Da simbolo dell’archeologia industriale sarda a motore culturale e turistico del Barigadu e del Guilcier. È il futuro della diga di Santa Chiara grazie ad un milione e mezzo di euro che saranno trasferiti ad Enas dalla Regione. In aula è infatti passato l’emendamento proposto dal consigliere regionale in quota Orizzonte Comune Salvatore Cau.
Il progetto prevede la sistemazione delle piste di accesso, la verifica strutturale dell’opera, l’ illuminazione scenografica a basso impatto ambientale, la messa in sicurezza delle aree pericolose, la creazione di spazi accessibili e inclusivi, anche per persone con mobilità ridotta.
«Con l’emendamento n. 365 restituiamo valore, dignità e futuro ad uno dei simboli più potenti dell’archeologia industriale della Sardegna: la diga di Santa Chiara di Ula Tirso – spiega Salvatore Cau -. Costruita tra il 1918 e il 1924 lungo il fiume Tirso, fu una straordinaria opera di ingegneria che cambiò per sempre il volto della nostra Isola. Non fu solo cemento e pietra: fu una rivoluzione economica, sociale e ambientale. La sua acqua contribuì alla nascita di Arborea, alla bonifica del Campidano, alla fine della malaria, fornì l’energia per l’industria, persino per le miniere del Sulcis e le linee tranviarie di Cagliari. Ma quella modernizzazione ebbe anche un prezzo altissimo: 16mila persone coinvolte nella costruzione, tra cui 400 prigionieri austro-ungarici; malattie, incidenti e vittime, tra le quali la sorella di Antonio Gramsci. In quei luoghi il ricordo di quel sacrificio è ancora vivo. La storia della chiesa romanica di San Pietro di Zuri ne è la prova più emblematica: nel 1923, per salvarla dalle acque, fu smontata pietra per pietra e ricostruita in soli due anni sull’altopiano».
Oggi, dopo la costruzione della diga “Eleonora d’Arborea” più a valle, Santa Chiara è un gigante silenzioso: chiusa, inaccessibile, fatiscente. È meta di un turismo spontaneo che si limita a osservarla da lontano, alimentando le immagini della Sardegna abbandonata. Caub prosegue: «Eppure, chiunque la guardi ne riconosce l’enorme potenziale per lo sviluppo culturale e turistico delle zone interne. Con il finanziamento di 1 milione e 500mila euro destinato all’ENAS, intendiamo invertire questa rotta. Ma l’ambizione va oltre: immaginiamo un luogo vivo, non un museo statico. Sale espositive, spazi di socializzazione, attività culturali che intreccino memoria storica e presente, radicandosi nel tessuto sociale del Barigadu e del Guilcier. La Sardegna ha bisogno di riscoprire e valorizzare le sue radici, soprattutto in quei territori troppo a lungo dimenticati. Restituire vita alla diga di Santa Chiara significa offrire al cuore dell’Isola un’occasione concreta di rilancio, visibilità e sviluppo. Perché nei decenni passati, le varie amministrazioni comunali hanno cercato di fare tanto in chiave turistica nel lago Omodeo. Ed in quest’ottica la diga rappresenta l’elemento più potente e più attrattivo».
© Riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link