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Ex Ilva, il sindaco di Taranto Piero Bitetti ritira le dimissioni e incontra Urso


Niente dimissioni, il sindaco di Taranto Piero Bitetti fa marcia indietro. Il primo cittadino è partito per Roma per raggiungere il ministero delle Imprese e del Made in Italy, dove alle 16 è previsto un incontro con il ministro Adolfo Urso per decidere il futuro dell’acciaieria ex Ilva di Taranto. La decisione è maturata nelle ultime ore, dopo giorni di tensioni politiche legate alla gestione del dossier siderurgico ex Ilva e alle proteste di alcune realtà ambientaliste.

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Ritirate le dimissioni di Bitetti

Bitetti si era dimesso lunedì sera per “inagibilità politica” dopo le contestazioni che, proprio sui temi della fabbrica e dell’accordo di programma sulla decarbonizzazione, lo avevano coinvolto. Sulla scelta di dimettersi, oltre alle polemiche, avrebbero influito anche le tensioni nella maggioranza di centrosinistra sul nodo del siderurgico. Bitetti ha però affermato di aver ricevuto “segnali di vicinanza e numerose attestazioni di stima che l’hanno indotto a un ripensamento”. Bitetti aveva fatto appello alle forze sane della città, traendo le conclusioni che:

ci sono le condizioni per ripartire. C’è una maggioranza silenziosa della città, che ha votato e che si aspetta risposte dal sindaco e dalla maggioranza

La revoca delle dimissioni sarebbe legata all’esigenza di garantire la presenza istituzionale della città al tavolo ministeriale, poiché la sua assenza lascerebbe scoperta la rappresentanza del Comune in un momento cruciale. Visto il suo ripensamento, oggi pomeriggio alle 16 sarà al Mimit per partecipare all’incontro convocato dal ministro Adolfo Urso sull’ex Ilva.

Cosa c’è scritto nell’accordo e cosa chiede Taranto

Non è prevista oggi alcuna firma da parte delle istituzioni locali sull’accordo proposto dal Governo. Regione Puglia e Provincia di Taranto hanno già detto che oggi non vi sono le condizioni per firmare.

L’accordo di programma è un documento importante per la vendita dell’acciaieria. L’ex Ilva è da più di un anno in amministrazione controllata, dopo la gestione del gruppo franco-indiano ArcelorMittal. Ora il governo vorrebbe venderla e trovare un modo per risolvere gli annosi problemi ambientali e occupazionali legati all’impianto. Per farlo, però, deve dare prospettive ai possibili acquirenti.

Nell’acciaieria è in funzione solo un altoforno su quattro e nel 2024 l’impianto ha prodotto meno di 2 milioni di tonnellate di acciaio, una quota che non compensa i costi. Per arrivare a un pareggio si dovrebbero produrre almeno 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno. L’accordo di programma dovrebbe tenere conto di tutto questo, cioè della necessità di produrre di più e allo stesso tempo di dismettere l’alimentazione a carbone per inquinare di meno.

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Stando alla bozza, l’ex Ilva ripartirebbe dalla costruzione di tre forni elettrici che andranno progressivamente a sostituire gli altiforni a carbone. Il Comune di Taranto però propone uno scenario alternativo: oltre ai tre forni elettrici, chiede la costruzione di un impianto Dri (Direct Reduced Iron, un modo alternativo di produrre ferro che consente di utilizzare gas al posto del carbone) e uno per la cattura e lo stoccaggio di CO2. Il nodo riguarda principalmente il Dri, che il ministro Urso vorrebbe rimandare a un secondo momento.

Decreto ex Ilva, sì della Camera alla fiducia

Intanto, la Camera ha approvato questo pomeriggio con 178 voti a favore la fiducia al decreto ex Ilva. I contrari sono stati 107 e gli astenuti 4. Il decreto-legge che va verso l’ok finale di Montecitorio introduce una serie di misure per garantire continuità produttiva, rilancio industriale e sostegno occupazionale, con focus sul polo ex Ilva.

La legge prevede un finanziamento statale fino a 200 milioni di euro per il 2025 destinato a Ilva in amministrazione straordinaria, per interventi urgenti sugli impianti e per garantirne la sicurezza.





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