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Cosa prevede il decreto Economia per startup e Pmi innovative


Il cosiddetto decreto Economia, ovvero il decreto legge n. 95 del 30 giugno 2025 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 149, introduce diverse misure a favore di startup e Pmi innovative. L’obiettivo del governo è duplice: da un lato, favorire gli investimenti pubblici e privati nel venture capital; dall’altro, semplificare l’accesso agli incentivi e alle agevolazioni fiscali per le partecipazioni di enti e casse, in tandem con la legge Centemero.

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A interessare Fvc e startup e Pmi innovative è l’articolo 18 del decreto, l’ultimo del capo II che include “misure urgenti in favore delle imprese e delle attività economiche”. Il legislatore è intervenuto per modificare l’articolo 33 della legge n. 193 del 16 dicembre 2024 (la legge per il mercato e la concorrenza del 2023), l’articolo 1 della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (la legge di bilancio 2017) e l’articolo 1 della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 (la legge di bilancio 2019).

 

In questo articolo:

 

  • Decreto Economia: le misure per startup e Pmi innovative
  • L’utilizzo dei fondi per il venture capital
  • I finanziamenti agevolati per l’internazionalizzazione

 

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Decreto Economia: le misure per startup e Pmi innovative

Il decreto Economia fornisce innanzitutto una nuova interpretazione degli investimenti qualificati: ora per investimenti qualificati si intendono “gli impegni vincolanti a realizzare direttamente o indirettamente investimenti qualificati”. In tal modo, gli impegni contrattuali vincolanti (non solo gli investimenti già effettuati) rientrano tra i requisiti per accedere agli incentivi destinati a fondi, strumenti o veicoli di investimento in startup e Pmi innovative.

La modifica della legge per il mercato e la concorrenza del 2023 trasforma le quote minime di investimento qualificato. A partire dal 1° gennaio 2025, almeno il 3% del portafoglio (paniere) di investimenti qualificati che risulta dal rendiconto dell’anno precedente (quindi il 2025) deve essere destinato ad investimenti nelle startup o nelle Pmi innovative per l’anno 2026. La soglia minima del 3% diventa obbligatoria a partire dal 2027 e non più dal 2026, come era stato previsto inizialmente.

 

L’utilizzo dei fondi per il venture capital

Il decreto stabilisce l’obbligo di investire le risorse entro la durata del fondo in ciascuna Pmi destinataria: l’impresa deve però soddisfare almeno uno dei tre requisiti alternativi previsti dal paragrafo 5 dell’articolo 21 (relativo agli aiuti al finanziamento del rischio) del regolamento europeo 651/2014. La normativa comunitaria prevede che sono ammissibili le aziende che al momento dell’investimento iniziale per il finanziamento del rischio sono Pmi non quotate e che soddisfano almeno una di tre condizioni:

 

  • non hanno operato in alcun mercato;
  • operano in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale;
  • necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50% del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni.

 

L’allineamento normativo ai criteri europei per le Pmi innovative coinvolge anche il comma 213 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 30 dicembre 2018, rendendo più flessibili i criteri che definiscono i fondi per il venture capital. Nel nuovo testo sono riconosciuti come Fvc tutti gli organismi di investimento collettivo del risparmio che destinano almeno il 70% dei capitali raccolti negli investimenti in startup e piccole e medie imprese non quotate e che rispettano almeno uno dei requisiti stabiliti dall’articolo 21 del regolamento 651/2014:

 

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  • non essere ancora attiva sul mercato;
  • operare da meno di sette anni dalla prima vendita;
  • richiedere un investimento iniziale superiore al 50% del fatturato medio annuo degli ultimi cinque anni o superiore al 30% per quanto riguarda gli investimenti che migliorano in modo significativo le prestazioni ambientali dell’attività, gli investimenti ecosostenibili e per aumentare la capacità di estrazione, separazione, raffinazione, trasformazione o riciclaggio di una materia prima critica.

 

I finanziamenti agevolati per l’internazionalizzazione

Il testo definitivo del decreto, approvato in Consiglio dei ministri e poi bollinato, ha stanziato 200 milioni di euro di finanziamenti agevolati per l’export, in particolare per l’internazionalizzazione delle imprese innovative del Sud. Le sovvenzioni arrivano dal fondo rotativo Simest, istituto con la legge n. 394 del 29 luglio 1981 e allargato dal 1° gennaio 2025 alla sezione venture capital e investimenti partecipativi.

I finanziamenti sono a tasso agevolato e riguardano diverse tipologie di spese, inclusi gli investimenti produttivi, il rafforzamento patrimoniale, gli incrementi di capitale sociale delle controllate, l’innovazione tecnologica, la formazione del personale e i costi di viaggio e regolarizzazione. I fondi vengono destinati a penetrare il mercato dell’India: questa corsia preferenziale si affianca a quelle precedenti rivolte ai mercati di Africa e America centrale e meridionale. In aggiunta, è previsto un cofinanziamento (contributo a fondo perduto) fino al 20% del finanziamento concesso a valere sul fondo Simest.

Sono incluse nella misura agevolazioni fiscali destinate agli investitori istituzionali nella previdenza (gli enti di previdenza obbligatoria come l’Inps e l’Inail e di previdenza complementare come i fondi pensione e le casse professionali) che puntano sul capitale di rischio di startup e Pmi innovative. Per incentivare gli investimenti nell’innovazione e nell’economia reale da parte di questi soggetti, chi finanzia queste realtà con fondi per il venture capital (fondi pensione, banche e compagnie di assicurazione) beneficia dell’esenzione ai fini dell’imposta sui redditi da partecipazione, qualificata e non.





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