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Perché studiare Mediazione Linguistica nell’era dell’AI?


Oggi basta un clic per tradurre un documento e i sistemi di traduzione automatica potrebbero far pensare che la figura dell’interprete o del traduttore stia diventando superflua. Ma allora perché scegliere di studiare e lavorare nel campo della mediazione linguistica, proprio nell’era dell’Intelligenza Artificiale?

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La verità è che l’AI sta rivoluzionando non solo le professioni, ma anche i percorsi di formazione richiesti e il modo in cui l’istruzione universitaria può preparare figure professionali capaci sia di lavorare con questa rivoluzionaria tecnologia, sia di darle un senso umano, etico e culturale. Il punto di partenza fondamentale da tenere a mente è che l’AI può sicuramente aiutare a tradurre parole, ma non può sostituire l’empatia, la competenza culturale e la responsabilità etica del mediatore linguistico umano.

Questo non significa però che vada vista come una minaccia a priori, soprattutto considerando l’impatto lavorativo che ne deriva: il World Economic Forum, nel suo The Future of Jobs Report 2020, ha stimato che l’AI sostituirà 85 milioni di posti di lavoro, ma ne creerà ben 97 milioni di nuovi [1]. Sono quindi necessari profili in grado di muoversi trasversalmente tra diversi ambiti, combinando solide competenze settoriali a capacità socio-linguistiche di alto livello e alla padronanza delle nuove tecnologie come leve strategiche da utilizzare a proprio vantaggio: questa è la ricetta dei professionisti del futuro per diventare dei veri e propri ponti di connessione nel rispetto delle diverse peculiarità culturali. Del resto, chiunque abbia in passato esercitato il ruolo di mediatore linguistico ha sempre avuto un ruolo cruciale per gli scambi economici, diplomatici, lavorativi e politici, e quindi nel sostegno della società civile umana nel suo insieme: le figure di traduttori e interpreti hanno accompagnato l’evoluzione delle civiltà, ed è necessario che chi sceglie di perseguire questa carriera sia consapevole che le nuove tecnologie non potranno sostituire completamente le persone che operano nel settore.

I problemi dell’abuso della traduzione automatica

In parte, l’intelligenza artificiale ha già contribuito a colmare le difficoltà di comunicazione tra interlocutori diversi. La globalizzazione è infatti obliqua, costante e fluida, e il digitale ha giocato un ruolo importante nell’intersezione e contaminazione tra culture. I sistemi di traduzione automatica (TA) sono sempre più veloci e precisi, ma questa immediatezza spesso ha portato a risultati che nel complesso si sono dimostrati di bassa qualità e hanno rappresentato un vero e proprio impoverimento culturale, che sta portando a equiparare l’essere umano alle macchine.

I sistemi di LLM (Large Language Model – i sistemi di AI che permettono il riconoscimento, la traduzione e la generazione di ulteriore contenuto) sono istruiti su milioni e milioni di testi, documenti e risultati da Internet, ma non sanno cosa sia un confine o un giudizio, e infatti hanno spesso generato problemi su più fronti: dalla violazione del copyright di autori usati a loro insaputa per l’addestramento, alla presenza di bias cognitivi e discriminazioni di genere, fino all’ingente impatto ambientale che l’addestramento e l’uso comportano. [2]

Tutti questi limiti ci devono ricordare che le macchine non hanno una coscienza, anche se ci illudono di averla: l’output che forniscono all’utente è una semplice combinazione e rielaborazione di testi già esistenti – testi generati da esseri umani. Il ruolo fondamentale giocato dal mediatore linguistico del futuro è proprio l’attenzione ai dettagli e alle sfumature di significato. La vera professionalità si può ritrovare solo nell’empatia degli intermediari umani, nella loro consapevolezza di terminologie specifiche, e nella comprensione sociale, politica, economica e culturale, oltre che linguistica.

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La formazione nel campo della Mediazione Linguistica

Visto l’impatto che le nuove tecnologie stanno avendo sul settore, Mediazione Linguistica potrebbe rappresentare una strada dubbiosa per molti ragazzi e ragazze. Ma ciò di cui più raramente si parla è che si tratta di un percorso di studi ancora attuale ed estremamente valido: permette di aprirsi a un variegato ventaglio di possibilità professionali, a patto che la formazione sia integrata con l’aggiornamento sulle ultime innovazioni in ambito di Intelligenza Artificiale, e che contemporaneamente lo studente si specializzi in un settore di mercato. L’obiettivo da tenere a mente è costruirsi un percorso trasversale e versatile, capace di integrare competenze e conoscenze eterogenee in modo efficace.

I dati sull’occupazione dimostrano che studiare lingue non è una scelta azzardata. Quasi 7 studenti su 10 trovano lavoro entro un anno dalla laurea triennale [3], e i numeri sono ancora più incoraggianti per chi è in possesso di un diploma di secondo livello in Comunicazione Strategica: a un anno dal diploma biennale risultano occupati più del 74,5% degli studenti, con un tasso di occupazione dell’89,2% a 5 anni dalla laurea [4].

Gli sbocchi professionali dei mediatori linguistici

Gli sbocchi professionali al termine di un percorso di studi in Mediazione Linguistica sono molteplici: interpreti, traduttori, corrispondenti in lingue sono le professioni più strettamente rivolte al mondo della traduzione e dell’interpretariato. Ma non sono le uniche. Infatti la conoscenza delle lingue è una skill che si può applicare in svariati settori – ecco alcuni esempi: a partire dalla gestione aziendale e comunicazione d’impresa, passando per marketing e social media, fino alla possibilità di diventare business intelligence analyst o development sales manager. Ma anche cooperazione internazionale, e-commerce, fino al settore dell’audiovisivo (tra sottotitolazione e doppiaggio) sono opzioni possibili.

Chi sa accogliere le innovazioni tecnologiche, integrandole con le lingue, oggi ha un vantaggio competitivo. Il mondo del lavoro cerca infatti figure ibride, capaci di parlare non solo più lingue, ma anche più linguaggi – da quelli culturali a quelli digitali.



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