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Intervista al Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, Rosario Di Lorenzo


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di Marco Montini





Vino tra presente e futuro. Tra rilancio, sfide e contesti globali delicati e complessi. Ne abbiamo parlato con il Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, Rosario Di Lorenzo. 

Presidente, quali sono le prime previsioni per la campagna viticola 2025 in Italia. Che vendemmia sarà a livello complessivo?

“Innanzitutto, ringrazio tutti gli Accademici che si sono impegnati nell’acquisizioni dell’informazione nelle diverse aree geografiche. Le previsioni per la campagna viticola 2025 in Italia indicano condizioni climatiche variabili da nord a sud, ma generalmente favorevoli, con alcune differenze regionali nel ciclo vegetativo, nella gestione fitosanitaria e nelle stime produttive. Non vogliamo fare un bollettino della qualità della vendemmia del 2025 consapevoli che l’andamento climatico in fase finale di maturazione sarà fondamentale sulla sanità, quantità e qualità delle uve. Sappiamo che la qualità sarà determinata anche dal lavoro che sarà svolto durante l’ultimo periodo di maturazione e per questo torneremo a fine vendemmia con un report ancora più vicino alla realtà”. 

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Grazie al lavoro svolto dalla vostra rete di docenti universitari ed esperti, tutti accademici, avete anche stilato un quadro diviso per macroaree produttive. Ce ne può parlare?

“Sì abbiamo un piano diviso per regioni. In generale al Sud, dove la vendemmia è cominciata in lieve anticipo ai primi di agosto, avremo una quantità più alta rispetto al 2024, fino anche al 20%, come in Puglia. Al Nord invece in qualche caso ci sarà una lieve flessione, ma la qualità è ottima”.

Presidente, quando si parla di vino attualmente non si può non pensare ai dazi americani e all’impatto che avrà sulle piccole e medie imprese del settore. Che idea si è fatto?

“I dazi naturalmente rappresentano un’ulteriore significativa sfida che si aggiunge alle già innumerevoli che il comparto deve affrontare oggi. Quello che, come Accademia, preoccupa è che, come evidenziato da molti, saranno le piccole e medie imprese le più colpite, proprio quelle imprese il cui ruolo è di assoluto rilievo per il comparto in quanto in misura maggiore i punti di forza della vitivinicoltura del nostro Paese; i territori e la loro tutela, la biodiversità, ma anche la tradizione, la storia e la cultura del vino italiano. Sarà importante attivare misure specifiche per le piccole e medie aziende; penso ,quindi, a politiche di sviluppo e sostegno dell’enoturismo e di aggregazione. A nostro avviso è dunque necessario operare in modo sinergico fra tutti i diversi segmenti e attori della filiera. Il tavolo di lavoro che ha convocato il Ministero nei giorni scorsi va nella direzione indicata. Ritengo vada evidenziata la necessità di operare scelte condivise ma individuate, anche, sulla base dei risultati della ricerca e degli studi di settore”. 

Secondo lei, sarebbe opportuno aprire ancora di più e implementare nuovi mercati globali, al fine di tutelare la produzione italiana del vino?

“E’ opportuno, importante e necessario implementare nuovi mercati, certo, pur tuttavia nella consapevolezza dell’importanza che il mercato americano riveste e che dovrà continuare ad avere se si vuole garantire un futuro solido per il comparto. Il settore del vino ha sicuramente già acquisito la consapevolezza che i nuovi mercati vanno affrontati in maniera compatta e sinergica, solide e precise conoscenze sulle abitudini alimentari dei nuovi consumatori e sugli aspetti normativi, commerciali e fiscali dei nuovi paesi importatori e comunicando i valori culturali del vino e le potenzialità e le specificità della viticoltura e dell’enologia italiana”.

Molti addetti al settore dicono che sul vino vige da tempo una narrativa sbagliata: dal tentativo della etichetta sanitaria alla posizione dell’OMS. Che ne pensa?

“Sicuramente anche la narrativa del vino si deve adeguare ai tempi che corrono; quindi, la comunicazione e il modo di raccontare il vino devono pensare a un consumatore diverso da quello che avevamo venti anni fa. Facciamoci forti di una comunicazione che intercetti i modi e le richieste delle generazioni più giovani, non dimenticando tuttavia di ribadire che il vino ha un suo valore storico e culturale e che non è solo una bevanda. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario e quello che propone l’OMS, certo dobbiamo essere attenti a comunicare che proprio perché non è una semplice bevanda, il vino deve essere consumato con moderazione. Demonizzare non è certo positivo, ma in una fase in cui l’attenzione nei confronti della salute e degli aspetti salutistici dell’alimentazione, dei cibi e delle bevande sono sempre più importanti è necessario non opporsi in maniera acritica ma, anzi, contribuire a questo messaggio”.  

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