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Guerrieri: “Trump non farà rinascere l’industria Usa. Il mondo non imiti la sua politica economica”


La politica dei dazi di Trump «non solo avrà costi elevati, soprattutto per i cittadini americani, ma rischia di compromettere la produttività globale». L’economista livornese Veronica Guerrieri, docente alla University of Chicago e specializzata in macroeconomia e mercati, parla a poche ore dall’ultimo dato sul debito statunitense, che ha raggiunto i 37 mila miliardi di dollari. Un record che conferma le statistiche diffuse negli scorsi mesi dagli enti governativi. «Se Trump continua con questa politica, l’economia rallenterà peggiorando anche le prospettive per il debito pubblico – spiega Guerrieri –. Il protezionismo impone costi aggiuntivi e rende le scelte economiche inefficienti, gli altri Paesi non imitino la politica di Trump».

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Qual è la sua lettura della strategia commerciale di Donald Trump?

«L’imposizione di dazi elevati è sempre stata un pilastro della politica economica trumpiana. Dopo otto mesi di amministrazione, è chiaro che il presidente americano considera le tariffe uno strumento desiderabile per raggiungere la reindustrializzazione. Tuttavia, come molti economisti, ritengo che non sarà così. Questa politica avrà costi elevati soprattutto per i cittadini americani. In un mondo globalizzato, il protezionismo non aiuta necessariamente l’industria locale».

Quali saranno le conseguenze di lungo termine?

«I dati recenti mostrano effetti negativi sull’economia americana in termini di inflazione e mercato del lavoro. I dazi aumentano i prezzi dei beni importati e dei beni intermedi usati nella produzione nazionale, generando inflazione. Inoltre, alterano le scelte economiche delle imprese, generano effetti recessivi, riducono produzione totale e numero di lavoratori».

La preoccupazione è anche sulle rotte commerciali.

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«I dazi cambieranno sicuramente le catene di approvvigionamento, ma non è chiaro in quale direzione. Per ora i Paesi più poveri sono stati colpiti duramente perché l’obiettivo è ridurre complessivamente le importazioni. Paradossalmente, il settore manifatturiero che importava molti beni intermedi sta soffrendo più di tutti».

Una politica protezionistica può durare a lungo?

«Se il protezionismo si protrarrà per anni, purtroppo ci saranno effetti negativi sulla produttività mondiale. Il libero commercio ha aumentato la produttività consentendo specializzazione e scambi ottimali. La globalizzazione spinge l’innovazione tecnologica attraverso economie di scala, creando benefici economici».

Quale strategia dovrebbe adottare l’Europa?

«Questo potrebbe essere un momento importante per per mostrare la forza e l’indipendenza europee. Pur dovendo negoziare sui dazi con gli Usa, l’Europa non dovrebbe chiudersi commercialmente agli altri Paesi, anzi potrebbe aprirsi ancora di più per migliorare l’integrazione mondiale».

Come vede il commercio mondiale da qui ai prossimi anni?

«Purtroppo è probabile che gli Usa mantengano tariffe alte nei prossimi quattro anni, spingendo verso un mondo meno aperto. Dato che i consumatori americani rappresentano un quarto dell’economia mondiale, una chiusura unilaterale degli Stati Uniti danneggia tutti. Il mio auspicio è che gli altri Paesi non imitino questa politica e rafforzino invece il commercio tra loro».

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