Secondo l’Anac nell’ambito degli appalti pubblici, imporre ai partecipanti con una clausola di concorrere obbligatoriamente a tutti i lotti è contrario ai principi di legalità e apertura del mercato.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha dichiarato illegittima una clausola contenuta in un bando di gara per l’appalto di lavori finanziati con risorse del PNRR, che obbligava i concorrenti a partecipare simultaneamente a tutti e tre i lotti previsti. La delibera, approvata dal Consiglio dell’Autorità il 23 luglio 2025 (n. 287), ha imposto alla stazione appaltante di annullare integralmente gli atti della procedura, compresi bando, disciplinare e tutti i documenti prodotti nel frattempo, entro 15 giorni.
Al centro della vicenda, una gara europea bandita per la realizzazione di interventi su strutture pubbliche in una regione del Sud Italia. L’appalto, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro, riguardava tre distinti ambiti: l’adeguamento delle infrastrutture dei Centri per l’Impiego (875.580 euro), il miglioramento energetico degli stessi edifici (188.875 euro) e la ristrutturazione antisismica di un ex istituto scolastico (1.022.519 euro).
Il disciplinare prevedeva che tutti i partecipanti fossero tenuti a concorrere per la totalità dei lotti, in quanto considerati parte di un unico intervento funzionale. Una scelta che, secondo Anac, viola apertamente i principi di concorrenza e parità di accesso sanciti dalla normativa italiana ed europea in materia di appalti.
Clausola “tutti i lotti”: una previsione in contrasto con il Codice degli Appalti
Nel motivare la sua posizione, l’Autorità richiama l’articolo 58 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.lgs. 36/2023), che impone alle stazioni appaltanti di suddividere gli appalti in lotti, funzionali o prestazionali, per facilitare l’accesso delle micro, piccole e medie imprese. La norma obbliga inoltre a fornire giustificazioni dettagliate in caso di mancata suddivisione o di accorpamenti ritenuti eccessivi, proprio per scongiurare barriere ingiustificate all’ingresso di operatori economici minori.
Nel caso in esame, secondo Anac, il vincolo imposto ai concorrenti costituisce un accorpamento artificioso che scoraggia la partecipazione e limita l’accesso alle imprese di dimensioni ridotte. “L’obbligo di concorrere a tutti i lotti – si legge nella delibera – si traduce in una fusione di fatto, eludendo il principio della massima partecipazione alle gare”.
Le giustificazioni della stazione appaltante
Dal canto suo, la stazione appaltante ha motivato l’impostazione della gara con due argomentazioni principali. Da un lato, ha sottolineato la necessità di affidare congiuntamente i lavori per motivi di coerenza operativa, trattandosi di interventi nello stesso edificio. Dall’altro, ha richiamato la complessità nella gestione dei finanziamenti, provenienti da soggetti diversi: i primi due lotti, infatti, risultavano finanziati da fondi concessi al Comune, mentre il terzo da risorse assegnate all’Agenzia regionale per le politiche attive.
Tuttavia, per l’Autorità queste motivazioni non giustificano la deroga ai criteri pro-concorrenziali stabiliti dalla legge. Inoltre, Anac ha rilevato un ulteriore vizio formale: un’incoerenza tra il cronoprogramma dei lavori e il termine previsto nel disciplinare, elemento che contribuisce a compromettere la trasparenza e la coerenza dell’intera procedura.
Obiettivo: più concorrenza e maggiori opportunità per le PMI
Alla base dell’intervento dell’Autorità c’è la volontà di difendere un principio chiave della disciplina degli appalti pubblici: garantire pari opportunità di accesso al mercato a tutte le imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni. La frammentazione in lotti rappresenta uno strumento fondamentale per evitare che solo le grandi aziende, dotate di strutture e risorse più ampie, possano partecipare alle gare.
Anac ribadisce che il corretto dimensionamento degli appalti non è solo una questione di tecnica contrattuale, ma un elemento essenziale per assicurare una competizione leale e trasparente. Obbligare i candidati a coprire l’intero intervento – si sottolinea – compromette l’effettiva pluralità di offerte e rischia di restringere l’accesso alle commesse pubbliche a una platea ristretta di soggetti.
Quali scenari ora?
Pertanto on la delibera n. 287, l’Autorità ha dato alla stazione appaltante 15 giorni di tempo per ritirare gli atti di gara, avvertendo che, in caso di inadempienza, sarà essa stessa a promuovere l’impugnazione formale della documentazione. La decisione potrebbe avere un impatto significativo anche su altre procedure simili, spingendo gli enti pubblici ad adottare criteri più inclusivi e rispettosi del principio di libera concorrenza.
Il caso evidenzia ancora una volta l’importanza di costruire bandi di gara che rispettino le regole e favoriscano la partecipazione più ampia possibile, specialmente in una fase in cui gli investimenti del PNRR impongono rapidità di esecuzione ma anche trasparenza e correttezza.
Il testo della delibera Anac
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