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Fare un modello di difesa italiano stile Airbus è una buona idea e fa crescere il pil




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Ultim’ora news 9 agosto ore 20


È un tempo particolare quello che si sta vivendo. Bisogna accontentarsi ed essere pragmatici allo stesso modo. Per questo appare molto razionale il vertice convocato a Palazzo Chigi dalla premier Giorgia Meloni per fare il punto con le aziende di casa sulle iniziative che si stanno mettendo in campo per affrontare la missione di portare al 5% di pil le spese per la difesa.

Dove per difesa si intendono sia le armi, che potranno avere anche un uso civile, come i ragazzi di via Panisperna hanno insegnato, e i sistemi di sicurezza. Per intendersi ancora meglio, quando generali e ammiragli parlano di uso non bellico degli armamenti, si può portare ad esempio la prossima portaerei italiana a propulsione nucleare. Potrebbe illuminare una città, oltre a far partire i jet in alto mare.

Attorno al tavolo il presidente del Consiglio ha così riunito Leonardo, Fincantieri, Ferrovie dello Stato, Invitalia e Cassa Depositi e Prestiti, insieme ai ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti e della Difesa Guido Crosetto. Sul tavolo 14 miliardi di fondi europei da cui partire per costruire un polo a guida pubblica modello Airbus, il consorzio dei cieli diventato leader mondiale. Ogni società, per voce del suo amministratore delegato, ha elencato a Meloni le diverse iniziative che sta prendendo, i contratti in essere e quelli in divenire, i problemi da affrontare nel nuovo mondo del New War Deal.

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Di problemi ne abbiamo molti con la Francia, che pensa di governare il ReArm con solo 250 bombe atomiche contro le migliaia degli altri, e molto meno con la Germania, che sta già facendo il suo piano di riarmo e porta avanti con Rheinmetall alleanze importanti con i nostri campioni nazionali come l’ex Finmeccanica. Meloni ha poi voluto sapere, secondo quanto risulta a Milano Finanza, cosa potrebbero fare Leonardo e tutte le altre aziende, laddove questi soldi europei del fondo Safe, aumentassero. Insomma, con pragmatismo e una certa visione di fare quello che si può in casa, la premier ha provato a guardare oltre le dinamiche politiche del momento, assai calde, dal caso Almasri alla corsa per la campagna elettorale, di fatto iniziata con le contese regionali e le ultime nomine fatte nelle partecipate di stato.

Fare da soli: la storia italiana

La voglia di guardare lontano è però fondamentale perché, non avendo l’amico americano che ci supporta, dovremo fare da soli. E la storia italiana insegna che quando i nostri connazionali hanno fatto da soli, pur senza un soldo, hanno fatto bene. Non è la prima volta che altri Paesi impongono all’Italia un limite alle proprie autonome scelte nel settore della difesa. Indro Montanelli e Mario Cervi hanno raccontato come la Conferenza dei Ventuno di Parigi del 1946 ci impose dopo la disfatta nella seconda guerra mondiale queste clausole militari: un Esercito composto da 250.000 soldati, compresi 65.000 carabinieri, con non più di 200 carri armati; una Marina fatta da 2 corazzate, 4 incrociatori, 4 caccia, 16 torpediniere, 20 corvette; l’Aviazione limitata a 200 caccia e ricognitori, 150 aerei da trasporto, nessun bombardiere, al massimo 25.000 uomini.

Forze Armate pronte a una nuova sconfitta, insomma. Ma limitate al punto giusto che l’Italia fece dell’industria non bellica la cifra della sua rinascita mentre il suo esercito contenuto dai trattati dei vincitori della seconda guerra mondiale (in quel caso gli americani ci sostennero) si trasformava in un’arma di pace riconosciuta in tutto il mondo. Questo risultato è stato possibile grazie ad Alcide De Gasperi, coraggioso e allo stesso tempo mite presidente del Consiglio, spesso citato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

De Gasperi e il piano Marshall

De Gasperi riuscì a capovolgere l’umiliazione militare, compiendo il suo capolavoro politico in un successivo viaggio americano che diede luogo al piano Marshall, decisivo per la rinascita del dopoguerra. Ottanta anni dopo, la difesa è di nuovo al centro del quadro politico, in un contesto bellico diverso dal 1945 ma comunque sfidante, a causa dell’assenza di leadership europee che possano guidare a una nuova Yalta per raggiungere la pace tra Russia e Ucraina. Un modello Airbus italiano, con le aziende nazionali al posto degli Stati membri, può essere la soluzione giusta in un mondo dove non ci sono più pasti gratis. (riproduzione riservata)



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