Con le prime norme dell’AI Act in vigore dal 2 agosto, l’Italia si confronta con un’arretratezza strutturale. Il 47% dei cittadini chiede un intervento del Governo sulla sicurezza dell’IA, ma solo il 7% si sente competente. Secondo l’Osservatorio guidato da Simone Enea Riccò, senza massicci investimenti statali sulla formazione per colmare il grave analfabetismo digitale, la nuova legge resterà un guscio vuoto e le imprese affronteranno costi enormi.
Con l’entrata in vigore, il prossimo 2 agosto, di alcune delle prime disposizioni dell’AI Act europeo, l’Italia si trova di fronte a un paradosso critico: una crescente fiducia nella tecnologia che coesiste con una profonda impreparazione culturale. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio AI de “La Verità Algoritmica”, progetto di ricerca che fa capo all’analista di strategie digitali e innovazione Simone Enea Riccò, che cita i dati allarmanti del Quinto Rapporto Ital Communications – IISFA.
“La vera sfida per l’Italia non è solo recepire una legge, ma creare le condizioni per poterla applicare”, spiega Riccò “e i dati del Rapporto sono un campanello d’allarme che la politica non può ignorare” .
“I dati dicono che la fiducia degli italiani nell’IA è in aumento, ma la competenza reale è stagnante: solo il 7% della popolazione ammette di conoscere a fondo la materia. Stiamo costruendo un grattacielo normativo su fondamenta culturali fragilissime, tanto più che il Disegno di Legge nazionale necessario per dare piena attuazione al regolamento europeo è ancora in discussione in Parlamento. Senza un piano shock di investimenti statali sulla formazione per colmare questo analfabetismo digitale, l’AI Act rischia di rimanere un esercizio teorico, inapplicato e inapplicabile.”
Il ritardo italiano, secondo le analisi dell’Osservatorio, è evidente anche nel confronto con gli altri Paesi. Mentre leader europei come Germania e Francia stanziano miliardi per la ricerca e lo sviluppo dell’IA, l’Italia investe ancora una frazione, rischiando di perdere il treno dell’innovazione e di diventare un mero consumatore di tecnologie altrui.
“Le aziende si trovano di fronte a una tempesta perfetta,” avverte Riccò. “Da un lato, l’AI Act impone cambiamenti radicali e onerosi investimenti per adeguare tecnologie, processi e modelli di governance. Dall’altro, le imprese faticano a trovare le competenze necessarie per gestire questa transizione. Il rischio concreto è che la spinta all’innovazione si traduca in investimenti avventati e in un aumento del divario competitivo.”
A essere colpite in modo diretto saranno soprattutto le direzioni marketing, che dovranno ripensare radicalmente i propri modelli operativi. L’era delle ‘black box’, dove algoritmi opachi prendevano decisioni su quali pubblicità mostrare o quali offerte proporre, è destinata a finire. La nuova normativa impone una trasparenza radicale, obbligando le aziende a poter spiegare il ‘perché’ di ogni azione automatizzata. Questo significa anche una drastica rivalutazione delle strategie di data collection: l’accumulo indiscriminato di dati di terze parti lascerà il posto a un uso più etico e strategico dei dati di prima parte, raccolti con un consenso chiaro ed esplicito. Infine, la legge riafferma la centralità della supervisione umana, rendendo obsolete le strutture che delegano decisioni critiche all’automazione e spingendo per l’introduzione di nuove figure professionali responsabili della governance degli algoritmi.
Il Rapporto IISFA, inoltre, evidenzia come la cittadinanza sia consapevole dei pericoli: la sicurezza dei dati (36%) e la privacy (33%) sono le principali aree di preoccupazione. Non a caso, il 47% degli italiani invoca la responsabilità dei governi nazionali per garantire uno sviluppo etico e sicuro dell’IA.
“I cittadini chiedono tutele che non possono arrivare solo dalle regole,” conclude Simone Enea Riccò. “Servono competenze diffuse. L’appello è chiaro: il Governo deve affiancare alla legge un grande piano nazionale per le competenze digitali, per trasformare i cittadini da semplici utilizzatori a protagonisti consapevoli. Solo così trasformeremo un obbligo normativo, che impone costi enormi alle imprese, nella più grande occasione di modernizzazione per il nostro Paese.”
L’Osservatorio AI “La Verità Algoritmica”Fondato da Simone Enea Riccò, l’Osservatorio AI “La Verità Algoritmica” è un progetto indipendente di ricerca e divulgazione che analizza criticamente l’impatto dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie digitali sul business, sul marketing e sulla società.
Chi è Simone Enea Riccò
Simone Enea Riccò è un Marketing & Digital Director, thought leader per l’AI applicata al marketing e fondatore dell’Osservatorio AI “La Verità Algoritmica”. Con una consolidata esperienza nella guida di progetti di trasformazione digitale per aziende internazionali leader di settore, è vincitore di premi nazionali e internazionali per l’efficacia delle sue strategie marketing. È autore e keynote speaker su temi di innovazione, intelligenza artificiale, etica degli algoritmi e futuro del marketing.
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