Il governo italiano sta mettendo nuovamente sotto osservazione le partecipazioni di investitori cinesi in aziende italiane considerate strategiche per evitare tensioni con gli Stati Uniti. Complessivamente sono una decina, da Pirelli alla Bialetti, alla Candy. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando fonti a conoscenza del dossier. La soluzione, secondo quanto risulta al Messaggero, sarebbe di aumentare il monitoraggio per vigilare su eventuali invasioni di campo.
Il faro di Palazzo Chigi riguarderebbe sia aziende private (appunto Pirelli dove Sinochem ha il 37%) che a partecipazione statale come Ansaldo energia (12% Shanghai Electric) e Cdp Reti (35% State Grid Europe Limited). In queste ultime due, però, i soci asiatici non hanno una governance ingombrante.
Non da oggi comunque il governo si occupa della presenza di Pechino nelle aziende: già nel 2023, il ruolo della Cina nella Bicocca fu in qualche modo regolamentato dal Golden Power.
Un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha affermato che «il governo di Pechino ha sempre sostenuto le imprese cinesi nella cooperazione internazionale sulla base di principi di mercato e spera che l’Italia fornisca un ambiente commerciale equo, giusto e non discriminatorio per le imprese cinesi e tuteli efficacemente i loro diritti e interessi legittimi». Nel capitale di Pirelli ci sono Sinochem con il 37%, Camfin (MTP spa, Intesa Sp e Unicredit) 27,4%, investitori istituzionali 31,4%.
Nel gruppo degli pneumatici l’alleanza iniziale siglata con i cinesi nel 2015 vedeva come socio Chem China, società di Stato ma indipendente nella gestione dell’investimento dalle agenzie del Partito comunista orientale, a differenza di Sinochem, il socio subentrato nel 2021 a seguito di una fusione che mirava a evitare il controllo del governo degli Stati Uniti sulla controllata Syngenta.
Di Sinochem erano già emersi in passato tentativi di ingerenza nella gestione e nella governance della Bicocca, le cui tecnologie sono state riconosciute strategiche dal Governo con l’intervento del Golden Power. Ad aprile di quest’anno, su richiesta delle autorità italiane, il cda di Pirelli ha derubricato, a maggioranza, lo status di governance di Sinochem, dichiarando che il conglomerato cinese non ha più il controllo sul produttore degli pneumatici.
GLI ALTRI DUE CASI
Il tema centrale nei rapporti con i soci cinesi resta legato alle tecnologie innovative prodotte da Pirelli, in particolare il Cyber Tyre, il cui sviluppo viene oggi impedito, alla luce delle normative americane sui veicoli connessi, proprio dalla presenza rilevante di un socio cinese di riferimento controllato direttamente dal governo di Pechino. Washington ha avvertito la Bicocca che i suoi pneumatici dotati di sensori cibernetici potrebbero essere soggetti a restrizioni in Usa, un mercato chiave, poiché il Paese sta adottando misure severe nei confronti dei software e degli hardware delle aziende controllate dalla Cina nei veicoli connessi, temendo la raccolta di dati.
Sebbene Sinochem abbia affermato che la sua partecipazione nel produttore di pneumatici è un investimento a lungo termine, il governo sta esaminando opzioni che potrebbero consigliare l’investitore asiatico a vendere, secondo le indiscrezioni di Bloomberg.
Si diceva che le criticità in Pirelli non sarebbero riscontrate nè in Cdp Reti, dove State Grid Europe Limited nomina due consiglieri, nè in Ansaldo energia dove Shangai electric indica due membri del board. Nella prima si guarda, però, alla presenza nelle controllate.
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