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Il fisco premia le banche? Solo il 24% di tasse su 46 miliardi di utili nel 2024 – Italia News


Unimpresa denuncia: le banche italiane godono di una pressione fiscale molto più leggera rispetto a imprese e lavoratori. Serve una riforma per l’equità.

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Una pressione fiscale leggera come una piuma

Nel 2024 le banche italiane hanno registrato utili netti pari a 46,5 miliardi di euro, versando però solo 11,2 miliardi in tasse. Il risultato? Un tax rate effettivo del 24,2%, ben al di sotto della soglia del 40% che colpisce lavoratori e piccole imprese. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, che lancia l’allarme su una disparità fiscale sempre più evidente.

Il confronto è impietoso: mentre le PMI faticano a reggere il peso di un sistema fiscale oppressivo, le banche godono di una tassazione simile a un paradiso fiscale.

Sette anni di utili record e tasse contenute

Nel periodo 2018–2024, le banche italiane hanno accumulato 162 miliardi di utili netti, a fronte dei quali sono stati versati solo 33,9 miliardi di euro in imposte, pari a una media del 20,9%. I ricavi complessivi del settore sono stati pari a 626,3 miliardi, con costi per 391,3 miliardi e margini d’interesse (i guadagni da attività di prestito) pari a 331,2 miliardi.

La redditività è aumentata soprattutto negli ultimi due anni, trainata dall’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea, che ha gonfiato i margini sul credito senza far lievitare i costi.

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Il paradosso del 2020 e l’anomalia pandemica

Un solo anno ha fatto eccezione: il 2020, segnato dalla pandemia, ha visto una flessione degli utili netti a 2,2 miliardi e un tax rate esploso al 61,5%. Un dato anomalo che riflette la drastica riduzione dei profitti, più che un reale aumento della pressione fiscale.

Negli altri sei anni, invece, la tassazione sulle banche è rimasta costantemente sotto il 25%, con punte minime nel 2018 (13,6%) e nel 2021 (13,8%).

Il problema non è la legalità, ma l’equità

Secondo Unimpresa, il fenomeno è in gran parte spiegabile con l’uso di strumenti agevolati, la compensazione di perdite fiscali pregresse o altre pratiche di ottimizzazione fiscale perfettamente legali. Tuttavia, ciò non cancella la questione di fondo: è equo che uno dei settori più redditizi del Paese contribuisca così poco al sistema?

Lo stesso vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, è chiaro: “Non si tratta di criminalizzare il sistema bancario, ma di aprire un confronto serio sulla giustizia fiscale”.

Redistribuire il carico fiscale è possibile?

La proposta di Unimpresa non è quella di imporre nuove tasse per decreto, ma di avviare una riforma trasparente del sistema tributario che non penalizzi chi produceinveste e assume. L’alternativa, avverte Spadafora, è una frattura sempre più profonda tra finanza ed economia reale, tra banche super-redditizie e un tessuto produttivo soffocato dal fisco.


Domande e risposte

  1. Qual è stato il tax rate delle banche italiane nel 2024?
    Il 24,2% sugli utili netti di 46,5 miliardi.
  2. Quanto hanno pagato in tasse le banche nel 2024?
    11,2 miliardi di euro.
  3. Qual è il tax rate medio dal 2018 al 2024?
    Il 20,9% sui 162 miliardi di utili netti cumulati.
  4. Come si confronta questo con la pressione fiscale sulle PMI?
    Le PMI arrivano a superare il 60% di prelievo fiscale.
  5. Perché il tax rate nel 2020 è stato del 61,5%?
    Perché gli utili si sono ridotti drasticamente a causa della pandemia.
  6. Che ruolo ha avuto la BCE in tutto questo?
    L’aumento dei tassi ha favorito i margini d’interesse delle banche.
  7. Si tratta di evasione fiscale?
    No, ma di uso legale di strumenti di ottimizzazione fiscale.
  8. Quali sono le proposte di Unimpresa?
    Avviare una riflessione politica sulla redistribuzione equa del carico fiscale.
  9. Cosa rappresenta il margine d’interesse?
    I profitti delle banche derivanti dalle attività di prestito.
  10. Quali sono le implicazioni per l’economia reale?
    Rischio di squilibrio sistemico tra settori produttivi e finanziari.



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