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La crisi di Marelli . Sigle, Comune e Regione in pressing sul governo: “Servono garanzie”


Il destino di Marelli è ancora incerto. Chiusa la prima fase del Chapter 11, la procedura americana che ha consentito il passaggio della proprietà di Marelli da Kkr al consorzio costituito dai principali creditori del gruppo, Deutsche Bank, i fondi Svp, Fig, Pcm e Mbk Partners, per l‘azienda con 6mila lavoratori in Italia (570 in via Timavo in città) si apre una fase delicata. E molto dipenderà dalle decisioni del principale cliente, Stellantis.

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Ieri, al termine dell’incontro al ministero delle Imprese con la direzione del colosso della componentistica auto, i sindacati hanno registrato “alcuni piccoli segnali positivi”, ma il futuro degli stabilimenti non è chiaro.

Se ci sono novità incoraggianti a Sulmona, in Abruzzo, “per i bracci oscillanti diretti al Ducato Messico”, si sono riaperte “importanti discussioni da cui dipenderà lo stesso destino degli stabilimenti più esposti”. Da qui, Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Aqcfr hanno chiesto al ministero di darci sostegno, “per praticare un’opera di moral suasion su Stellantis e sulla stessa Marelli affinché gli accordi sulle future forniture siano presto raggiunti”. Del resto, “i risultati del primo semestre 2025 risentono del calo dei volumi con conseguenti inevitabili ricadute sulla redditività. Quanto invece al Chapter 11, il tribunale americano ha sbloccato una ulteriore tranche di liquidità, garantendo quindi l’operatività produttiva. Alcuni problemi di fornitura si sono avuti soprattutto a Corbetta (Milano) per componenti elettronici”, riferiscono i sindacati, che hanno chiesto rassicurazioni scritte e “al governo di attivarsi nell’istituire un tavolo dedicato esclusivamente alla componentistica”, mentre il primo ottobre ci sarà un nuovo summit al Mimit.

A livello locale non si dormono sonni tranquilli. “Si conferma più che giustificata la preoccupazione per gli sviluppi della crisi di Marelli”, osserva l’assessore al Lavoro dell’Emilia-Romagna, Giovanni Paglia, per cui “risulta fondamentale che il ministero, col pieno coinvolgimento dei sindacati e delle istituzioni locali, mantenga un livello di vigilanza attiva, a tutela dei lavoratori e della produzione”, incalza l’assessore. Dalla Fiom bolognese il responsabile automotive Mario Garagnani ammette che “finché non sapremo il piano industriale della nuova proprietà, restano i timori”. In via Timavo, centro di ricerca e sviluppo di Marelli, la preoccupazione è relativa anche all’allungamento dei tempi, visto che prima che Deutsche Bank, i fondi Svp e altri prendano il timone, “si rischia che passino diversi mesi”. Da Bologna si monitora la situazione. Enrico Di Stasi, segretario provinciale del Pd, pressa il governo affinché “dia garanzie certe sul futuro della Marelli di Bologna così da tutelare produzioni, investimenti e livelli occupazionali, sia dell’azienda che dell’indotto, con un piano di rilancio per tutti i siti italiani”.

Alta l’attenzione da Città metropolitana e Comune: “Continueremo a seguire la situazione attraverso il Tavolo di crisi attivato al ministero delle Imprese e in Regione, con l’obiettivo della salvaguardia occupazionale e produttiva”, assicura Stefano Mazzetti, capo di Gabinetto del sindaco metropolitano e delegato al Lavoro, preoccupato sia per via Timavo, ma anche per i possibili effetti indiretti sulla Tecnomeccanica di Crevalcore, che conta 150 operai e il suo lavoro dipende per il 70% da Marelli.

ros. carb.

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