Tutti i tassi di interesse applicati ai prestiti dipendono – in misura maggiore o minore – da un parametro di riferimento: il tasso fissato dalla banca centrale competente, che per noi italiani è la BCE. La banca centrale è l’istituzione che “stampa” la moneta e ne regola la quantità in circolazione. Se i tassi salgono, significa che la banca centrale vuole ridurre la quantità di denaro disponibile; se invece li abbassa, l’obiettivo è l’opposto, cioè aumentare la liquidità.
Ma perché è utile modificare la quantità di moneta? Perché se la disponibilità di denaro è elevata, le persone tenderanno a spendere con più facilità. Al contrario, se la moneta è scarsa, la propensione a spendere e, soprattutto, a investire sarà più bassa. Quando la banca centrale ritiene che l’economia sia in difficoltà, sceglie dunque di immettere più moneta in circolazione, “vendendola” a un prezzo più basso alle banche. In pratica, le banche ottengono fondi chiedendoli in prestito direttamente alla banca centrale, poniamo al 2 per cento, e utilizzano poi quei fondi per erogare mutui e finanziamenti ai cittadini, per esempio al 3 per cento in media, così da guadagnare sul cosiddetto “margine di interesse”. Per esempio, secondo la Federazione autonoma bancari italiani (FABI), a maggio 2025 i tassi medi applicati dalle banche sui mutui in Italia erano al 3,58 per cento, mentre i tassi offerti dalla BCE erano al 2,25 per cento, permettendo un margine di interesse di poco più di 1,3 punti percentuali.
Se le banche puntano a guadagnare un punto percentuale dai prestiti (come nell’esempio appena visto), la banca centrale ha quindi la possibilità di stimolare o frenare l’economia proprio attraverso il livello dei tassi. Immaginiamo che la BCE voglia favorire l’acquisto di case o automobili, così da spingere la produzione e le vendite. In quel caso deciderà di abbassare i tassi: chi prima riteneva troppo costoso indebitarsi con un tasso del 3 per cento, potrebbe ora convincersi a chiedere un prestito a condizioni più vantaggiose. Il suo acquisto stimolerà a sua volta il venditore, che grazie all’aumento del fatturato avrà più risorse da spendere, innescando un circolo virtuoso.
A una politica di riduzione dei tassi si possono affiancare anche misure “non convenzionali”, come il Quantitative easing (Qe) citato da Tajani. Il Qe è stato introdotto nell’Unione europea nel 2015 per stimolare ulteriormente l’economia. In realtà, il mandato della BCE è garantire la stabilità dei prezzi e non direttamente la crescita, ma le due dimensioni sono collegate. Questa decisione straordinaria era nata dal fatto che, neppure con tassi a zero, si riusciva a rilanciare davvero il Prodotto interno lordo (PIL) né ad aumentare l’inflazione fino a poco sotto il 2 per cento, che è l’obiettivo ufficiale della BCE. Perciò l’allora presidente della BCE Mario Draghi decise di iniziare ad acquistare direttamente alcuni titoli sui mercati finanziari, così da mantenere bassi non solo i tassi fissati dalla banca centrale, ma anche quelli “secondari”, cioè applicati da banche, imprese e Stati. Grazie all’aumento della domanda, chi emetteva i titoli poteva finanziarsi offrendo un interesse più basso, alleggerendo così le proprie finanze. Nella proposta di Tajani, dunque, il Quantitative easing non servirebbe tanto a mettere direttamente fondi nei conti dello Stato, quanto più a rendere meno costoso l’indebitamento, in modo da liberare risorse che finirebbero altrimenti nella spesa per interessi. Al momento, l’Italia è il Paese che spende di più in interessi sul debito in percentuale al PIL in tutta l’Unione europea: ridurre il costo dell’indebitamento e, di conseguenza, le spese sul debito, renderebbe effettivamente disponibili altri fondi per il settore pubblico, per esempio per la sanità o per la difesa, come sostiene Tajani.
In ogni caso, il Qe resta una misura eccezionale: era stato istituito dopo anni di discussioni (negli Stati Uniti la Federal Reserve lo aveva adottato già dal 2008) e dovrebbe essere utilizzato soltanto quando i tassi sono già a zero e i tagli tradizionali non bastano a ottenere risultati concreti.
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