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Come aprire un e-commerce di prodotti alimentari e le tasse da pagare- Partitaiva.it


Aprire un e-commerce di prodotti alimentari e guadagnare lavorando da casa, magari contribuendo alla diffusione dei prodotti tipici della propria regione nel mondo: è la scelta di molti che hanno deciso di lasciare il posto fisso e di avviare un’attività imprenditoriale. Ed è anche una scelta che può portare enormi soddisfazioni, visto che il settore registra una continua – e sostenuta – crescita. Ecco tutto quello che c’è da sapere per aprire un e-commerce in Italia e non farsi schiacciare dalla burocrazia.

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E-commerce di prodotti alimentari: il boom dei prodotti tipici

Il comparto del food & grocery online, in Italia, ha raggiunto un valore stimato tra 4,6 e 4,7 miliardi di euro nel 2024, evidenziando una crescita robusta che, a seconda delle fonti, si attesta tra il +6,2% e il +13% rispetto all’anno precedente. Questa progressione è nettamente superiore a quella registrata dai canali di vendita fisici, che si sono fermati a un più modesto +1,5%.

Se una parte dei consumatori continua a preferire i negozi fisici e i prodotti freschi di largo consumo – favorendo gli operatori del settore che curino con attenzione l’esperienza d’acquisto, nonché la qualità certificata degli alimenti – un’altra accoglie con favore l’innovazione ed è alla continua ricerca di autenticità e benessere. A dimostrarlo i volumi di ricerca online, che superano le migliaia ogni mese, per parole chiave come “prodotti tipici siciliani” o “prodotti tipici calabresi” generano migliaia di ricerche ogni mese.

Quanto costa aprire un e-commerce di alimentari

Sebbene sia possibile creare un sito base con poche centinaia di euro, un progetto professionale richiede un budget molto più sostanzioso. Piattaforme Software-as-a-Service (SaaS) come Shopify offrono piani di partenza accessibili (da circa 21 euro al mese), ma i costi aumentano con l’aggiunta di temi grafici professionali (da 0 a oltre 180 euro) e applicazioni per funzionalità specifiche (costo variabile). Un investimento iniziale realistico per la sola piattaforma si attesta intorno ai 1.000 euro.

Tuttavia, il successo di un e-commerce di prodotti alimentari dipende da un ecosistema di attività e investimenti collaterali. Una stima realistica per sostenere il primo anno di attività si aggira intorno ai 20.000 euro, includendo costi quali branding, adempimenti burocratici e consulenze, stock iniziale e marketing di lancio.

Le spese di gestione

Una volta avviata l’attività, la sua sostenibilità dipende dalla capacità di coprire i costi operativi ricorrenti, sia fissi che variabili. I costi fissi includono le spese che non variano con il volume delle vendite, come l’abbonamento mensile alla piattaforma e-commerce, gli onorari del commercialista e l’eventuale canone di affitto per un magazzino a norma. Al contrario, i costi variabili sono direttamente proporzionali alle vendite e includono, la merce, gli imballaggi, le spese di spedizione, le commissioni bancarie sulle transazioni e gli avvisi pubblicitari a pagamento.

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Quanto si guadagna con un e-commerce di alimentari

I margini lordi nel settore alimentare possono oscillare ampiamente, dal 20% al 50%. Un e-commerce specializzato dovrebbe puntare a un margine lordo nella fascia alta (30-50%) per poter coprire adeguatamente i significativi costi di marketing e logistica. Un’attività online ben gestita può aspirare a un margine di profitto netto – dunque al netto di tutte le spese e imposte – superiore al 15% del fatturato.

I costi di spedizione e imballaggio hanno una componente fissa significativa per ogni singolo ordine. Aumentare l’importo speso da ogni cliente, in una singola transazione, ha quindi un impatto significativo: per questo è fondamentale offrire la spedizione gratuita sopra una certa soglia di spesa e suggerire prodotti complementari durante il checkout.

La partita IVA per gli e-commerce di alimentari e le tasse da pagare

Aprire un e-commerce di alimentari o di prodotti tipici corrisponde a un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti e implica, ovviamente, la necessità di adempimenti fiscali e burocratici.

Requisiti professionali e sanitari

Così come i negozi fisici, gli e-commerce di alimentari devono possedere l’abilitazione SAB, che si può ottenere frequentando un corso professionale specifico – della durata di circa 100 ore – con esame finale. Sono previste esenzioni per chi può dimostrare un’esperienza lavorativa nel settore di almeno due anni negli ultimi cinque, o per chi è in possesso di titoli di studio pertinenti, come il diploma di istituto alberghiero o lauree in materie attinenti.

Un altro obbligo di legge fondante è quello di redigere e applicare un manuale di autocontrollo basato sui principi HACCP. Questo sistema di gestione dei rischi per la sicurezza alimentare non si limita alla fase di produzione, ma deve coprire tutte le fasi gestite dall’operatore e-commerce. Tutto il personale che maneggia gli alimenti deve essere in possesso del relativo attestato di formazione HACCP.

Forma giuridica e codice ATECO

Per un e-commerce in fase di avvio, è consigliabile scegliere la forma giuridica della ditta individuale, per la semplicità e i costi di gestione ridotti, o la srls. In alternativa, si possono scegliere società in accomandita semplice (sas) o società a responsabilità limitata (srl).

