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cosa rivelano i brevetti su transizione verde e digitale. Focus Italia « LMF Lamiafinanza


Brevetti su transizione verde e digitale 

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L’Europa sta giocando la partita più importante della sua competitività sulla doppia transizione, verde e digitale. Per capire dove questa partita si stia davvero giocando e con quali forze, è utile riprendere i dati che Banca d’Italia ha pubblicato il giugno scorso: “The geography of innovation: patent insights into Europe’s green and digital transitions”.

Lo studio (Occasional Papers n. 945, giugno 2025) utilizza dati brevettuali internazionali per tracciare la mappa dei poli tecnologici in Europa e misura la posizione dell’Italia. Il lavoro, firmato da Francesca Lotti e Claudia Nobile, appartiene alla serie Questioni di Economia e Finanza e offre una lettura comparata dei trend europei nel lungo periodo.

Il quadro globale: la corsa ai brevetti e il sorpasso cinese

La fotografia di lungo periodo, basata sulle domande presentate nel circuito PCT e sulle serie PATSTAT dell’EPO (European Patent Office – Ufficio europeo dei brevetti), mostra una dinamica chiara: dopo il 2008 la Cina accelera in modo esponenziale fino a superare Unione europea, Stati Uniti e Giappone nelle invenzioni ad alta propensione internazionale, con un sorpasso consolidato entro la fine degli anni 2010. Questo spostamento della frontiera dell’innovazione riguarda anche le tecnologie strategiche (intelligenza artificiale e green) e innalza l’asticella per l’Europa.

L’Europa dei poli tecnologici: quantità e qualità non coincidono

All’interno dell’Ue persistono divari marcati tra Paesi e regioni. La Germania guida per volume e qualità dei brevetti, la Francia si distingue per l’AI; i grandi ecosistemi metropolitani (Berlino, Amsterdam, Stoccolma, Parigi, Barcellona, Madrid, Helsinki, Copenaghen) concentrano lo stock cumulato. Ma la mappa della qualità (citazioni medie e dimensione delle famiglie brevettuali) sposta il baricentro più a Nord: Svezia, Finlandia, Danimarca e Paesi Bassi eccellono per impatto tecnologico, anche se un alto numero di domande non implica automaticamente innovazione ad alto valore.

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Focus Italia: quinta per volumi, forte nel verde ma con squilibri territoriali

L’Italia è quinta nell’Unione per attività brevettuale complessiva. Mostra una specializzazione mirata nelle tecnologie green, coerente con la struttura manifatturiera, ma sconta un doppio limite: bassa partecipazione del settore pubblico e forti squilibri geografici. Il cuore dell’innovazione resta nel Nord industriale, con ecosistemi solidi attorno a Milano, Torino, Bologna; al Centro emerge Roma. L’AI è concentrata soprattutto nel Centro-Nord ed è trainata dalle imprese; le tecnologie verdi sono più diffuse sul territorio, aprendo spiragli di crescita più inclusiva se accompagnate da politiche adeguate.

Chi innova: imprese al comando, università e PA contano poco (in Italia)

Il profilo degli attori conta. In tutta Europa la quota maggiore di domande è presentata da imprese, ma Francia e Spagna si distinguono per una componente universitaria e pubblica più robusta. In Italia, invece, l’impronta è nettamente business-driven: un vantaggio in termini di vicinanza al mercato, che però rischia di lasciare indietro la ricerca di base quando mancano trasferimento tecnologico e investimenti stabili nella R&S pubblica.

Un ecosistema che invecchia: meno “nuovi entranti”, più complessità

Lo studio segnala un trend strutturale: diminuisce la quota di nuove imprese brevettanti e cresce l’età media degli innovatori alla prima domanda. Aumenta anche il peso degli incumbent. È un campanello d’allarme: barriere all’ingresso, costi e complessità delle tecnologie di frontiera scoraggiano la sperimentazione diffusa e la nascita di nuovi player. Per l’Italia, che punta a scalare la catena del valore nel green e ad adottare l’AI nei distretti, questo implica strumenti dedicati per “allargare la base” degli innovatori.

AI e verde: due traiettorie complementari

L’Italia potrebbe agganciare l’AI nelle sue filiere (meccatronica, automotive, macchine utensili) e consolidare la leadership nel green (efficienza energetica, tecnologie di processo, rinnovabili), dove la specializzazione è già visibile. La letteratura europea sottolinea la complementarità tra digitale e verde: integrare AI, dati e automazione accelera decarbonizzazione e resilienza produttiva. Tradotto in policy, significa coordinare investimenti in competenze, dati industriali e infrastrutture “verdi”.

Cosa fare: leve di politica industriale e territoriale

Il messaggio di policy è netto: per non arretrare, l’Europa deve rafforzare la leadership in domini ad alto valore e ridurre i divari interni. Lo studio suggerisce tre linee per l’Italia: Sostenere giovani innovatori e nuove imprese con strumenti pazienti (equity pubblico-privata, incentivi mirati, procurement innovativo); investire in tecnologie complementari (cloud, dati industriali, cybersecurity, semiconduttori “di prossimità”), decisive per scalare AI e green; integrare pubblico e privato nelle aree dove l’università oggi pesa poco, con hub terzi che facilitino trasferimento tecnologico e IP strategy.

Queste priorità dialogano con la cornice europea delineata dal Rapporto Draghi sulla competitività: investimenti addizionali, mercato unico più profondo, politiche coordinate. Comunque, i brevetti non esauriscono l’innovazione: restano fuori innovazioni protette da segreto industriale.

Nel pieno della transizione la geografia dell’innovazione aiuta a decidere dove e come concentrare risorse scarse. Per l’Italia significa accelerare nei distretti che già performano (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio), ma anche allargare la platea territoriale e degli attori, soprattutto nel Mezzogiorno, nelle università e nella PA, affinché la promessa del green si traduca in nuova occupazione qualificata e filiere resilienti. È una strategia coerente con gli obiettivi europei di autonomia strategica aperta e con gli indicatori su sviluppo tecnologico ambientale.

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