proponenti. Non si tratta solo di “scegliere una tecnologia”, ma di costruire relazioni di fiducia e collaborazione, affinché il progetto abbia basi solide. «Non è solo questione di trovare una soluzione tecnologicamente brillante – precisa ancora Alderigi – ma di capire se quella startup o quel team possono davvero integrarsi nel contesto aziendale. È fondamentale costruire una metodologia condivisa, creare una relazione che vada oltre il progetto».

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  • Sperimentazione e validazione sul campo

La fase conclusiva è quella più operativa: i progetti selezionati vengono testati direttamente nelle aziende, in forma di prototipi o collaborazioni pilota. È qui che l’innovazione lascia la teoria ed entra nel vivo dei processi. «Tre progetti sono già partiti concretamente, altri sono in fase di avvio o di finalizzazione degli accordi», ha dichiarato Andrea Di Benedetto, presidente del Polo Tecnologico. «È in questa fase che l’impatto si fa tangibile: l’innovazione diventa pratica quotidiana, non più un concetto astratto o lontano».

Questo metodo, semplice nella struttura ma potente nei risultati, è ciò che rende Innesti un progetto di sistema. Un modello replicabile, capace di creare un ponte tra il potenziale delle tecnologie emergenti e le necessità quotidiane delle imprese italiane.

La call Agrifood 2024: 13 sfide, 8 aziende, 47 team per portare innovazione concreta nella filiera agroalimentare italiana

Nata all’interno del progetto Innesti, la Call Agrifood 2024 è stata la prima grande azione concreta di open innovation dedicata al settore agroalimentare. Costruita attorno ai bisogni reali delle imprese, la call ha coinvolto 8 aziende partner – tra cui Aboca, Frescobaldi, Flora Toscana, Turci, SeSa, Giuliano Tartufi, Livita e Agricola Petrucci – che hanno lanciato complessivamente 13 sfide tecnologiche. L’obiettivo era trovare soluzioni innovative, sostenibili e applicabili, per rispondere a problemi specifici legati a produzione, tracciabilità, digitalizzazione e sostenibilità.

A queste sfide hanno risposto 47 team composti da 50 partecipanti generando un totale di 81 proposte progettuali. La partecipazione ha evidenziato una vivacità imprenditoriale diffusa e una forte apertura alla collaborazione: 18 startup, 23 Pmi innovative, 7 centri di ricerca e 2 grandi imprese. Un ecosistema variegato e complementare, in grado di fornire risposte su misura per ogni esigenza aziendale. «Abbiamo ottenuto un tasso di gradimento del 90% da parte delle imprese partecipanti», ha sottolineato Andrea Di Benedetto, «e circa il 40% dei progetti è già in fase avanzata o attiva. È un risultato straordinario per un progetto di open innovation».

Dai bisogni alle soluzioni: i progetti pilota di Buccelletti e Frescobaldi raccontano l’efficacia del modello innesti

Qbrobotics, ha proposto a Buccelletti un sistema robotico intelligente, dotato di visione artificiale, bracci manipolatori e apprendimento automatico, capace di replicare i gesti dell’operatore umano.

Tra i risultati più significativi della Call Agrifood 2024 spiccano due progetti pilota avviati grazie al metodo di Innesti e già in fase operativa: uno promosso da Buccelletti, nel settore olivicolo, e l’altro da Frescobaldi, nel vitivinicolo. Entrambi dimostrano quanto l’innovazione possa diventare strumento concreto, se radicata nei bisogni reali e sostenuta da un processo strutturato.

  • Buccelletti: robotica agricola per la micropropagazione dell’olivo

L’azienda agricola Buccelletti, specializzata nella coltivazione dell’olivo ad alta densità, cercava un modo per automatizzare e velocizzare la preparazione delle talee. Grazie a Innesti, ha incontrato la start-up qbrobotics, che ha proposto un sistema robotico intelligente, dotato di visione artificiale, bracci manipolatori e apprendimento automatico, capace di replicare i gesti dell’operatore umano.

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«Si tratta di un sistema che individua la pianta, riconosce la parte da tagliare e posiziona le talee per l’innesto», ha spiegato Fabio Bonomo, AD di qbrobotics. Il progetto è stato immediatamente accolto da Buccelletti, che ha avviato la sperimentazione sul campo: un caso concreto in cui l’innovazione consente di ridurre i tempi e migliorare la produttività, con potenziale replicabilità nel comparto vivaistico.

  • Frescobaldi: digitalizzazione della viticoltura e sostenibilità ambientale.

