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in crisi le botteghe tipiche del made in Italy


Una volta quando si parlava di artigiani la prima immagine che era in mente era il professionista che bussava alla porta con la cassetta degli attrezzi, pronto ad aggiustare qualcosa. Oppure quel piccolo negozio-bottega di vicinato a cui andare a portare oggetti rotti o malfunzionanti. Ora, invece, è cambiato tutto. Nell’era dell’internet delle cose, dell’e-commerce per qualsiasi necessità e dell’Intelligenza artificiale, le botteghe storiche del “made in Italy” chiudono, sostituite da nuovi lavori.

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Secondo un’elaborazione di Unioncamere e InfoCamere, realizzata a partire dai dati del Registro delle Imprese, nel biennio 2023-2025, tra i mestieri artigiani si è assistito ad un’accelerazione di estetisti (+10,4%), tassisti (+7,2%) e specialisti informatici (+5,4%), con officine digitali che prendono il posto delle botteghe tradizionali. A soffrono invece tanti mestieri tradizionali, spesso legati all’edilizia o al manifatturiero. Tra gli identikit che sono in difficoltà, quello dei falegnami (calano del 10,9%), dei trasportatori (-8,9%), e degli elettricisti ( -2,9%).

E non a caso, nel frattempo, secondo i dati diffusi dall’Istat, continuano a scendere le vendite nei piccoli negozi al dettaglio (-1,7% a giugno su base annua), mentre crescono ancora il commercio elettronico (+4,1%) e la grande distribuzione (+3,4%). In tutto al 31 marzo scorso le imprese artigiane registrate in Italia erano 1,24 milioni, ovvero il 21,2% del totale del tessuto imprenditoriale.

GLI IDENTIKIT
Dal 2023 a oggi ci sono 4.629 nuove imprese di estetisti, 1.045 nuovi tassisti e quasi 700 tecnici informatici in più. Ma a salire sono anche i giardinieri (+4,7%) ei serramentisti (+4,6%). Tra i cali in numero assoluto, invece, spiccano quello dei trasportatori (-3.687), degli elettricisti (-1.677), dei falegnami (-1.630), dei panettieri (-1.445), dei meccanici (-1.237) e degli idraulici (-1.227). Ma a soffrire molto sono anche lavanderie (-8,8%), imbianchini (-8,5%), calzolai (-7,5%), ristoratori (-5,4%), gelatieri e pasticceri (-4,6%), fabbri (-4,2%) e posatori (-4%). Mentre i muratori sono calati solo dello 0,4%, segno del fatto che sono ancora indispensabili per lo sviluppo dell’edilizia.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

A tenere in vita i mestieri artigiani, seppur diversi rispetto al passato, sono per lo più giovani, donne e stranieri. Si adattano a un lavoro che, secondo Unioncamere e InfoCamere, diventa più «leggero, digitale e urbano». Queste categorie sono maggiormente in grado di intercettare la crescente domanda di servizi su misura, unita all’accelerazione della trasformazione tecnologica. Le imprese femminili vedono un forte incremento tra estetisti (+11%) e tassisti (+14,8%), mentre soffrono comparti tradizionali come lavanderie (-10,0%) e confezionisti (-8,3%). Il gruppo degli under 35 è formato dagli specialisti informatici (+15,6%) e dai tassisti (+11,1%), ma soffre pesantemente tra confezionisti (-31,6%) e falegnami (-26,7%). Gli imprenditori stranieri, infine, si distinguono anche loro per un aumento consistente di tassisti (+28,4%) e professionisti informatici (+29,2%).

LE RICETTE
Sul cambiamento del macro-settore artigianato potrebbe però ora incidere i dazi e le tensioni commerciali. Secondo il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, «l’incertezza internazionale e le tariffe statunitensi, le cui esenzioni non sono ancora chiare, pesano e peseranno». Le aziende italiane, tuttavia, aggiunge «sono molto flessibili e pronte a guardare ad altri mercati di sbocco assai di più che a tagli delle linee di produzione».

Insomma, il concetto chiave è quello di diversificare i mercati per ridurre i rischi. Secondo Prete l’esecutivo dovrebbe quindi «sostenere ancora questo sforzo. E poi migliorare infrastrutture e logistica, essenziali per recuperare gap di sviluppo in alcune aree del Paese». Tra le richieste anche l’estensione della Zes unica e l’allargamento del sostegno agli investimenti (con strumenti come Industria 4.0) anche all’export.


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