Secondo Eurostat l’Italia è ventisettesima su 27 per diffusione di auto elettriche a batteria nel parco circolante in Europa. Si tratta di uno dei dati peggiori, penultima sopra solo la Bulgaria. In Ue le immatricolazioni di auto elettriche nel 2024 sono state 1,45 milioni di unità, in discesa del 6,1% rispetto al 2023, ma in generale sono comunque aumentate di 5,87 milioni di veicoli.
Mentre il quadro europeo cresce, seppure con rallentamenti, quello italiano resta fanalino di coda. Dietro il ritardo tanti fattori, di natura economica e strutturale. Nelle prossime settimane arriveranno nuovi incentivi e potrebbe essere l’occasione per capire cosa muove il mercato. Servono più sostegni ai portafogli delle famiglie o servono più strutture lungo le strade e le autostrade, in città e nelle periferie? Serve sbloccare la risposta per raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione promesso in sede europea.
Italia fanalino di coda: cosa dicono i numeri
Il posizionamento dell’Italia al 27° posto fotografa un parco BEV (Veicolo Elettrico a Batteria) inferiore all’1%. Mentre la quota di auto elettriche nuove nell’Ue è scesa dal 14,6% al 13,6% nel 2024, ma resta molto più alta dei livelli pre-2019. L’Italia continua ad arrancare, con una dinamica delle immatricolazioni che nel 2025 mostra segnali positivi ma ben sotto la media europea.
In vetta alla classifica spiccano quei Paesi dove più di un’auto nuova su tre (o addirittura una su due) è a batteria:
- Danimarca;
- Malta;
- Svezia.
In coda invece troviamo:
- Croazia;
- Slovacchia;
- Polonia.
Infine ultime si classificano proprio l’Italia e la Bulgaria.
Perché siamo indietro?
La rete di ricarica è cresciuta molto, ma non in modo uniforme. Le grandi città e il Nord dispongono di più punti, con una buona presenza di ricariche veloci e ultraveloci. Nel Mezzogiorno e nelle aree interne la copertura resta discontinua e spesso rallentata dai tempi di allaccio. Anche lungo alcune tratte della grande viabilità la potenza disponibile è ancora bassa. Il risultato è un’esperienza “a macchia di leopardo” che alimenta un sentimento di “ansia da autonomia” e complica l’uso quotidiano per chi non può contare su una ricarica domestica.
Sul fronte dei prezzi, il nodo è l’accessibilità. Mancano modelli davvero economici nei segmenti d’ingresso e il mercato dell’usato elettrico è ancora sottile. Inoltre per tante famiglie, l’investimento iniziale rimane molto alto, anche a fronte del risparmio nel lungo periodo.
A fare la differenza tra chi acquista un’auto elettrica e chi no è la disponibilità di ricarica. Chi ha un box o una presa dedicata, magari alimentata a elettrico, pensa più facilmente all’investimento in una BEV. Chi dipende dalla ricarica pubblica è invece esposto a problemi di reperibilità, disponibilità, parcheggio e prezzi meno prevedibili.
Incentivi da settembre: come funzionano e per chi
Il Governo ha annunciato nuovi incentivi da settembre 2025 per spingere i veicoli a zero emissioni, con un plafond intorno ai 600 milioni di euro e l’obiettivo di almeno 39.000 nuove BEV entro il 30 giugno 2026. Per i privati sono previsti contributi fino a 11.000 euro con rottamazione e soglie Isee, ma da soli non bastano.
Gli incentivi, annunciati a finestre e con comunicazioni tardive, però, non hanno creato senso di fiducia. Ed è così che sempre meno italiani si dicono pronti all’acquisto di un’auto elettrica.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link