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Ex Ilva Taranto, c’è l’intesa sugli impianti: stop al carbone e impegno su salute e lavoro


È stata firmata oggi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) l’intesa per la decarbonizzazione degli impianti dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Il documento, sottoscritto da tutte le amministrazioni nazionali e locali coinvolte, segna un passaggio considerato decisivo nel percorso di riconversione dello storico sito siderurgico.

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A commentare l’accordo è Gianfranco Palmisano, presidente della Provincia di Taranto, che parla di “un passo concreto verso quella decarbonizzazione che per troppo tempo è rimasta solo una promessa”.
«La firma – sottolinea – rappresenta un momento politico e istituzionale importante, che traduce finalmente in realtà un principio per noi centrale: riconvertire senza distruggere, tutelando salute, lavoro e ambiente. Ho voluto fortemente l’incremento del fondo sanitario, anche in funzione preventiva e di screening, insieme alle garanzie occupazionali e al potenziamento del monitoraggio ambientale».

Sulla stessa linea anche il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, che però precisa: «Quello sottoscritto oggi è un documento, non un accordo di programma. Tiene conto delle nostre richieste e prevede l’obbligo vincolante della piena decarbonizzazione del sito di Taranto, imponendo lo spegnimento delle aree a caldo alimentate a carbone. Non vi è alcun riferimento a un approvvigionamento tramite nave gasiera».

Bitetti rimarca inoltre che nel testo si richiama la “tutela occupazionale quale principio inderogabile”, insieme alla protezione della salute e al potenziamento della rete sanitaria locale. «A questa giornata attribuisco la giusta importanza – aggiunge – ma saranno gli impegni concretamente assunti e i fatti che seguiranno a definire il giudizio che il Comune di Taranto esprimerà su questa complessa vicenda».

Con la firma odierna, la decarbonizzazione dell’ex Ilva fa un passo in avanti verso la concretizzazione, aprendo una fase in cui le scelte industriali dovranno coniugarsi con le esigenze di tutela ambientale e occupazionale di un territorio da anni in attesa di una svolta.

La bozza di intesa sulla decarbonizzazione degli impianti dell’ex Ilva firmata al ministero delle Imprese non indica i tempi per il passaggio alla produzione con forni elettrici né la decisione su dove localizzare il polo Dri per produrre il preridotto necessario ad alimentarli. Le parti si impegnano a convocare una nuova riunione del tavolo in data successiva al 15 settembre (termine ultimo per la presentazione di offerte vincolanti della nuova gara) «per esaminare le prime evidenze della Procedura e valutare la possibile localizzazione degli impianti di preridotto».

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I DETTAGLI DELLA BOZZA

La bozza di intesa impegna le parti a sottoscrivere un Accordo di Programma «anche ai fini di predisporre misure adeguate in favore dello sviluppo del territorio, nonché ad individuare strutture organizzative che monitorino le tempistiche dei procedimenti amministrativi ambientali riguardanti gli impianti strategici così da renderle effettive».
I tempi per la decarbonizzazione «saranno indicati in fase di aggiudicazione» della nuova gara per l’assegnazione del gruppo che vede al 12 settembre il termine ultimo per la presentazione di offerte vincolanti. Dopo quella data sarà valutata la possibile localizzazione degli impianti di preridotto (DRI) “utili per l’approvvigionamento dei forni elettrici», qualora sia possibile assicurare il necessario approvvigionamento energetico.
«L’accordo di Programma avrà, in particolare a oggetto la necessità del territorio della provincia di Taranto e dei comuni di Taranto e Statte, coniugando il soddisfacimento del diritto alla salute, all’ambiente, al lavoro. La prima riunione a tal fine si svolgerà a settembre», si legge nel testo.
Saranno inoltre «valutate misure di politica attiva e passiva del lavoro, anche a sviluppo delle interlocuzioni in corso con le associazioni sindacali». E verranno esaminate nuove prospettive per la reindustrializzazione delle aree libere, secondo il principio della valorizzazione dell’indotto, anche con la nomina di un commissario.
La bozza prevede sei punti ed è sottoscritta da ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ministero delle Imprese e del made in Italy, ministero della Salute, ministero dell’Interno, Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto, Comune di Statte, Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio – Porto di Taranto, Ilva in amministrazione straordinaria, Acciaierie d’Italia in as, Taranto Energia in as, Adi Energia in as e Dri d’Italia.

IL COMMENTO DI URSO

«Questa è una svolta che potrà incoraggiare gli investitori a manifestarsi con i loro piani industriali il rilancio della siderurgia, della riconversione, della conversione green». Lo ha detto il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, a proposito della bozza di intesa per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto. «Oggi finalmente sappiamo – dice Urso – che c’è la squadra Italia unita per la prima volta nella storia di questa vicenda che dura da oltre 15 anni. Un accordo tra tutti i soggetti istituzionali, il governo nazionale, la Regione, gli enti locali, nel giocarsi la partita che è straordinariamente importante». «E’ chiaro nella gara e ribadito nell’impegno che sarà preferito il progetto industriale per l’ex Ilva che realizzerà nel più breve tempo possibile la transizione ai forni elettrici, garantendo nel contempo i migliori livelli occupazionali», ha sottolineato poi Urso.

