L’azienda è stata rilevata integralmente dal Gruppo CSG, Czechoslovak Group. «Ma rimarrò presidente fino a luglio 2026, che coincide con il 150esimo della società»
La fine di un’epoca. E’ trascorso quasi un secolo e mezzo da quando Giulio Fiocchi nel 1876, nipote di un banchiere milanese, acquistò a Lecco una fabbrica che produceva fucili e cartucce, ponendo le basi per quella che sarebbe diventata un’azienda leader nella produzione di munizioni di piccolo calibro per caccia, tiro, sicurezza e difesa. La famiglia Fiocchi ha ceduto le sue quote al Gruppo CSG, Czechoslovak Group, colosso della difesa della Repubblica Ceca, che già aveva comprato la maggioranza nel 2022. Si chiude definitivamente un’era nella storia dell’eccellenza lecchese, che per la prima volta, dopo cinque generazioni, non vedrà più la famiglia fondatrice tra i propri azionisti. 1500 dipendenti, 940 a Lecco in via Santa Barbara, sedi in Inghilterra, Stati Uniti e Bologna, con la recente acquisizione della Baschieri & Pellagri, un fatturato stabile a 360 milioni di euro negli ultimi tre anni. Una lieve flessione negli Usa per la riduzione dei consumi in seguito all’aumento dell’inflazione, ma la forte crescita nel resto del mondo. Stefano Fiocchi resta alla guida come presidente. Per il momento.
Perché avete deciso di vendere proprio adesso?
«In realtà la decisione è frutto di un percorso iniziato nel 2017, quando la Giulio Fiocchi si è resa conto che, a causa di un azionariato molto polverizzato, con le quote divise tra decine di eredi, non avrebbe potuto continuare da sola- spiega Stefano Fiocchi-. Si è presentata l’occasione prima col fondo Charm, di Montezemolo, col quale si è intrapreso un percorso di internazionalizzazione e di crescita, poi tre anni fa è arrivato questo grosso gruppo industriale, che ha rilevato le quote del fondo. Di conseguenza già da anni di fatto la gestione operativa e industriale della società non era più in mano alla famiglia. Anche se in azienda, oltre a me lavorano mio cugino Costantino e mio nipote Leonardo. Non bisogna confondere però la proprietà con la gestione, anche se continueremo ad essere presenti. La mia preoccupazione è sempre stata quella della continuità imprenditoriale, del mantenimento della società, delle maestranze, del know-how».
A questo proposito quali sono gli accordi con la società della Repubblica Ceca in merito alla garanzia dei posti di lavoro?
«Di formale non c’è nulla, però è insita nella scelta industriale. Il Governo ha autorizzato la golden power con la raccomandazione del mantenimento dell’occupazione e della produzione in Italia. Pensare di spostare uno stabilimento così complesso sarebbe un’operazione fallimentare. Inoltre la produzione è concentrata tutta qui, non abbiamo altre succursali, qui entrano le materie prime ed escono le munizioni. Quindi vorrei tranquillizzare maestranze e cittadinanza: la Fiocchi non si sposterà».
Come è possibile però conciliare gli annunciati progetti di crescita con gli spazi lecchesi?
«Questo è il vero problema. Stiamo veramente, come si suol dire, raschiando il fondo del barile per trovare spazi, ma ormai sono praticamente finiti. Abbiamo ancora la possibilità di costruire un capannone in un futuro al di là della strada, stiamo valutando di farlo».
All’orizzonte non c’è un vostro disimpegno?
«Dalla proprietà la famiglia Fiocchi è uscita, questo è chiaro. Parliamo di un azionariato diviso tra 45 discendenti di Giulio Fiocchi. Ma continuo a sottolineare la differenza tra gestione e proprietà. Ripeto, la famiglia non aveva più voce in capitolo nella gestione operativa e strategica, anche se c’erano delle clausole parasociali di garanzia della minoranza».
Lei comunque resta il presidente, almeno per un anno.
«Mi hanno chiesto di rimanere e certamente mi fa piacere perché vuol dire che qualcosa di buono ho fatto. Fino a luglio 2026, che sarà la mia scadenza naturale pensionistica e coincide con i 150 anni dell’azienda, sarò qui. Dopo vedremo. Sicuramente sto già indirizzando la Fiocchi con la partecipazione di tutti i dipendenti, con il coinvolgimento di Paolo Salvato, che è il nostro amministratore, sui nuovi investimenti futuri. Io comunque non ho mai pensato di stare tutta la vita in Fiocchi, anzi, ho sempre creduto che a una certa età un imprenditore debba anche saper scegliere se rimanere o mollare».
Qual è il suo primo ricordo di questa azienda?
«Rivedo mio padre al lavoro, i miei zii, da giovane era la mia casa. Poi sono stato via sei anni a militare, nell’arma dei Carabinieri, in aeronautica, ma sono sempre stato molto legato alla fabbrica e credo di aver sempre avuto un buon rapporto con i dipendenti. Per me vero motivo di orgoglio».
Cosa rappresenta la Fiocchi per Lecco, al netto delle polemiche che a volte ci sono state?
«Questo bisognerebbe chiederlo alle istituzioni e ai cittadini. Il nostro è un prodotto che si ama o si odia. Non facciamo caramelle. E’ un nome però che a livello internazionale è fortissimo, adesso nella CSG siamo il secondo gruppo mondiale a livello di munizionamento di piccolo calibro».
«La Czechoslovak Group ha recentemente acquisito un gruppo americano enorme, quindi bisognerà costruire sinergie tra noi e l’America, che sicuramente impatteranno anche sulla parte industriale. C’è da dire che adesso con questi dazi è necessario capire cosa accadrà, ma sicuramente abbiamo dei piani molto interessanti per il futuro».
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