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Lode all’agrivoltaico. Il Vaticano punta a essere il primo Stato 100% rinnovabile grazie al nuovo impianto di Santa Maria di Galeria, mentre l’Italia lascia indietro pure i fondi Pnrr


Oltre un milione di ragazze e ragazzi ha partecipato alla messa che Papa Leone XIV ha celebrato a Tor Vergata per il Giubileo dei giovani, con un messaggio di pace e speranza che s’accompagna a quello maturato poco prima a Palazzo Borromeo in Roma – sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede – sulla firma l’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana per un impianto agrivoltaico all’interno della zona extraterritoriale di Santa Maria di Galeria (un territorio di proprietà della Santa Sede su suolo italiano, a Roma), estendendo alla finalità di produzione di elettricità rinnovabile i benefici previsti dagli articoli 15 e 16 del Trattato del Laterano, che erano stati già concessi nel 1951 agli impianti di radio vaticana.

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A firmare l’accordo – che diventerà ufficialmente valido quando entrambe le parti avranno completato le procedure interne – sono stati, per la Santa Sede, l’Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, e per l’Italia, l’Ambasciatore Francesco Di Nitto, rappresentante italiano presso la Santa Sede.

Si tratta di concretizzare il progetto di un impianto agrivoltaico a Santa Maria di Galeria, fortemente voluto da Papa Francesco e confermato da Papa Leone XIV, che potrebbe rendere il Vaticano il primo Stato alimentato al 100% da elettricità rinnovabile: «La realizzazione di un impianto agrivoltaico a Santa Maria di Galeria – informano dalla Santa Sede – consentirà l’approvvigionamento di energia elettrica da fonti rinnovabili dello Stato della Città del Vaticano. L’energia elettrica prodotta in eventuale eccedenza resterà nella disponibilità della Repubblica Italiana, anche per finalità sociali».

Già Papa Francesco, con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio Fratello Sole del 21 giugno 2024, aveva affidato, al Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e al Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, “l’incarico di realizzare un impianto agrivoltaico ubicato all’interno della zona extraterritoriale di Santa Maria di Galeria, che assicuri, non soltanto l’alimentazione elettrica della stazione radio ivi esistente, ma anche il completo sostentamento energetico dello Stato della Città del Vaticano”.

«L’impianto – argomenta il Vaticano – sarà progettato tenendo conto delle migliori tecnologie disponibili per rispettare il più possibile il territorio: sarà quindi pensato per conciliare l’uso agricolo del suolo con la produzione energetica, per proteggere l’equilibrio idrogeologico, ridurre l’impatto ambientale e tutelare il patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico della zona».

L’Accordo è composto da cinque articoli ma i dettagli non sono stati resi noti: da media cattolici emerge che il Vaticano non beneficerà di incentivi finanziari da parte dell’Italia – a fronte di un investimento stimato in circa 100 milioni di euro – mentre il nostro Paese potrebbe contabilizzare il parco agrivoltaico (che si estenderebbe su circa 430 ettari) per contribuire al raggiungimento dei propri obiettivi in sede europea in merito alla produzione di energia rinnovabile.

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È utile ricordare che l’agrivoltaico rappresenta una delle soluzioni più innovative e promettenti per conciliare la produzione agricola con la generazione di energia rinnovabile, tant’è che sotto i pannelli solari si stima una crescita della produttività per molte colture (ad esempio vite +30%, insalata +10%, colture foraggere +40%) grazie all’effetto ombreggiante e cona riduzione del fabbisogno idrico, offrendo un’importante opportunità per integrare il reddito degli agricoltori e per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione del settore primario.

Paradossalmente, mentre lo Stato italiano sostiene gli sforzi di decarbonizzazione del Vaticano attraverso l’agrivoltaico, al contempo le imprese italiane non riescono neanche ad accedere ai fondi Pnrr (1,1 miliardi di euro) stanziati a sostegno sempre dell’agrivoltaico a causa di condizioni d’incertezza – sotto il profilo normativo, autorizzativo, delle tempistiche – «davvero troppo elevate», come spiegato sulle nostre colonne da Alessandro Migliorini per l’impresa di settore European Energy.

«L’agrivoltaico – spiegava già ad aprile Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, in occasione del primo Forum nazionale del Cigno verde sulle rinnovabili che fanno bene all’agricoltura – si sta affermando come una delle frontiere più promettenti della transizione energetica, capace di coniugare la produzione di energia pulita con un’agricoltura più resiliente ed efficiente. Il Paese sta però pagando lo scotto di una campagna denigratoria contro le rinnovabili in agricoltura, che invece può trarre beneficio anche dalla realizzazione di impianti agrivoltaici sui terreni, oltre che del fotovoltaico sui tetti delle aziende».





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