«Dopo una lunga maratona di oltre sette ore è stata raggiunta l’intesa tra le amministrazioni nazionali e locali sulla piena decarbonizzazione dell’Ex Ilva di Taranto volta a garantire la massima tutela produttiva e occupazionale degli impianti». Presenta così una nota del ministero delle Imprese l’intesa raggiunta al tavolo istituzionale.
L’atto sottoscritto è stato presentato successivamente alle organizzazioni sindacali nazionali, di categoria e locali e anche alle associazioni d’impresa nazionali e alle rappresentanze datoriali dell’indotto ex Ilva.

LE PAROLE DI EMILIANO

«Sapere che una delle più grandi fabbriche d’Europa, che è stata per troppo tempo anche simbolo di sofferenza e contraddizione, può finalmente rinascere in armonia con il diritto inviolabile alla vita, alla salute, al lavoro e alla tutela ambientale, è qualcosa che tocca profondamente il cuore». Lo dichiara il governatore pugliese Michele Emiliano commentando la firma della bozza dell’accordo per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto. «Oggi – ha aggiunto – è un giorno che resterà nella storia della Puglia e dell’Italia intera. Abbiamo scritto una pagina nuova, attesa da dieci anni, costruita con tenacia, sacrificio e visione».  «Questa firma – prosegue Emiliano – è il frutto di anni di studio, di confronti serrati, di battaglie nei tribunali e nei tavoli tecnici, di dialogo con i cittadini, con le imprese, con i lavoratori, con le istituzioni. Non è solo il risultato delle ore di lavoro di oggi, ma della forza accumulata in anni in cui abbiamo chiesto, con ostinazione, di immaginare un futuro diverso per Taranto».
«Ora – evidenzia – quel futuro ha un volto concreto: lo spegnimento degli impianti a carbone e l’obbligo vincolante della loro sostituzione con forni elettrici a basse emissioni; una produzione siderurgica – aggiunge – fino a 6 milioni di tonnellate all’anno, finalmente autorizzata nel rispetto dell’ambiente e della salute, grazie alla nuova Aia in sede di riesame; la salvaguardia dell’occupazione come principio inderogabile». Poi, prosegue, «l’avvio di un processo strutturato per la reindustrializzazione delle aree libere e il rilancio dell’indotto, con nuovi investimenti produttivi”; e «un impegno concreto per potenziare il monitoraggio ambientale, le infrastrutture portuali, la ricerca scientifica e la prevenzione sanitaria».
Il governatore ricorda che «dal primo giorno del mio mandato ho sostenuto senza tentennamenti» la «decarbonizzazione» del siderurgico e «in questi anni ho scelto di restare fedele a questa convinzione anche quando sembrava impopolare, anche quando le circostanze politiche o industriali suggerivano il silenzio o la resa». «Ma – spiega – non si può tacere davanti al dolore di una comunità, davanti alle morti premature, alle malattie, alla sofferenza dei quartieri come il Tamburi, che hanno pagato un prezzo altissimo».
«Questo – rileva – non è un traguardo: è un nuovo inizio. Continueremo a vigilare, a lavorare, a costruire. La Regione Puglia sarà, come sempre, dalla parte dei cittadini. Dalla parte della verità. Dalla parte di Taranto». «E – conclude – permettetemi di dirlo con emozione: non potevo immaginare una conclusione più giusta, più alta, più densa di significato per il mio mandato da presidente della Regione Puglia. È un onore aver servito la mia terra in questo lungo cammino verso la giustizia ambientale e sociale». 

I SINDACATI: PER I LAVORATORI NESSUNA CERTEZZA 

«Il testo condiviso tra Mimit ed enti locali pugliesi è un documento privo di tutele e certezze sotto ogni punto di vista per i lavoratori e le comunità interessate». Lo dichiara il segretario generale Uilm, Rocco Palombella. Giudizio negativo anche dei segretari generali della Fiom, Michele De Palma, che chiede una partecipazione pubblica nell’azienda e Fim, Ferdinando Uliano, che afferma come sia imprescindibile la realizzazione a Taranto del polo Dri per il preridotto. «La sottoscrizione dell’intesa tra il Mimit e le Istituzioni locali non garantisce gli attuali livelli occupazionali, ma rimanda la discussione dopo l’apertura del bando e dopo il 15 settembre, data in cui dovrebbero essere presentate le offerte d’acquisto. L’intesa tra Governo ed enti locali di fatto non tiene in considerazione la questione del lavoro. Abbiamo ribadito che la decarbonizzazione deve stare insieme alla garanzia occupazionale e ambientale». Lo dichiarano in una nota congiunta Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. «Per avviare davvero la decarbonizzazione c’è bisogno di un piano e di tutti i lavoratori per realizzarlo. Il piano che avevamo condiviso doveva prevedere 3 forni elettrici a Taranto e uno a Genova e un polo del DRI per chiudere progressivamente i forni a ciclo integrale verticalizzando gli 8 milioni di tonnellate agli impianti oggi fermi. E al momento questo non c’è, si è parlato di un massimo di 3 forni elettrici a Taranto e non di come alimentarli. La coperta rischia di essere troppo corta rispetto alla verticalizzazione degli impianti, tra Taranto, Genova, Novi Ligure e gli altri stabilimenti e rischia di determinare impatti sull’occupazione», spiegano i due leader sindacali, sottolineando che «nell’accordo manca pure la garanzia della presenza dello Stato». 



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