Con la nuova classificazione ATECO 2025, operativa dal 1° aprile 2025, il commercio elettronico non viene più distinto dal commercio tradizionale. La classificazione si basa esclusivamente sul tipo di prodotto venduto, utilizzando gli stessi codici per vendite fisiche e online, che nel caso del settore alimentare sono:

  • 47.21.01 – commercio al dettaglio di frutta e verdura fresca;
  • 47.21.02 – commercio al dettaglio di frutta e verdura secca e conservata (include frutta secca);
  • 47.22.00 – commercio al dettaglio di carne e di prodotti a base di carne (include salumi, prosciutti e tutti i prodotti a base di carne);
  • 47.25.00 – commercio al dettaglio di bevande (alcoliche e analcoliche);
  • 47.27.10 – commercio al dettaglio di latte e prodotti lattiero-caseari (include tutti i formaggi);
  • 47.27.90 – commercio al dettaglio di altri prodotti alimentari n.c.a. (perfetto per prodotti tipici regionali, specialità gastronomiche, conserve artigianali e altri prodotti alimentari non classificati altrove).

Considerando la varietà dei prodotti tipici, si potrebbe utilizzare 47.27.90 come codice principale se il portale ha un assortimento misto di specialità alimentari, oppure scegliere i codici specifici per ogni categoria se i settori sono ben definiti.

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Quando conviene il regime forfettario e quando il regime ordinario

La scelta del regime fiscale ha un impatto diretto sulla tassazione e sulla gestione contabile. Si può optare tra:

La convenienza tra i due regimi non è assoluta ma dipende strettamente dalla struttura dei costi dell’attività. Il coefficiente di redditività del 40% del regime forfettario implica una presunzione da parte dello Stato che i costi totali dell’attività ammontino al 60% dei ricavi. Se i costi reali (costo dei prodotti, spedizioni, packaging, marketing, commissioni) superano questa soglia del 60%, il regime forfettario perde la sua convenienza. In tal caso, l’impresa si troverebbe a pagare tasse su un reddito “presunto” superiore a quello effettivamente generato.

Obblighi previdenziali

L’esercizio di un’attività commerciale come l’e-commerce comporta l’iscrizione obbligatoria alla Gestione commercianti dell’INPS. Questo comporta il pagamento di contributi fissi con un importo annuo di circa 4.550 euro, da versare in quattro rate trimestrali, dovuto indipendentemente dal fatturato, e un contributo in percentuale, per la parte eccedente 18.555 euro, pari al 24,48%.

Gli imprenditori che operano in regime forfettario possono beneficiare di un’agevolazione, richiedendo una riduzione del 35% su tutti i contributi INPS dovuti, sia sulla parte fissa che su quella variabile. Per i primi anni di attività, dal 2025, in alcuni specifici casi è possibile anche chiedere la riduzione al 50% dei contributi fissi.

In molti casi l’esercizio di attività di e-commerce è accessoria all’attività di lavoro dipendente, rendendo possibile un ulteriore vantaggio, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali. In pratica chi è lavoratore dipendente e rispetta tutte le condizioni di legge, potrebbe pagare solo il 2% di imposte sui ricavi generati con un e-commerce in Italia!

I passaggi per l’apertura

Il documento cardine per poter iniziare a operare è la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). È un’autocertificazione con cui l’imprenditore dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere in possesso di tutti i requisiti di legge (morali, professionali, igienico-sanitari e strutturali) per l’esercizio dell’attività. Contestualmente avviene la notifica all’autorità sanitaria, sempre attraverso la procedura normalmente utilizzata in Italia, ossia lo sportello telematico impresainungiorno.gov.it.

La SCIA deve essere presentata esclusivamente per via telematica allo sportello unico per le attività produttive del Comune in cui si trova la sede legale o, più specificamente, il magazzino dove vengono stoccati i prodotti alimentari.

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L’iter per la costituzione formale dell’impresa è stato notevolmente snellito grazie alla comunicazione unica d’impresa (ComUnica). Si tratta di una procedura interamente telematica che, con un unico invio al Registro delle imprese, permette di assolvere contestualmente a tutti i principali obblighi di avvio:

  • apertura della partita IVA all’Agenzia delle Entrate;
  • iscrizione al Registro delle imprese presso la Camera di commercio territorialmente competente;
  • iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS per gli obblighi previdenziali;
  • eventuale iscrizione all’INAIL (generalmente non richiesta per il puro commercio senza dipendenti).

I costi per questa pratica sono contenuti e si limitano a imposte di bollo (circa 17,50 euro), diritti di segreteria (circa 18 euro) e il diritto camerale annuale (tra 53 e 120 euro per una ditta individuale).

La vendita di bevande alcoliche è soggetta al regime delle accise e richiede il rilascio della licenza UTF da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Inoltre, la legge vieta la vendita di alcolici ai minori di 18 anni. Sebbene non vi sia un obbligo normativo specifico su come effettuare la verifica online, è considerata una best practice implementare sistemi di controllo.

Un sito web a norma di legge

Un sito e-commerce non è solo una vetrina commerciale, ma un documento con precisi obblighi legali volti a tutelare il consumatore. La normativa europea è categorica e prevede che tutte le informazioni obbligatorie presenti sull’etichetta fisica del prodotto debbano essere rese disponibili al consumatore online prima della conclusione dell’acquisto.

Il consumatore, inoltre, ha 14 giorni di tempo dalla ricezione della merce per recedere dall’acquisto. Tuttavia, l’articolo 59 del Codice del consumo stabilisce delle eccezioni fondamentali per il settore alimentare, escludendo dal recesso i “beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente” e i “beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici e sono stati aperti dopo la consegna“.

Ogni sito e-commerce deve obbligatoriamente pubblicare, in modo facilmente accessibile – solitamente nel footer – i termini e condizioni di vendita, la privacy policy e la cookie policy.

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