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meno opportunità di exit e sviluppo


In Italia le opportunità di uscita dagli investimenti in Venture Capital sono relativamente minori, un fatto che costituisce un ostacolo agli investimenti stessi. Non è un’opinione di parte, anche se probabilmente diversi attori del settore dell’innovazione italiana potrebbero concordare con questa analisi.

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Il problema delle exit nel Venture Capital italiano

A scriverlo è la Banca d’Italia in un rapporto dedicato al venture capital del nostro Paese intitolato “Il mercato italiano del venture capital” a firma di Raffaele Gallo, Federico Maria Signoretti, Ilaria Supino, Enrico Sette, Paolo Cantatore e Marco Luigi Fabbri. Il report è molto ampio, variegato e strutturato in diverse sezioni che toccano numerosi argomenti e temi di sicuro interesse. Alcuni però sembrano emergere rispetto agli altri e quindi meritano di essere approfonditi e citati in maniera più ampia e discorsiva.

Le carenze strutturali nel Venture Capital italiano

Se quello dell’innovazione è definito “ecosistema” ognuna delle sue componenti comunica con le altre e ne influenza esistenza e sviluppo, nel bene e nel male. Ecco perché tra i vari temi su cui pone l’accento la Banca d’Italia nella sua analisi dettagliata c’è anche quello delle exit nel nostro Paese. Non un elemento isolato che arriva alla fine di un percorso che ha visto esaurirsi naturalmente all’interno delle varie fasi che lo caratterizzano, ma un elemento in grado di determinare o meno nuove opportunità di investimento.

Si legge infatti nel report: “In Italia le opportunità di uscita dagli investimenti in VC sono relativamente minori, il che costituisce un ostacolo agli investimenti stessi. Una liquidazione redditizia è il principale motore degli investitori in VC, che ricercano rendimenti elevati e hanno bisogno di liquidare i propri asset illiquidi dopo un periodo di tempo limitato (…) A ciò si aggiunge la presenza relativamente scarsa di grandi imprese innovative, che offrono la possibilità di exit al VC tramite l’acquisizione della startup”. Le exit sono una delle tra macro aree che la Banca d’Italia individua come quelle su cui si deve lavorare maggiormente in Italia: a loro bisogna infatti aggiungere in primo luogo il fatto che in Italia ci sono relativamente poche idee innovative e commercializzabili, il che limita la domanda di finanziamenti di rischio; in seconda battuta il settore dei fondi di venture capital nazionale è sottodimensionato rispetto a Francia e Germania, il che limita l’insieme di risorse disponibili per il finanziamento seed delle imprese innovative nazionali e per la crescita futura in Italia.

La ritardata crescita degli investimenti (non solo) pubblici in VC

Spesso si sottolinea quanto l’apporto e il supporto del settore pubblico a quello del Venture Capital rappresenti un elemento imprescindibile per immaginare una nuova fase rispetto a quella che si è andata consolidando nel corso degli ultimi anni. Una posizione che sembra condividere anche la Banca d’Italia che all’interno della sua analisi ricorda come l’inizio degli investimenti pubblici in Venture Capital sia avvenuto in ritardo nel nostro Paese rispetto ad altri contesti come Francia o Germania, dove rispettivamente, un operatore pubblico – BPI e Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW) – ha iniziato a investire ingenti risorse nel 2012 e nel 2011. Per l’Italia invece si è dovuto attendere il 2019 perché avvenisse un’operazione paragonabile. La dinamica osservata nel mercato italiano dal 2019 è in linea con quella di Francia e Germania dopo l’avvio dell’intervento pubblico in quei Paesi.

In tutti e tre i casi la dimensione del mercato ha iniziato a crescere pochi anni dopo il primo investimento pubblico significativo, raddoppiando nel giro di pochi anni. Riporta ancora il report della Banca d’Italia: “Nel periodo 2019-2023, la quota di fondi raccolti dal settore VC nazionale da investitori istituzionali è stata del 18% in Francia, contro solo il 2% in Italia”. Più in generale “Gli investimenti in VC in Italia sono bassi rispetto ad altri paesi europei, indipendentemente dalla fonte e dalla definizione di VC utilizzata. Tra il 2021 e il 2023, gli investimenti totali in VC nelle imprese italiane sono stati pari a un quinto di quelli investiti in Francia e Germania. In percentuale del PIL, gli investimenti in VC in Italia sono stati in media dello 0,03% nel periodo 2021-2023, rispetto allo 0,09% di Francia e Germania”.

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Il ruolo delle politiche pubbliche nel rilancio del VC

In uno scenario che presenta così tanti elementi che concorrono alla creazione di uno scenario non ideale ecco che il ruolo delle politiche dei vari governi assume una funzione ancora più strategica. Un altro concetto sottolineato e inserito dalla Banca d’Italia nel proprio lavoro di analisi: “Le politiche pubbliche dovrebbero continuare a sostenere la crescita dell’ecosistema italiano del venture capital, poiché questo è fondamentale per aumentare la produttività; dati i riscontri lungo l’intera catena del valore del venture capital, le politiche dovrebbero affrontare le debolezze lungo diverse dimensioni (…)

Per quanto riguarda il settore del VC nazionale, i fondi trarrebbero beneficio da una semplificazione degli obblighi normativi e da una riduzione dei costi di compliance per i gestori di fondi di investimento di minori dimensioni, che potrebbero essere considerati nel contesto della riforma del Testo Unico della Finanza (Bancad’Italia, 2024). Come in altre giurisdizioni, un maggiore coinvolgimento degli investitori istituzionali, che attualmente investono una quota limitata del proprio patrimonio in VC, potrebbe determinare un aumento significativo delle dimensioni del mercato domestico”.

Dl Centemero: un passo verso il sostegno all’innovazione

Il Dl Centemero rappresenta un primo segnale importante di sostegno al settore dell’innovazione in Italia, l’auspicio da parte di tutti gli operatori del settore è che non rimanga un provvedimento “isolato”, ma venga inserito in un progetto a più ampio respiro di politica industriale che abbia uno sguardo privilegiato su tutti quei progetti industriali che guardano al domani e che provano a disegnare il prossimo futuro dell’Italia in ambito nazionale e internazionale.



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