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Fondi PNRR sotto attacco: tra frodi, imprese fittizie


Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta uno dei più grandi investimenti pubblici della storia recente. Ma mentre molti imprenditori e amministrazioni lo stanno sfruttando per costruire un’Italia più competitiva, c’è chi ha scelto una strada diversa: quella delle scorciatoie e dei raggiri ben mascherati.

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A fare luce su queste zone d’ombra è la Guardia di Finanza, che in 18 mesi ha ispezionato oltre 15.000 progetti finanziati con risorse pubbliche per un totale di 11,3 miliardi di euro. I risultati parlano chiaro: false imprese femminili, start-up solo di nome, fatture artefatte e flussi finanziari opachi. Una vera economia parallela, che si nutre di fondi europei e ne svuota gli obiettivi.

Imprenditoria femminile solo sulla carta

Tra i raggiri più frequenti c’è l’abuso dei fondi destinati all’imprenditoria femminile. In apparenza, aziende “rosa”, in realtà gestite da uomini che, in vista della scadenza dei bandi, intestano l’impresa a parenti donne (mogli, figlie, sorelle) per accedere a fondi riservati.

Spesso le donne coinvolte non hanno alcun ruolo operativo, oppure sono consapevoli ma solo formalmente presenti. Il controllo reale dell’azienda non cambia, ma sulla carta tutto appare in regola. Un meccanismo tanto semplice quanto dannoso, che lede i diritti delle vere imprenditrici e altera la distribuzione delle risorse.

Start-up di facciata: vecchi progetti con nomi nuovi

Altro fronte critico è quello delle false start-up. Qui il trucco è ripresentare attività già esistenti come se fossero idee nuove: si cambia nome, si fa un leggero restyling, magari si aggiunge un tocco “digitale” per dare un’aria innovativa. E così, un progetto già avviato diventa miracolosamente “start-up”.

L’obiettivo? Accedere più facilmente ai fondi per l’innovazione, facendo leva sulla difficoltà degli enti di verifica nel controllare ogni dettaglio. Un maquillage burocratico che può ingannare i sistemi di selezione, ma non porta reale progresso.

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Fatture gonfiate e soldi all’estero: il trucco contabile

Le anomalie non finiscono qui. Le indagini hanno scoperto anche:

  • Fatture sovrastimate emesse da aziende senza dipendenti o senza sede operativa;

  • Bonifici esteri verso conti opachi, spesso ritirati in contanti;

  • Operazioni finanziarie simulate per mascherare l’uso reale dei fondi.

Uno schema che trasforma risorse pubbliche in guadagni illeciti, coperti da una facciata di legalità. E nel frattempo, chi opera correttamente si trova penalizzato in un sistema distorto.

L’Europa osserva e alza la guardia

Anche la Procura europea (EPPO) ha acceso i riflettori sul fenomeno, consapevole del rischio che queste frodi rappresentano per l’intero impianto di finanziamento europeo. I settori coinvolti sono i più disparati: infrastrutture, sanità, pubblica amministrazione, digitale, formazione. Nessun comparto è davvero al sicuro.

Ogni euro sottratto alla collettività è un’opportunità persa per creare lavoro, innovazione e servizi pubblici migliori. E ogni frode mina la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e dei programmi di sostegno economico.

Oltre i controlli: serve una svolta culturale

La risposta delle autorità è concreta: controlli incrociati, banche dati digitali, collaborazioni tra forze dell’ordine e magistratura. Ma non è abbastanza. Per fermare davvero questo fenomeno, serve un cambio di approccio.

Dobbiamo imparare a valutare i progetti in profondità, premiare la qualità vera, supportare chi lavora con etica e trasparenza. I fondi del PNRR non sono infiniti e non torneranno: sprecare questa occasione storica – o lasciarla in mano a chi la usa per arricchirsi illegalmente – è un lusso che il Paese non può permettersi.



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