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Decarbonizzare l’Ilva costerà 10 miliardi


Avere o meno gli impianti Dri a Taranto può valere circa 6 miliardi di euro di investimenti. E’ quanto emerso dall’incontro che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha avuto con le associazioni d’impresa di Taranto e le rappresentanze datoriali dell’indotto ex Ilva.

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Durante la quale è stato presentato il piano strategico italiano per la decarbonizzazione dell’industria siderurgica, che mira a realizzare un impianto siderurgico basato sulla produzione di acciaio tramite forni elettrici (EAF) alimentati da preridotto (DRI – Direct Reduced Iron). La creazione di un polo DRI in Italia è infatti considerata dal governo e non solo una necessità strategica nazionale, supportata anche dall’Unione Europea, per garantire l’autonomia nella produzione di acciaio speciale e migliorare la qualità per settori chiave.

Il ministro Urso avrebbe indicato che avere a Taranto 3 forni elettrici, (con un potenziale quarto EAF a Genova) più tre impianti Dri per la produzione del preridotto – necessario ad alimentare i forni elettrici in modo che possano produrre acciaio della stessa qualità di quello realizzato con gli altiforni – e la nave rigassificatrice in porto varrebbe un investimento complessivo di 9,3 miliardi di euro, che potrebbe salire a 9,7 miliardi in caso di valutasse di mettere la nave rigassificatrice a largo e non in porto a Taranto. La produzione a regime mira a 8 milioni di tonnellate/anno di acciaio entro 8 anni (6 milioni a Taranto, 2 milioni a Genova). Il piano si articola in 8 anni, con l’attivazione progressiva di EAF e impianti DRI.

E’ chiaro che tra i due aspetti ballano moltissime risorse economiche, che poi si traducono in ricadute economiche per il territorio (aziende dell’indotto, autotrasportatori) e inevitabilmente in minore occupazione a cui bisognerà inevitabilmente far fronte.

La nave rigassificatrice a Taranto è vista come soluzione per l’approvvigionamento, con Snam che potrebbe gestirla. Mentre l’alternativa del potenziamento della rete TAP è stata scartata per i tempi di realizzazione (circa 94 mesi), incompatibili con il piano di decarbonizzazione accelerato.

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Un impianto di produzione del DRI

Qualora, l’amministrazione cittadina non accettasse la proposta di avere gli impianti Dri e la nave, allora per l’ex Ilva di Taranto – con la dotazione di tre forni elettrici – l’investimento ammonterebbe a 3,2 miliardi di euro e un conseguente ridimensionamento anche dell’occupazione. Il polo DRI verrebbe realizzato in un’altra località (es. Gioia Tauro o altre del Sud Italia), con un contratto di fornitura di preridotto agli stabilimenti ex Ilva.

In occasione dell’incontro del 31 luglio per l’accordo di programma interistituzionale, se non arriveranno indicazioni dal Comune di Taranto si deciderà su quanto possibile, rimandando per il resto a una pronuncia dell’amministrazione locale sulla nave rigassificatrice e gli impianti DRI. Il Governo punta ad aspettare la decisione del Comune pugliese prima di pronunciarsi definitivamente sul polo Dri italiano, che se non sarà fatto a Taranto, potrebbe essere realizzato a Gioia Tauro.

Di fronte alle due proposte avanzate dal Governo, una controproposta del Comune sarebbe stata quella di avere tre forni elettrici e un impianto di Dri a Taranto ma questa soluzione non troverebbe l’esecutivo disponibile.

Inoltre, la gara per l’assegnazione degli impianti ex Ilva è in corso e verrà aggiornata. L’obiettivo è attribuire al miglior offerente il progetto di decarbonizzazione, focalizzandosi sui forni elettrici. Lo Stato italiano, tramite Invitalia (che detiene il controllo societario di DRI Italia la cui nuova governance sarà decisa nei prossimi giorni), si impegna a realizzare i quattro impianti DRI necessari a produrre il preridotto, garantendo la disponibilità del prodotto indipendentemente dalle scelte dei singoli aggiudicatari, per assicurare massima partecipazione e competitività.

Un forno elettrico ad arco

La gara dovrà essere aperta e competitiva e quindi non su misura per specifici offerenti. La gara d’appalto per la decarbonizzazione (forni elettrici e l’impianto di preriscaldo del preridotto qualora gli impianti DRI non fossero presenti a Taranto) sarà avviata entro i primi di agosto e chiuderla a settembre per poi assegnarla entro la primavera 2026. Inoltre è previsto che DRI Italia dovrà elaborare un progetto per l’apertura ai privati e per una gara unica per la progettazione e realizzazione degli stabilimenti secondo il piano di decarbonizzazione.

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La maggior parte degli investimenti per i DRI e la nave rigassificatrice (Scenario A) proverrà secondo il piano del governo da fondi pubblici nazionali (non PNRR), garantendo maggiore stabilità. Un miliardo di euro è già stato allocato a DRI Italia, che potrà aprirsi a investitori privati e beneficiare di ulteriori finanziamenti dal Fondo di Coesione Nazionale 2028-2035.

Vedremo nelle prossime settimane cosa accadrà.

(leggi tutti gli articoli sull’ex Ilva https://www.corriereditaranto.it/?s=ilva&submit=Go)

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