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tra dimissioni e partiti allo sbando


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In Calabria la politica ha il respiro corto. Da oltre un decennio alla Regione i cinque anni previsti dalla Costituzione si sono trasformati, sistematicamente, in obiettivi mancati.

 Dimissioni, vicende giudiziarie, lutti improvvisi: il filo della stabilità si è spezzato a ogni tornata. E con l’annuncio di dimissioni di Roberto Occhiuto, anche se ancora non formalizzate, la storia rischia di ripetersi. Di nuovo.

Scopelliti, Oliverio, Santelli, Occhiuto: quattro mandati, quattro finali mancati

Tutto comincia nel 2010, con Giuseppe Scopelliti, centrodestra. Eletto con un consenso travolgente, Scopelliti si dimette nel 2014 dopo una condanna per abuso d’ufficio quando era sindaco di Reggio Calabria. Fine del governo, elezioni anticipate a novembre dello stesso anno.

Subentra Mario Oliverio, centrosinistra, ma anche il suo percorso è tutt’altro che lineare. Il suo mandato tecnicamente arriva al 2019, completando così la legislatura, ma negli ultimi due anni è paralizzato da un’inchiesta giudiziaria e da uno scontro costante col governo centrale. Da più parti chiedono le sue dimissioni, ma lui non si dimette. 

I guai giudiziari di Mario Oliverio iniziano nel dicembre 2018, quando viene raggiunto da un provvedimento di obbligo di dimora nel suo comune di residenza, San Giovanni in Fiore, nell’ambito dell’inchiesta “Lande Desolate” condotta dalla procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri.

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L’indagine riguardava presunti appalti pilotati e sprechi di fondi pubblici in relazione a grandi opere mai realizzate o bloccate, come il nuovo villaggio sciistico di Lorica, il museo di Alarico a Cosenza, piazza Bilotti e altri interventi infrastrutturali. Secondo l’accusa, Oliverio avrebbe esercitato pressioni per agevolare imprese amiche, ma non gli fu contestato alcun arricchimento personale.

L’obbligo di dimora fu poi revocato, ma il colpo politico fu devastante. Il clima avvelenato e il logoramento interno al centrosinistra lo hanno reso sempre più isolato, tanto che il PD nazionale nel 2020 non lo ricandidò. Oliverio decise allora di correre da solo con una lista civica, ma fu fortemente penalizzato alle urne.

Negli anni successivi, gran parte delle accuse sono state archiviate o non hanno retto in giudizio, ma i danni politici furono già fatti. Oliverio è rimasto emarginato dalla scena politica regionale, e la sua vicenda è spesso citata come simbolo di una stagione di potere chiusa in sé stessa e incapace di rigenerarsi. Si ricandida nel 2020 ma è isolato e sconfitto sonoramente.

Poi, la tragedia. Nel 2020 viene eletta Jole Santelli, prima donna alla guida della Regione e simbolo del nuovo corso del centrodestra. Ma muore improvvisamente pochi mesi dopo l’elezione, nell’ottobre dello stesso anno. Un vuoto enorme, politico e umano. La Regione resta nelle mani del vice Spirlì per un anno intero, fino alle elezioni del 3-4 ottobre 2021, vinte da Roberto Occhiuto.

E ora siamo qui. Occhiuto ha annunciato le sue dimissioni, formalmente non ancora consegnate, ma comunque destinate a produrre effetti politici immediati. Anche in questo caso, il mandato non verrà completato. Quattro presidenti, quattro fallimenti sul tempo.

In nessun’altra Regione italiana si registra una simile continuità di crisi. Questo non significa solo instabilità politica, ma anche mancanza di continuità amministrativa, progettualità spezzate, riforme incompiute, fondi europei da rincorrere all’ultimo minuto. È una terra che paga un prezzo altissimo alla fragilità dei suoi vertici.

La Calabria rischia di fermarsi: fondi a rischio e partiti impreparati

Se la crisi politica innescata dall’annuncio di dimissioni di Roberto Occhiuto dovesse trasformarsi in realtà, la Calabria rischia di ritrovarsi ancora una volta in una fase di stallo, proprio nel momento in cui dovrebbe correre. Un ritorno anticipato alle urne, infatti, significherebbe paralisi istituzionale per mesi, in una Regione dove i ritardi si pagano carissimi.

C’è un piano di investimenti del Pnrr ancora in corso, ci sono fondi europei da programmare e rendicontare, ci sono progetti già avviati che potrebbero rallentare o addirittura arenarsi. Eppure, ancora una volta, la politica si ferma, mentre il tempo scorre. Ogni mese perso in campagna elettorale è un mese che la Calabria sottrae al proprio futuro.

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In questo contesto di alta delicatezza, il centrosinistra si presenta totalmente impreparato: non ha un candidato, non ha una coalizione solida, non ha una strategia. Nessun nome forte è emerso, nessuna leadership condivisa, nessuna narrazione alternativa capace di attrarre elettori o di parlare a un popolo disilluso. Il rischio è di affrontare una campagna elettorale in emergenza, rincorrendo i tempi, senza visione e senza radicamento.

Ma anche il centrodestra non è affatto tranquillo. Se fino a pochi giorni fa il grande nodo era trovare il candidato sindaco per Reggio Calabria, ora la sfida si è allargata all’intera Regione. La coalizione appare spiazzata, divisa, e sotto pressione. Le correnti interne tornano a farsi sentire e l’unità non è affatto scontata. Così come non è scontata la ricandidatura di Roberto Occhiuto, anche se lui l’annuncia. Dovrà fare i conti con i suoi e con la coalizione.

L’eventuale uscita di scena del presidente comporterebbe una riprogrammazione profonda degli equilibri interni, tra partiti e territori.

La Calabria, ancora una volta, si trova in bilico tra il rischio del vuoto e l’urgenza di fare presto. Ma il vuoto, come la storia insegna, si riempie solo se qualcuno è pronto. E oggi, nessuno lo è davvero.



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