BCE, clima e collaterali —
Dal 2026, il rischio climatico entrerà a pieno titolo nei criteri di valutazione dei collaterali bancari della BCE. Un cambiamento epocale che ridefinisce il rapporto tra finanza, ambiente e stabilità monetaria.
La Banca Centrale Europea (BCE) si prepara a introdurre una svolta significativa nella gestione del rischio sistemico, collegando in modo diretto le valutazioni dei collaterali – gli attivi utilizzati come garanzia nelle operazioni di rifinanziamento – all’esposizione delle controparti ai rischi climatici. Il nuovo “fattore climatico”, annunciato dal Consiglio direttivo della BCE e previsto per la seconda metà del 2026, nasce in risposta alla crescente instabilità economica causata dai cambiamenti ambientali, e rappresenta un’iniziativa pionieristica nel panorama regolatorio europeo.
Perché un fattore climatico?
Le ragioni di questo intervento sono da ricercare nei risultati degli stress test climatici condotti dalla BCE negli ultimi anni. Secondo quanto riportato nei rapporti dell’istituto di Francoforte, gli attivi finanziari più esposti ai rischi ambientali – come quelli emessi da imprese ad alta intensità di carbonio – mostrano una vulnerabilità crescente in caso di eventi estremi o in scenari di transizione ecologica accelerata. Aumenta quindi la possibilità che tali garanzie perdano rapidamente valore, compromettendo la solidità del bilancio dell’Eurosistema.
In risposta a questa evidenza, la BCE ha deciso di introdurre un sistema di haircut differenziato, ovvero tagli al valore dei collaterali, calcolati in base al grado di esposizione climatica. Come affermato nelle linee guida aggiornate allegate al quadro di riferimento del 2025, si tratta di un passaggio necessario per integrare i rischi ambientali nel cuore della politica monetaria.
Come funziona il nuovo sistema
Il “fattore climatico” non si applica in modo uniforme, ma si basa su un sistema a punteggio che valuta tre elementi chiave:
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Fattore di stress settoriale: valuta il rischio climatico medio per settore economico, applicando tagli più severi ad attivi di aziende operanti in comparti ad alta emissione.
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Esposizione alla transizione verde: si rifà alla metodologia del Corporate Sector Purchase Programme (CSPP), per valutare la capacità dell’emittente di adattarsi a un’economia decarbonizzata.
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Sensibilità ai mercati climatici: misura quanto il prezzo di un titolo sia vulnerabile agli eventi estremi o alle politiche ambientali.
Questi indicatori, combinati in un punteggio complessivo, porteranno a una riduzione più o meno marcata del valore accettato dei collaterali. Il risultato è una gestione del rischio più prudente, ma anche un forte segnale al mercato verso una finanza più sostenibile.
Impatti sulle controparti finanziarie
Le implicazioni pratiche sono significative. Le istituzioni finanziarie che si affidano a titoli ad alta esposizione climatica come garanzia nelle operazioni con la BCE potrebbero vederne ridotto drasticamente il valore riconosciuto. Questo potrebbe generare una contrazione della liquidità disponibile, in particolare per quelle banche con portafogli ancora fortemente ancorati a settori non allineati alla transizione ecologica.
Tuttavia, la BCE ha chiarito che la calibrazione del fattore climatico sarà “proporzionata e graduale”, in modo da non compromettere la trasmissione della politica monetaria. Le controparti potranno continuare a scegliere liberamente gli attivi da presentare come garanzia, ma saranno incentivate a riorientare le proprie strategie verso strumenti finanziari più resilienti dal punto di vista climatico.
Verso un ecosistema normativo coerente
Il nuovo approccio della BCE si inserisce in un quadro più ampio di regolamentazione europea sulla finanza sostenibile. A partire dall’approvazione dell’European Green Deal e dalla nascita del Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), fino al più recente EU Taxonomy Regulation (Regolamento UE 2020/852), l’Unione Europea ha progressivamente introdotto obblighi di trasparenza e classificazione per guidare i flussi di capitale verso attività sostenibili.
Nel 2025, con l’entrata in vigore di nuove direttive attuative, è stato rafforzato l’obbligo per le istituzioni finanziarie di integrare il rischio climatico nei propri processi decisionali, anche attraverso strumenti come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che impone standard di rendicontazione più stringenti in materia ambientale. La BCE, in coerenza con questa strategia, sta aggiornando anche i propri quadri giuridici interni per garantire che il nuovo fattore climatico sia pienamente integrato a livello normativo.
Una transizione graduale ma irreversibile
La tempistica scelta – seconda metà del 2026 – permetterà al sistema bancario europeo di adeguarsi gradualmente, sia sotto il profilo tecnologico che normativo. Durante il 2025, l’Eurosistema continuerà a raccogliere dati, aggiornare le metodologie e rilasciare documenti di consultazione. Come indicato nella roadmap della BCE, una revisione del sistema sarà prevista già nel 2027, per adattare le soglie alla disponibilità di dati e all’evoluzione scientifica.
In prospettiva, il fattore climatico potrebbe rappresentare il primo passo verso un’integrazione sistematica dei rischi ambientali in tutte le attività della BCE, comprese le operazioni di acquisto titoli e le riserve di politica monetaria. Un cambio di paradigma, che non riguarda solo la finanza ma l’intera tenuta del sistema economico europeo davanti alla sfida climatica.
L’integrazione del fattore climatico nella valutazione dei collaterali segna un punto di svolta nella politica monetaria europea. Non si tratta più solo di greenwashing, ma di una riforma strutturale che lega direttamente la sostenibilità ambientale alla stabilità finanziaria. In un momento in cui l’Europa si trova ad affrontare eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili, questa misura appare come un passaggio necessario per garantire la resilienza del sistema economico.
Con una regolamentazione coerente, strumenti di analisi raffinati e un percorso di implementazione progressivo, la BCE si candida a diventare un modello globale di central banking responsabile. Un modello che riconosce, finalmente, che non c’è solidità monetaria senza equilibrio ecologico.
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