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A Cirò Marina il primo centro Dopo di noi in Calabria, ecco i progetti portati avanti


Il presidente dell’associazione La speranza aps: «Ci siamo anche in assenza dei genitori o quando questi non sono in grado di fornire un adeguato supporto». Tra i prossimi obiettivi un tirocinio formativo per ragazzi speciali

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Nel Crotonese, a Cirò Marina, esiste un centro diurno diventato modello di assistenza e sostegno ad ogni forma di disabilità e disagio sociale. Nata nel 2002, proprio dalla volontà delle famiglie che si sono ritrovate a vivere il disagio della disabilità, l’associazione “La Speranza APS” oggi rappresenta un modello di sviluppo e di crescita per un settore in continua evoluzione. Ha saputo distinguersi per l’eccellenza con la quale sostiene e forma ragazzi e adulti presenti nella struttura, sotto la guida di alte professionalità che nel tempo sono diventati specialisti del settore.

Accoglienza, laboratori e integrazione

«Da circa vent’anni dunque– come sottolinea il presidente Antonio Castiglione – il centro ha saputo specializzarsi in accoglienza diurna e prestazioni di tipo educativo, al fine di promuovere l’autonomia personale, la socializzazione, le abilità motorie, manuali e cognitive delle persone, giovani e adulte, che ospita. Per realizzare tutto questo, il centro è dotato di aule per laboratori, uno spazio comune di socializzazione, una sala mensa, una cucina e un vero parco sul mare nella zona di Punta Alice. Il Centro predispone progetti educativi e personalizzati delle persone disabili, offre soprattutto sostegno alle loro famiglie promuovendo l’integrazione degli ospiti nel contesto locale e sociale».

La struttura, autorizzata per 18 utenti, è attrezzata di tutta la strumentazione tecnologica necessaria. Questo ha portato numerosi sacrifici per tutte le famiglie che hanno contribuito per incrementare ogni servizio, specie per l’enorme macchina burocratica che negli ultimi decenni ha dato filo da torcere in un settore che necessita continuamente di fondi e supporti straordinari.

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Il primo centro Dopo di noi

Nonostante mille difficoltà però il centro ha saputo distinguersi, investendo in innovazione, fino ad arrivare a creare a fine 2024 il primo vero centro “Dopo di Noi” (legge 112 del 2016) della nostra Regione. La struttura è pensata per un massimo di 7 utenti, dotata di ogni confort in 350 mq. «L’obiettivo principale che ha la struttura – chiarisce il presidente – è promuovere l’autonomia, l’inclusione sociale e il benessere di queste persone, anche in assenza dei genitori o quando questi non sono in grado di fornire un adeguato supporto. Questo risultato è stato possibile grazie ai bandi che l’ambito e la Regione Calabria hanno messo in campo negli anni». È su questo servizio che l’associazione concentra il proprio futuro e invita le associazioni calabresi a prenderlo come riferimento per eventuali necessità da ogni parte della Regione.

Tra i prossimi obiettivi dell’associazione prende forma un percorso di tirocinio inclusivo formativo per 6 ragazzi con disabilità che lavoreranno in aziende convenzionate. Avranno l’opportunità di lavorare ed essere autonomi, con la prospettiva e la speranza che poi vengano addirittura assunti.

Le principali difficoltà per i centri diurni in Calabria però a volte riemergono, come ad esempio alcuni ritardi nei pagamenti e nella lentezza burocratica degli enti coinvolti. Questo spesso rischia di gravare pesantemente sulle quote a carico della Regione e delle famiglie per sostenere l’erogazione dei servizi fino a rendere difficile garantire la sostenibilità economica delle strutture e l’accesso ai servizi per chi ne ha bisogno.

«Nonostante l’impegno profuso negli ultimi anni da parte dell’ambito e della regione Calabria – dichiara Castiglione – va necessariamente rivista la legge regionale, ormai superata, per una ripartizione più equa che diventi in grado di garantire un fabbisogno reale delle strutture esistenti. Auspico anche più controlli – aggiunge – in quanto non è giusto che alcuni territori o strutture paghino per colpe di chi ne approfitta o non svolge al meglio il proprio lavoro con trasparenza e professionalità, a discapito del settore».

«Occorre una rivisitazione dell’intera legge, troppo vecchia per competere con le esigenze dei nostri tempi. C’è bisogno anche di una continua autonomia gestionale diretta delle strutture, in parte già esistente, perché oggi sono in essere troppi passaggi burocratici e statutari che impediscono a volte quella velocità di azione che questo settore impone. Infine auspico anche maggiori momenti di confronto con tutto il terzo settore, che purtroppo in alcuni casi si muove separatamente».



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