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Afa record in Campania, imprese e città invocano un piano anti-caldo


Comunicato stampa – Responsabilità editoriale limitata.
Il testo e le immagini sono a cura e di proprietà di: Renato Aiello – Renato Aiello. La redazione potrebbe averlo rielaborato per esigenze editoriali.

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A metà agosto il respiro delle città campane sembra quasi fermarsi: l’afa spinge la vita all’ombra, mentre alberghi e botteghe fanno i conti con termometri impietosi. Enrico Ditto, imprenditore e responsabile Formazione e lavoro di Azione in Campania, rilancia l’allarme e chiede di trasformare l’urgenza climatica in un cantiere permanente.

Un’estate bollente che mette in crisi turismo e quotidianità

Quando la colonnina di mercurio supera i quaranta gradi, Napoli diventa una gigantesca piastra rovente, mentre l’Irpinia, da sempre considerata rifugio fresco, sfiora temperature che sorpassano i trentotto gradi. In queste condizioni l’asfalto si deforma, l’aria si tinge di foschia calda e i visitatori, spaventati, abbandonano vicoli e lungomare. Non si tratta soltanto di un disagio passeggero: il turismo evapora esattamente quando l’economia avrebbe più bisogno di respiro, e con lui si spengono luci di negozi, sorrisi di camerieri, posti di lavoro stagionali. La città, priva di un piano di adattamento, vive un blackout di entusiasmo e di fatturato.

L’allarme lanciato da Ditto non riguarda soltanto l’oggi. Se la Campania non reimmagina i propri spazi urbani, ogni nuova ondata di calore rischia di diventare una serrata anticipata dell’intera filiera turistica, con perdite che nessun condizionatore potrà colmare. La questione, ribadisce l’imprenditore, non è se arriverà un altro picco termico, ma quanto saremo impreparati quando arriverà. Parole dure, pronunciate non per creare panico, bensì per sollecitare amministratori e operatori a inserire la sostenibilità climatica tra le urgenze quotidiane, alla stessa stregua della sicurezza o dell’igiene urbana.

Da emergenza a progetto di città

Secondo Enrico Ditto, continuare a trattare l’afa come un’avversità episodica equivale a ignorare un quadro clinico ormai conclamato. Le termiche record non sono parentesi, ma sintomi di un sistema urbano non più adeguato. Ogni quartiere, sia esso il dedalo fitto di Napoli Nord o il centro semi-vuoto dell’Alta Irpinia, mostra la medesima febbre: isolati che trattengono calore, strade prive di vegetazione, acquedotti sottodimensionati e sottopassi che diventano piscine improvvisate alle prime piogge torrenziali. L’emergenza climatica, insiste Ditto, deve diventare la scintilla che spinge a riprogettare piazze, edifici e infrastrutture con criteri di resilienza.

Quel ripensamento, sottolinea l’imprenditore, non può attendere l’approvazione di grandi piani decennali: occorrono azioni modulari, replicabili e misurabili nel giro di poche stagioni. Retrofit energetico degli edifici, superfici chiare e riflettenti sui tetti, recupero di spazi incolti per creare micro-riforestazioni periurbane capaci di abbassare di diversi gradi la temperatura percepita. Ditto cita bacini di raccolta pluviale e pavimentazioni drenanti come strumenti concreti per trasformare i violenti nubifragi estivi da minaccia a risorsa. Ogni intervento, se coordinato, contribuisce a un “raffreddamento di sistema” capace di proteggere salute pubblica e attività economiche.

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Le soluzioni già a portata di mano

Molte delle ricette indicate da Ditto non richiedono tecnologie esotiche né budget impossibili. Micro‐boschi lineari installati tra condomìni, ad esempio, fungono da corridoi verdi che convogliano brezze e sequestrano particolato. Allo stesso tempo, le cosiddette comunità energetiche permettono di condividere energia prodotta localmente, alleggerendo la rete e riducendo l’uso di climatizzatori tradizionali. Questi modelli, sperimentati con successo in altre parti d’Europa, potrebbero essere importati in Campania senza attendere normative speciali. Basterebbe che comuni, imprese e cittadini si mettessero allo stesso tavolo, spingendo su incentivi e semplificazioni autorizzative.

Un ulteriore fronte d’azione riguarda i borghi interni, spesso ignorati perché percepiti come meno esposti all’afa. In realtà, edifici rurali non isolati e piazze mineralizzate trasformano questi centri in veri forni satelliti. Il retrofit termico delle case in pietra, l’inserimento di pergolati verdi e la riapertura di fontane pubbliche possono ridurre drasticamente la temperatura percepita, riportando vita in centri che si svuotano già alle prime ore del pomeriggio. Senza questa attenzione, qualsiasi politica di destagionalizzazione turistica resterà lettera morta davvero.

Competenze nuove per una sfida globale

Non basta installare alberi o pannelli solari: serve una regia composta da professionalità inedite per il panorama locale. Ditto ne elenca quattro, tutte già presenti in atenei e ordini tecnici internazionali. L’Urban climate planner studia i flussi d’aria tra palazzi, suggerendo aperture e ombre strategiche. Il Green infrastructure engineer integra reti idriche, percorsi pedonali e fasce verdi, trasformando la pioggia in risorsa. L’Energy retrofit manager guida condomìni e singoli proprietari verso soluzioni termiche avanzate, mentre il Citizen-science facilitator raccoglie dati dal basso, così che le decisioni pubbliche si fondino su numeri e non su impressioni.

Si tratta di figure che potrebbero emergere proprio dai giovani campani, oggi costretti troppo spesso a cercare opportunità altrove. Coinvolgerli significa trattenere talenti, creare posti di lavoro qualificati e, soprattutto, accelerare la trasformazione ecologica dei nostri territori. Ogni euro investito in formazione e in progetti pilota, insiste l’imprenditore, genera risparmi futuri su spese sanitarie, perdite produttive e danni da eventi estremi. La sfida climatica, quindi, diventa anche occasione di sviluppo occupazionale, riducendo quel divario generazionale che negli ultimi anni ha svuotato i centri storici di energie fresche.

L’ombra come investimento sul domani

Nell’immaginario di Ditto, gli spazi ombreggiati non sono un lusso ma la nuova infrastruttura critica delle città mediterranee. Alberature pensate con criteri scientifici, pergole fotovoltaiche e facciate verdi possono ridurre la temperatura di diversi gradi, migliorare la qualità dell’aria e incentivare la socialità all’aperto persino nei mesi più torridi. Ogni zona d’ombra, ricorda l’imprenditore, vale quanto un pozzo d’acqua in pieno deserto: permette a negozi, farmacie e scuole di restare aperti, assicura mobilità pedonale e, in ultima analisi, fa economia.

Il messaggio finale è semplice ma tutt’altro che scontato: chi crea ombra oggi, incassa futuro domani. Investire in soluzioni climatiche non significa soltanto salvare giornate estive, bensì difendere l’identità stessa dei nostri luoghi, basata sullo stare in piazza, sul passeggiare tra botteghe, sul condividere esperienze a cielo aperto. Rallentare il surriscaldamento urbano equivale a proteggere la memoria collettiva, a garantire un’economia turistica stabile e, soprattutto, a offrire ai giovani una ragione concreta per restare e costruire proprio qui il loro domani.



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