Frescobaldi ha posto due sfide chiave: integrare i dati agricoli provenienti da sensori e macchine per gestire i processi vitivinicoli e monitorare l’impronta ambientale, in particolare il consumo d’acqua e la carbon footprint. La risposta è arrivata da In4Agri, con una piattaforma digitale semplice e intuitiva.

«Il nostro sistema consente di raccogliere dati dal campo anche attraverso una semplice chat WhatsApp, integrandoli con i sistemi aziendali e generando report automatizzati», ha spiegato Giuseppe Boccoli, cofondatore della start-up. Questo permette all’azienda di ottimizzare risorse, misurare l’impatto ambientale e aumentare l’efficienza operativa.

Come sottolinea Andrea Di Benedetto, «questi progetti dimostrano che l’innovazione non è un’astrazione, ma un fatto operativo. Ed è proprio sul campo che si misura l’efficacia di un percorso come Innesti».

Oltre la banca: come Innesti ha trasformato Crédit Agricole in un motore di innovazione, prossimità e sviluppo territoriale

Uno degli impatti più significativi del progetto Innesti si è registrato all’interno della stessa Crédit Agricole, che ha colto questa iniziativa come un’opportunità per rimettere in discussione e ampliare il proprio ruolo nel sistema economico e sociale. Non più soltanto banca e finanziatore, ma attore culturale, connettore di risorse, abilitante di reti e innovazioni locali. Innesti ha rappresentato, per il gruppo, un vero cambio di paradigma: da semplice erogatore di credito a partner attivo dello sviluppo dei territori.

In4Agri è la piattaforma digitale pensata per supportare le aziende agricole nella transizione verso l’agricoltura 4.0

Come spiega Massimo Cerbai, «noi non abbiamo un vantaggio diretto economico in tutto questo, e lo diciamo con chiarezza. Non abbiamo chiesto nulla in cambio. Eppure, siamo stati parte attiva sin dall’inizio, con l’unico obiettivo di generare valore. Perché per noi, creare valore è già di per sé un valore. Questo progetto ci ha permesso di dimostrare che possiamo fare qualcosa che nessun altro ha fatto: aiutare i nostri clienti a capire i propri bisogni, anche quando non ne erano consapevoli, e accompagnarli verso soluzioni innovative, senza secondi fini».

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Questa scelta ha prodotto effetti profondi anche sull’identità e sull’organizzazione interna della banca. Innesti ha attivato un processo di coinvolgimento trasversale, dando senso e motivazione a tanti colleghi. «I nostri collaboratori – racconta ancora Cerbai – si sono sentiti parte integrante di un progetto nuovo, concreto e utile. Non come spettatori, ma come protagonisti. Vedere che dai nostri territori nascono idee, che trovano risposta grazie al nostro lavoro di connettori, ha generato entusiasmo e orgoglio. Oggi si sentono parte di qualcosa di più grande: di una banca che ha una responsabilità verso il territorio, che ascolta e che ha davvero voglia di innovare».

A rendere possibile tutto questo è stata anche la collaborazione strategica con Le Village by CA, la rete di acceleratori di Crédit Agricole che lavora per mettere in contatto startup e imprese consolidate. Come spiega Maria Elisabetta Bianchini, managing director di Le Village Parma, «Crédit Agricole non è solo una banca. È molto di più. È prossimità, è relazione. È un’idea di crescita sostenibile, condivisa, basata sulla fiducia e sul fare insieme. E Innesti è l’esempio perfetto di come questa visione possa diventare realtà. Con Le Village non vendiamo prodotti: costruiamo connessioni vere, mettiamo le aziende nelle condizioni di innovare davvero».

Un elemento chiave di questo successo è stata la profonda conoscenza del territorio e delle filiere produttive, grazie a competenze specialistiche costruite nel tempo. «Abbiamo gestori che lavorano solo con le aziende agricole – sottolinea Cerbai – e non è un caso. Sono persone che conoscono le criticità stagionali, i vincoli normativi, le dinamiche settoriali. Parlano la lingua dell’impresa agricola, e questo ci permette di essere credibili, efficaci, vicini».

In definitiva, Innesti ha permesso a Crédit Agricole di superare i confini del ruolo bancario tradizionale e di affermarsi come motore di sviluppo sistemico. «Abbiamo creato connessioni dove prima c’erano solo distanze, silenzi o diffidenze. E abbiamo capito che il nostro compito, oggi, non è solo finanziare l’innovazione, ma contribuire a farla nascere, farla crescere e renderla accessibile. Senza chiedere nulla in cambio. Perché se cresce il territorio, cresciamo tutti», conclude Cerbai.



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