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ma le competenze non si trovano



Il primo report CNEL-Unioncamere svela il paradosso del lavoro italiano: 3,7 milioni di posti da coprire entro il 2029, ma la formazione arranca. Servizi in espansione, ICT in frenata, e le imprese piccole reggono l’urto.

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Una radiografia del mismatch che inquieta il mercato del lavoro

Non è la disoccupazione a mancare in Italia. Mancano i lavoratori giusti. È questo il cuore del primo Rapporto CNEL–Unioncamere sul mismatch occupazionale, pubblicato il 29 luglio 2025 e frutto di una collaborazione che promette continuità. Un’analisi chirurgica, condotta incrociando le previsioni Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, che fotografa un mercato del lavoro italiano in affanno nel trovare le competenze necessarie.

Servizi battono industria: cresce chi offre, ma non chi innova

Il quadro del primo semestre 2025 è emblematico: oltre il 72% delle 2,94 milioni di assunzioni previste riguarda il settore dei servizi, con turismo, commercio e ristorazione in forte espansione. Bene anche le micro e piccole imprese, che si confermano il vero polmone occupazionale del Paese. Ma c’è un lato oscuro: i comparti ad alta intensità di conoscenza, come ICT e servizi avanzati alle imprese, sono in frenata netta.

Secondo il rapporto, l’ICT registra un crollo del 13,4% rispetto allo stesso periodo del 2024, mentre i servizi specialistici perdono l’8,8%.

“Per non restare indietro nella competizione globale, il nostro Paese deve incrementare gli investimenti nei servizi ad alta intensità di conoscenza”, ha dichiarato Renato Brunetta, presidente del CNEL.

Il rebus delle competenze: un’Italia che cerca, ma non trova

La piaga del disallineamento non è solo quantitativa, è soprattutto qualitativa. Quasi la metà delle imprese italiane (48%) segnala difficoltà nel reperire personale, e la percentuale sfiora il 60% nei settori metalmeccanico ed elettronico. Le imprese cercano operai specializzati, tecnici scientifici, ingegneri, sviluppatori, ma fanno fatica a trovarli.

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“Il mismatch non è una fatalità”, ha sottolineato Marcella Mallen, consigliera del CNEL, “va affrontato con riforme coraggiose, visione strategica e investimenti nei talenti”. Secondo l’analisi, la domanda di lavoro si sposta sempre più verso le professioni dei servizi a bassa e media qualificazione, mentre le alte competenze rimangono scarsamente disponibili, penalizzando i settori più innovativi.

Le previsioni: 3,7 milioni di nuovi ingressi entro il 2029

Guardando al medio termine, il report stima che tra il 2025 e il 2029 il sistema produttivo italiano, inclusa la Pubblica Amministrazione, avrà bisogno di assumere tra i 3,3 e i 3,7 milioni di lavoratori. Il 74% di questi sbocchi si troverà nei servizi, con i comparti alla persona (assistenza, sanità, educazione) che da soli assorbiranno fino a 826.000 unità.

La quota ICT, invece, resterà sotto il 3%: una soglia paradossale per un Paese che parla di transizione digitale ma che di fatto non la alimenta in termini occupazionali. I servizi avanzati, come consulenze aziendali, legali e finanziarie, cresceranno oltre il 10%, segnalando che la domanda c’è, ma spesso le competenze restano al palo.

Istruzione tecnica e STEM: il grande assente del sistema formativo

Cosa serve davvero alle imprese italiane? Secondo il report, almeno il 37% delle nuove assunzioni riguarderà laureati, in particolare in discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e diplomati tecnici. Eppure, i percorsi educativi continuano a produrre pochi profili specializzati. Quasi la metà dei nuovi posti sarà occupata da diplomati degli istituti tecnico-professionali, ma sono ancora troppi i giovani che ignorano queste strade.

Andrea Prete, presidente di Unioncamere, è categorico: “Il mismatching è oggi un problema strutturale dell’economia italiana. Occorrono politiche di orientamento, una valorizzazione concreta dell’istruzione tecnica e una migliore diffusione delle occasioni di lavoro offerte dalle imprese”. Il problema, insomma, non è solo dell’offerta, ma anche della percezione: troppi giovani inseguono lauree generaliste, mentre il mercato reclama tecnici e ingegneri.

Un paradosso che diventa emergenza nazionale

Il mismatch rischia di diventare il nuovo freno della crescita italiana. In un Paese dove l’occupazione cresce solo se trainata dalle piccole imprese tradizionali, e dove le competenze innovative restano rare, il divario tra offerta e domanda di lavoro si allarga. Non si tratta di un dettaglio tecnico: è la cartina di tornasole della nostra incapacità di pianificare il futuro.

“Questo report è uno strumento strategico per affrontare in modo concreto il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro”, ha concluso Brunetta, rilanciando l’esigenza di una “svolta strutturale” sul fronte dell’istruzione e della formazione.

Servono visione e coraggio

Il report CNEL-Unioncamere rappresenta un passo fondamentale per smascherare l’inadeguatezza delle politiche formative italiane. Ma da solo non basta. Il sistema educativo, le imprese e le istituzioni devono iniziare a parlare la stessa lingua. Senza una strategia condivisa, il rischio è che l’Italia continui ad avere una marea di giovani disoccupati e una marea di imprese senza personale. In un Paese che ha urgente bisogno di futuro, la sfida non è trovare lavoro. È formare chi possa davvero farlo.

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